L’operazione scoiattolo di Musumeci, fin qui, gli ha provocato amare delusioni: la Meloni ha mandato a trattare al suo posto Ignazio La Russa, che avrebbe garantito al governatore l’impegno di Fratelli d’Italia a sostenere la ricandidatura del presidente uscente (ma non a fare le liste insieme); Matteo Salvini ha marcato visita e basta. Dal vertice di ieri col segretario regionale del Carroccio, Nino Minardo, sono emerse possibilità pari a zero che il ‘capitano’ trovi il tempo, in questi giorni quirinalizi, per un caffè con Musumeci. E’ affaccendato nella ricerca di un presidente della Repubblica e il forcing di Nello sulla ‘rivale’ Giorgia per ottenere una sponda, di certo non aiuta.
La freddezza nella Lega nei confronti di Musumeci trasuda da una breve nota rilasciata ieri dall’ufficio stampa di Palazzo d’Orleans, in cui si dà conto, quasi giornalmente, delle “consultazioni” in atto: “Il segretario della Lega – si legge testualmente – ha riconfermato la volontà di proseguire nell’impegno di governo fino a fine legislatura, mentre si è riservato di confrontarsi con il partito in Sicilia e con il leader Matteo Salvini prima di esprimersi sulla ricandidatura di Musumeci alla presidenza della Regione”. Da parte del Carroccio prevale l’atteggiamento di chiusura. Minardo ragiona da qui ai prossimi dieci mesi, non s’è mai spinto oltre. L’annuncio di voler azzerare la giunta, che nel volgere di poche ore si è tramutato nel tentativo di compiere una verifica sugli assessori, ha trovato la ferma opposizione del deputato modicano, che fino a ieri ha detto a Musumeci di non essere interessato ad alcun rimpasto. Semmai dovesse aprirsi questa fase, la Lega chiederebbe due assessori (anziché uno) e deleghe più pesanti. Mentre, nel caso in cui Musumeci decidesse di procedere con una ‘giunta elettorale’ – l’ultima tentazione – coinvolgendo i partiti che gli garantirebbero il bis, la Lega resterebbe fuori dal governo.
Le riunioni con La Russa e coi luogotenenti della Meloni (il capogruppo alla Camera, Francesco Lollobrigida e il responsabile dell’organizzazione del partito, Giovanni Donzelli) non sono andate giù nemmeno a Roberto Di Mauro, braccio destro di Raffaele Lombardo. Che da Palermo fa notare come Musumeci non abbia mai avuto queste verve nel rapportarsi coi partiti siciliani. E anche Gianfranco Miccichè sarebbe particolarmente irritato (per usare un eufemismo) di fronte ai tentativi del presidente della Regione di scavalcarlo per accreditarsi ad Arcore. Da qui la necessità di un pranzo con Gasparri, che perora la causa della riconferma di Nello. Mentre in serata Miccichè s’è fatto fotografare con Prestigiacomo, Schifani, Papatheu e Siracusano durante una cena. Il succo del discorso, come riportato da Repubblica, è che “mi fa piacere che Musumeci e Fratelli d’Italia inizino a ragionare sulle candidature alla Regione, ma per parlarne serenamente serve che Musumeci si ritiri. Se questo dibattito segue a una rinuncia possiamo iniziare a riflettere”.
Le mosse (mal riuscite) del governatore gli hanno fatto terra bruciata intorno. Le vacanze romane si stanno trasformando in un incubo. La via maestra non è un rimpasto di governo, ma le dimissioni. Ipotesi a cui Musumeci, però, non sembra rassegnarsi.