L’operazione scoiattolo di Musumeci, fin qui, gli ha provocato amare delusioni: la Meloni ha mandato a trattare al suo posto Ignazio La Russa, che avrebbe garantito al governatore l’impegno di Fratelli d’Italia a sostenere la ricandidatura del presidente uscente (ma non a fare le liste insieme); Matteo Salvini ha marcato visita e basta. Dal vertice di ieri col segretario regionale del Carroccio, Nino Minardo, sono emerse possibilità pari a zero che il ‘capitano’ trovi il tempo, in questi giorni quirinalizi, per un caffè con Musumeci. E’ affaccendato nella ricerca di un presidente della Repubblica e il forcing di Nello sulla ‘rivale’ Giorgia per ottenere una sponda, di certo non aiuta.
La freddezza nella Lega nei confronti di Musumeci trasuda da una breve nota rilasciata ieri dall’ufficio stampa di Palazzo d’Orleans, in cui si dà conto, quasi giornalmente, delle “consultazioni” in atto: “Il segretario della Lega – si legge testualmente – ha riconfermato la volontà di proseguire nell’impegno di governo fino a fine legislatura, mentre si è riservato di confrontarsi con il partito in Sicilia e con il leader Matteo Salvini prima di esprimersi sulla ricandidatura di Musumeci alla presidenza della Regione”. Da parte del Carroccio prevale l’atteggiamento di chiusura. Minardo ragiona da qui ai prossimi dieci mesi, non s’è mai spinto oltre. L’annuncio di voler azzerare la giunta, che nel volgere di poche ore si è tramutato nel tentativo di compiere una verifica sugli assessori, ha trovato la ferma opposizione del deputato modicano, che fino a ieri ha detto a Musumeci di non essere interessato ad alcun rimpasto. Semmai dovesse aprirsi questa fase, la Lega chiederebbe due assessori (anziché uno) e deleghe più pesanti. Mentre, nel caso in cui Musumeci decidesse di procedere con una ‘giunta elettorale’ – l’ultima tentazione – coinvolgendo i partiti che gli garantirebbero il bis, la Lega resterebbe fuori dal governo.
Le mosse (mal riuscite) del governatore gli hanno fatto terra bruciata intorno. Le vacanze romane si stanno trasformando in un incubo. La via maestra non è un rimpasto di governo, ma le dimissioni. Ipotesi a cui Musumeci, però, non sembra rassegnarsi.