A gennaio 2018, sono quasi trascorsi due anni, Nello Musumeci annunciava un disegno di legge per abolire i dieci Iacp siciliani perché “riteniamo che bisogna cambiare il sistema di gestione del patrimonio abitativo pubblico”. L’obiettivo del governatore, che all’Ars non si è mai tradotto in fatti, era recuperare il patrimonio e il personale, col trasferimento delle competenze ai Liberi consorzi e alle città metropolitane, e l’istituzione di un’agenzia per la casa e l’abitare sociale. Certamente Musumeci – ma è facile col senno di poi – avrebbe evitato l’imbarazzante contesa di questi giorni fra l’Istituto Autonomo Case Popolari di Palermo, rimasto in capo all’assessorato alle Infrastrutture della Regione siciliana, e il Comune, che si sono contese il terreno su cui organizzare il Capodanno con Nino Frassica e i Tinturia.
Siamo nel quartiere del Cep, nell’area antistante il giardino intitolato a Peppino Impastato. Periferia di Palermo. Quest’anno il sindaco Leoluca Orlando ha deciso di sdoppiare i festeggiamenti in due punti della città, visti i numerosi cantieri presenti in centro: in piazza Giulio Cesare, dove si terrà il concerto di Mario Biondi, e al Cep, dove andrà in scena il secondo spettacolo. In una nota di sabato scorso, lo Iacp aveva spiegato di non aver ricevuto alcuna richiesta da parte dell’Amministrazione. Aveva replicato l’assessore alle Culture, Adham Darawsha: “Spiace notare che alcuni funzionari dello Iacp hanno inviato una frettolosa nota al Comune, probabilmente ignari del fatto che l’area in questione è, dal lontano 1970, assegnata al Comune di Palermo e che quindi tutto è regolare per quanto attiene l’organizzazione del concerto”. Peccato che stamattina, sconfessando di fatto le parole dell’assessore, dagli uffici di palazzo delle Aquile sia partita una tempestiva richiesta d’autorizzazione “a utilizzare l’area”, “sollevando lo Iacp da qualsiasi responsabilità” e “non prevedendo alcuna somma per l’utilizzo dello spazio”. Permesso accordato: il Capodanno si farà.
Entro i prossimi dieci giorni, invece, lo Iacp di Palermo dovrà colmare una lacuna storica nei confronti dell’Amap, la società che gestisce l’acquedotto comunale. E’ saltato nelle scorse settimane, infatti, l’accordo per il versamento dei 15,5 milioni di debito accumulati dall’Istituto autonomo case popolari a causa dell’acqua non pagata dagli occupanti abusivi del lotto di 316 abitazioni al quartiere Zen 2. L’Amap, a seguito del mancato accordo, aveva chiesto il pignoramento dei conti corrente e di pezzi del patrimonio immobiliare. Ora è arrivata la sentenza del tribunale civile di Palermo, che il 27 dicembre ha emesso un precetto nei confronti dell’istituto, che secondo una sentenza del 2013, deve rispondere in solido dei mancati pagamenti.
Anche stavolta Musumeci c’entra qualcosa. Un anno fa il presidente della Regione aveva annunciato di risolvere il contenzioso fra Amap e Iacp, ma l’accordo è saltato già un paio di volte. La prima quando i 7,5 milioni promessi da Musumeci sono stati utilizzati per estinguere altri debiti dell’istituto; la seconda, a inizio dicembre, quando la trattativa si è arenata su questioni burocratiche. L’Amap sembrava sul punto di accettare 5,5 milioni di liquidità, oltre a una procura decennale per vendere immobili (tutti a scopo commerciale) fino a raggiungere i 15,5 milioni dovuti. Ma su quest’ultima clausola le parti non hanno raggiunto l’intesa. Ora servono quindici milioni in dieci giorni, ma è una corsa contro il tempo destinata a rimanere senza esito.
Un esito ce l’avrà, ma di natura giudiziaria, l’accusa di peculato rivolta a Salvatore Giangrande ed Ernesto Buttticé, rispettivamente ex direttore generale dell’Istituto autonomo case popolari di Palermo ed ex dirigente del settore tecnico. Sono entrambi indagati per aver percepito illegittimamente, secondo la Procura, una cospicua indennità di risultato, fra il 2010 e il 2012. Oltre 186 mila Giangrande, poco più di 100 mila Butticè. Secondo l’indagine condotta dal nucleo di polizia economico finanziaria di Palermo, si tratterebbe di “somme non dovute”. I finanzieri hanno disposto un sequestro preventivo d’urgenza. Il provvedimento rientra in un’indagine più ampia della Gdf, secondo cui i due protagonisti della vicenda avrebbero concesso ad alcuni dirigenti dello Iacp delle indennità non dovute. Per questa ragione, sono stati già denunciati in sette, ritenuti responsabili di abuso d’ufficio. Ipotesi di reato contestata anche a Giangrande e Butticè.
“Le indagini – scrive il nucleo di polizia economico-finanziaria diretto dal colonnello Gianluca Angelini – hanno permesso di dimostrare come gli indagati, nel periodo ricompreso tra il 2010 ed il 2015, abbiano liquidato detti emolumenti senza l’elaborazione e l’attuazione del cosiddetto ‘Ciclo di gestione della performance’, un sistema di monitoraggio previsto dalla riforma Brunetta, finalizzato al miglioramento degli standard qualitativi ed economici dei servizi erogati dalle pubbliche amministrazioni tramite la valorizzazione dei risultati e della performance organizzativa e individuale”.
Ma se parliamo di performance, e di soldini mai versati, entra in ballo ancora una volta la Regione. E in modo particolare il suo vice-presidente, nonché assessore all’Economia: l’avvocato Gaetano Armao. Il quale sostiene di aver prestato delle opere di consulenza legale allo Iacp di Palermo nel Duemila, partecipando a udienze di fronte al Tar e al Cga, il tribunale amministrativo siciliano. Recentemente, come riportato da un articolo di Antonio Fraschilla su “Repubblica”, un’avvocatessa dello studio di Armao, Adele Saito, è tornata a bussare alle porte dell’Istituto, dove ad attenderlo c’era il nuovo dirigente Vincenzo Pupillo. La Saito ha preteso per il suo assistito il pagamento di due distinte parcelle (ognuna corrispondente a un incarico) per un totale di 800 mila euro. Ad Armao fu richiesto di formulare un parere e risolvere, di fronte al Tar, un contenzioso da un milione di euro fra la Regione e lo stesso Iacp, relativo alla gestione dei fondi ex Gescal.
La questione, però, non arrivò mai a vertenza, dato che la Regione liquidò la cifra in due tranche. Sullo sfondo, però, resta il lavoro svolto da Armao, di cui è difficile – tuttora – individuare la natura. Al vertice dello Iacp cercano ancora il documento che attesti l’affidamento di un incarico all’avvocato palermitano, che all’epoca non aveva (ancora) avuto accesso ai palazzi del potere: non si capisce bene se ci stata una delibera, oppure una determina dirigenziale. L’ex direttore dello Iacp, lo stesso Giangrande di cui si parla prima (rimasto in carica dal 2008 al 2019), aveva archiviato la questione e Armao – che nel 2010 entra in giunta con Raffaele Lombardo, come assessore all’Economia – per un decennio decide di passarci sopra. Sembra tutto dimenticato, ma a inizio 2019 la legale di Armao, torna allo Iacp per chiedere il saldo. Riceve in cambio un’apertura: le dicono che sono disposti a una transazione, anche se per una cifra molto inferiore (circa 70 mila euro). Armao e la Saito ci pensano, ma la “trattativa” si arena di nuovo a metà ottobre, dopo che Fraschilla nel suo articolo rivela l’altarino. Le posizioni si irrigidiscono e i legali tornano all’assalto. Per ottenere le 800 mila euro. Non un centesimo in meno.