Avete visto che succede quando a Schifani una cosa non va giù? Prendete la nuova Struttura commissariale per la depurazione nominata da Palazzo Chigi: né Fatuzzo né Cordaro soddisfano i desiderata del presidente della Regione, forse perché espressione di FdI, e lui ne ha approfittato per far tremare i muri: “Servono le competenze”. Che da un massimo esperto di impianti fognari e acque reflue, potrebbe suonare come una giusta osservazione. Ma da un presidente che ha trascorso i primi dieci mesi della legislatura a registrare gli assetti del sottogoverno, invece no: appare una pretesa inspiegabile. Certamente motivata da quella grande brama che non l’ha mai abbandonato da quando è sbarcato a palazzo d’Orleans: incamerare ogni forma di potere. Non sempre le ‘nomine’ sono state guidate da una ratio ben precisa, tanto meno dalle competenze richieste (adesso) ai ministri Fitto e Pichetto. E’ stata un’abbuffata e basta.
Giovanna Volo. Il nome dell’assessore alla Salute, partorito dopo un lungo braccio di ferro con Gianfranco Micciché, è stato un espediente per sottrarre l’assessorato più ricco dalle pretese dell’arcirivale e, più in generale dai partiti. Ma è stato, soprattutto, un esperimento fiacco, giacché la Volo – nonostante l’impegno – non è stata in grado neppure di presentarsi preparata in aula, per rispondere alle interrogazioni dei deputati. Per un attimo, in occasione della serrata dello scorso inverno da parte dei privati convenzionati, sembrava con un piede fuori dalla giunta. Poi, per evitare di mettere la propria faccia su un fallimento palese, Schifani ha deciso di affiancarle l’ex eurodeputato Iacolino, che oggi riveste l’incarico di Direttore generale alla Pianificazione strategica. Piccolo inciso su Volo, a proposito di competenze: Mario Barresi, su ‘La Sicilia’, ha pescato il verbale del suo esame per diventare direttore generale nel 2018. Risultato? “Non idoneo”. A proposito di sanità: lo scherzo di cattivo gusto dei manager “maggiormente idonei”, di cui Schifani s’è detto all’oscuro, potrebbe rappresentare una prima scrematura in vista di nuove nomine: indovinate chi farà la parte del leone?
Elena Pagana. Pochi voti in provincia di Enna (tali da non risultare eletta); pochissima militanza in FdI, dove arrivava al termine di una parentesi grillina e di un’altra da grillina pentita; nessuna esperienza o quasi in materia di governo. Queste poche referenze sono risultate bastevoli per diventare assessore al Territorio e Ambiente. Al posto di quel Cordaro – oggi ripudiato – che negli anni di Musumeci era risultato fra gli assessori più brillanti. Schifani non ha mai spiegato questa scelta. Eccerto, ci mancherebbe pure: è stata imposta dal quartier generale di Fratelli d’Italia, e ratificata dallo stesso governatore. La moglie di Razza è partita in sordina e continua in sordina: ha il solo “merito” di aver cacciato, su pressing di Schifani, il prof. Aurelio Angelini dalla Commissione tecnico-scientifica che si occupa del rilascio delle autorizzazioni ambientali; di averci messo Giuseppe Trombino (docente universitario); di aver cacciato Trombino e di aver puntato su Armao. Anche queste sono nomine. Illogiche, forse, ma pur sempre nomine.
Francesco Scarpinato. Assieme a Pagana è la seconda nomina indigesta a Schifani, ma ratificata per la volontà dei piani alti (citofonare Manlio Messina e Francesco Lollobrigida a Via della Scrofa). Galeotto fu quel giorno: con Scarpinato il governatore è finito subito ai ferri corti per l’affare Cannes, ma non ha avuto nemmeno la facoltà di relegarlo in tribuna. Unica contromossa possibile: sostituirlo all’intervallo con Elvira Amata e regalargli i Beni culturali.
Tommaso Dragotto. Il capo di Sicily by Car, dopo un lungo e intenso corteggiamento, si decide a diventare presidente dell’Irfis. Cioè la banca della Regione, da cui passano ingenti finanziamenti per aziende e categorie produttive. L’11 gennaio scorso il re dell’autonoleggio diventa presidente, ma il 27 febbraio ha già finito la benzina. Al suo posto arriva l’imprenditrice Jolanda Riolo. Dragotto si è dimesso perché i tanti, troppi impegni societari, compresa l’apertura di nuove sedi all’estero, lo limitavano nell’azione di (sotto)governo. In realtà la sua rinuncia è derivata da un intrigo (una grana giudiziaria non dichiarata al momento dell’accettazione dell’incarico) che avrebbe allertato persino la Procura. “Una dimenticanza”, s’è giustificato Dragotto. Da qui il clamoroso passo indietro. Vatti a fidare degli amici…
Gaetano Armao. Questa è la scelta meno logica. Suo fiero (o finto) avversario alle ultime Regionali, quando scelse di abbandonare Forza Italia e candidarsi con Calenda e Renzi, l’ex assessore all’Economia si è tenuto alla larga di palazzo d’Orleans solo per pochi mesi. Poi, prima che sprofondasse assieme al suo governo, Schifani ha fatto all-in su di lui: prima nominandolo, per 60 mila euro, esperto in materia di fondi e questioni extraregionali (avrebbe dovuto sbloccare gli 800 milioni di fondi Ue impugnati da Palazzo Chigi relativamente all’ultima Finanziaria); poi mettendolo a capo della famosa Cts che si occupa di autorizzazioni ambientali. L’uomo che ha impantanato i conti della Regione – chiedere ai magistrati – adesso dovrebbe sbloccare la burocrazia. E rimettere in moto gli investimenti dei privati. Non è uno scherzo. Il ragazzo si farà.
Simona Vicari. Anche l’ex sindaco di Cefalù ambiva alla Cts. D’altronde, non sarebbe servita chissà quale competenza in materia di “attività istruttorie, pareri tecnico-consultivi e tecnico-giuridici in tema di provvedimenti ambientali”. L’ex senatrice di Forza Italia però ha dovuto ritagliarsi uno spazio minore: sempre per i soliti 60 mila euro, è diventata esperta con delega a energia e trasporti.
Andrea Peria. Il presidente della Regione ha sempre covato una grande attrazione per i “traditori” (degli altri). Uno su tutti? L’imprenditore del cinema Andrea Peria. Dopo aver ottenuto la guida del Corecom in piena campagna elettorale – condotta al fianco di Schifani – il nostro eroe ci ha messo un attimo a saltare dal carro di Micciché a quello del vincitore. In quattro e quattr’otto, racconta un pezzo di Barresi su ‘La Sicilia’, Peria ha ceduto la titolarità della sua impresa – Terzo Millennio – alla moglie e, libero dall’apparente conflitto di interesse, ha finito per monopolizzare gli eventi più remunerativi della Regione e di Forza Italia: dalla convention del Politeama al mega party di Villa d’Orleans per gli ospiti del simposio internazionale sulla finanza sostenibile; fino al festival di Morgantina e al festino di Santa Rosalia. Contemporaneamente ha convogliato sulla sua persona, oltre al Corecom, un nuovo e prestigioso incarico: la sovrintendenza dell’Orchestra Sinfonica, vecchio feudo di Fratelli d’Italia. Avercene…
Marcello Caruso. Il re Travicello, cosiddetto per la sua abilità di non fare da ombra al governatore (ma per essere, al contrario, la sua ombra), ha guadagnato posizioni in serie: prima sembrava una semplice spalla/accompagnatore; poi s’è trasformato in capo di gabinetto; infine in commissario regionale di Forza Italia. Non è per il saldo legame con i berluscones (fino a qualche mese fa traccheggiava con Renzi); ma per la sua capacità di sottostare, di annuire, di sostenere. Guida un partito senza saperlo. E forse, senza nemmeno volerlo. E’ il preferito di Schifani, assieme a quel Pietro Alongi – postulatore della sua santità – che spera di trovare spazio in giunta a Palermo, alla prima occasione utile di rimpasto.
Roberto Sanfilippo. Dopo essere stato bocciato a gennaio nell’ambito dello spoils system, ha avuto il via libera a distanza di pochi mesi (si dice, con la benedizione del partito di Lombardo). Prima non andava bene, ma come per miracolo la lunga esperienza da direttore del centro d’eccellenza per la formazione del personale del servizio sanitario (maturata al fianco di Ruggero Razza), è tornata utile. L’ex dirigente generale del Comune di Catania, approdato alla scuderia di Musumeci nel corso dell’ultima legislatura, è stato il primo beneficiario della centralità assunta dal Cefpas durante il regno di Re Ruggero. L’ultima polemica sollevata dal Pd sulle assunzioni di Ferragosto, che rischiano di rappresentare il Cefpas come uno “stipendificio” (uno dei tanti), non lo tange. “Nessuna assunzione – ha replicato – è stata portata a termine a ridosso di ferragosto tantomeno alcun contratto di lavoro è stato firmato a ridosso di ferragosto”. Amen.
Vito Riggio. E’ stato nominato in Gesap, la società aeroportuale del Falcone-Borsellino, in quota Regione. Grande esperienza, non v’è dubbio; ma i rapporti hanno vacillato non appena s’è messo di traverso mezza volta. Assieme al direttore generale Natale Chieppa, ha spiegato che per Punta Raisi non era sostenibile ospitare i voli dirottati da Fontanarossa (chiuso per venti giorni). Apriti cielo. Schifani è andato su tutte le furie, lui ha pensato alle dimissioni. Giammai: rimane. Fino a scadenza naturale. Piccolo e necessario inciso su Catania: è stata la difesa strenua dell’amministratore Nico Torrisi e della Sac, nominati non da lui, ma pur sempre in quota Forza Italia, a metterlo contro il ministro Urso. Pazienza: a Roma se ne sono già fatti una ragione.
Renato Schifani. Se potesse, non avrebbe dubbi: il governatore nominerebbe se stesso a capo di tutto. Ha già chiesto i poteri speciali per smaltire i cantieri sulla A19 Palermo-Catania e per realizzare i termovalorizzatori di cui si fa un gran parlare da anni. Ed è palesemente geloso delle attenzioni che la famiglia Berlusconi riserva al “nemico” Tajani. Il capo della Farnesina è l’attuale (e probabilmente sarà anche il prossimo) segretario di Forza Italia. Peccato: perché, sotto sotto, un candidato spendibile c’era… Pensateci, è facile.