Elliott Erwitt, fotografo francese, sosteneva che fosse fondamentale scattare una foto in modo che poi non ci fosse bisogno di spiegarla con le parole. Quando una foto riesce, quando è fatta bene, diventa, infatti, quasi magica e irrazionale e prescinde dalla volontà o dal desiderio cosciente del fotografo; riuscendo a combinare realtà e meraviglia, o addirittura a far emergere la bellezza dalla verità.
Certamente, un buono scatto non può tralasciare l’attenta osservazione, la fortuna, la capacità di riuscire a cogliere l’attimo, l’essere nel posto giusto al momento giusto; ma l’occhio del fotografo rimane sempre fondamentale e decisivo.
La fotografia è sicuramente una forma d’arte, come la pittura, il teatro, il cinema, la danza, la poesia, la scultura. O la musica. E tra tutte le forme d’arte è certamente quella la più accessibile e la più gratificante. Può comunicare emozioni, stati d’animo, può divertirci o farci riflettere.
Proprio come succede per la musica, una fotografia può addirittura narrare una storia, fermare un istante e consegnarlo all’eternità, impedendo al tempo di scorrere; può cogliere i dettagli di un istante con precisione e rapidità.
Fotografia e musica. Sono questi gli ingredienti di una grande e profonda passione. Un trait- d’union tra queste due forme d’arte è Arturo Di Vita, fotografo ufficiale del Brass Group, insegnante appassionato di fotografia, che con il suo occhio attento ama ritrarre la musica e dargli un corpo, convinto che la potenza evocativa della musica sia simile a quella della fotografia, perché in grado entrambe di creare scenari fantastici nell’anima e nella mente.
Henri Cartier-Bresson ripeteva che quello che un buon fotografo deve cercare di fare è mettere sulla stessa linea di mira il cuore, la mente e l’occhio; e lo stesso Di Vita, per riassumere il concetto di fotografia, ha spesso usato le parole del celebre fotografo.
In tanti anni di collaborazione con la Fondazione ha immortalato i principali protagonisti della musica jazz, nazionale e internazionale: da Peter Cincotti a Diane Shuur, da Fabrizio Bosso a Patti Austin, da Gregory Privat a Katie Tiroux; o ancora Giuseppe Milici, Bepi Garsia, Carmen Avellone e Simona Molinari, per citarne solo alcuni.
Attraverso eleganti e raffinati scatti in bianco e nero e a colori li ha raccontati, ed è riuscito, mettendoli quasi a nudo, a catturare un’emozione ad ogni scatto.
Nomi celebri del firmamento musicale che di fronte al suo occhio fotografico hanno mostrato sfumature eccezionali e irripetibili, ma che hanno svelato all’un tempo la loro natura umana fatta di pregi e difetti. Nelle sue innumerevoli foto l’artista risulta perfettamente messo a fuoco; le inquadrature sono pulite e nette e grazie al suo stile nitido e ogni scatto riesce con precisione a rivelare la reale personalità, a tirare fuori l’anima di ogni musicista.
L’utilizzo abile e consapevole della macchina fotografica permette a Di Vita di cogliere ogni gesto, ogni movimento nello spazio, di cattuarare il movimento, di immortalare il contatto delle mani con lo strumento, di cogliere la tensione e la fatica di suonare o di cantare, di fissare il capriccio o il piacere di interpretare un pezzo, di inseguire una nota, di mantenere un ritmo o una tonalità: ogni dettaglio viene catturato dal suo obiettivo e si fonde per creare uno scatto unico e irripetibile.
Irving Penn era solito ripetere che un buon fotografo è una persona che comunica un fatto, tocca il cuore, fa diventare l’osservatore una persona diversa. Ebbene, Arturo Di Vita è in grado con le sue immagini di comunicarci la sua passione e le sue emozioni, di toccare il nostro cuore e di farlo vibrare al suono di una musica intensa e ricca di sfumature. Sanguigna. Carnale. Fatta di corpo e anima.