Il “Bellini” non ce la fa e i lavoratori soffrono. Soffocati dalle inadempienze di mamma Regione. Ma non si può certo dire che il mondo della cultura sia rimasta a guardare. Dopo gli appelli – innumerevoli – di questi giorni (dal Teatro alla Scala di Milano al Maggio Fiorentino, tutti si sono spesi per lo Stabile catanese), c’è un grido di dolore illustre. Porta la firma di Paolo Isotta, uno dei critici musicali più importanti, per vent’anni al Corriere della Sera. Isotta, sul Fatto Quotidiano, ha elogiato le bellezze di Catania prima di venire al dunque. E presentare la situazione del Teatro, definito una “meraviglia italiana” col “tetto pericolante” e le “strutture interne obsolete”: “Proprietario dell’edificio è il Comune – scrive Isotta – che, essendo in dissesto, non profonde alcunché. I costi per il personale (diminuiti da 452 a 250) sono in capo alla Regione. Di esso, gli orchestrali sono 80 e i corsisti 60. Fino al 2010 la Regione erogava 22 milioni all’anno. Poi è andata diminuendo la cifra fino ad arrivare nel 2019 a 1.600.000 euro. La legge recita che i bilanci vengono redatti su base triennale. Per il 2020 la Regione ha previsto di erogare 8,9 milioni, e per il 2021 addirittura zero. Questo impedisce di chiudere il bilancio triennale in pareggio, e il Teatro si trova fuori legge pur essendo adempiente”.
Isotta, in questa lunga rappresentazione di numeri, fa presente che il fabbisogno annuo del “Bellini” è di circa 25 milioni (12 milioni per il personale e 13 per le utenze). Ma che lo Stabile a oggi riesce a introitare 1,4 milioni dal Furs (il fondo unico per gli spettacoli) e 1,2 milioni fra biglietti e abbonamenti: “Desidero ricordare – scrive il critico – che la spesa media di un allestimento della Scala o del Maggio Fiorentino è di un milione”. Il Bellini, che vanta una storia ultracentenaria (è stato costruito nel 1890), non può finire in questo modo. “Potrà il governo permetterlo? Lo vorrebbe la Comunità europea, che certo potrebbe erogare un contributo straordinario – sostiene Isotta -. Io non so che dire: ma l’Italia ha per ricchezza principale la sua bellezza e la sua tradizione, e ci si sta tutta sbriciolando in mano”.