Il bando per la sorveglianza anti-incendio lungo le autostrade gestite dal Cas, finito al centro di un’inchiesta della Direzione Investigativa Antimafia di Messina, e la crisi aziendale dell’Ast, che rischia di sfociare nella privatizzazione della partecipata regionale (con 200 lavoratori a rischio), sono solo le punte dell’iceberg di un “sistema trasporti” che in Sicilia fa acqua da tutte le parti. Ci sono autostrade dismesse, aeroporti inutili, ferrovie non elettrificate. A tutto questo si sommano le proroghe tecniche per il servizio di collegamento navale con le isole minori, ma anche l’impossibilità di celebrare una gara per il trasporto pubblico su gomma, nonostante i rilievi della Corte dei Conti. I risultati della colonscopia sono drammatici ed evidenziano una messa a regime farraginosa e per, certi aspetti, impossibile. Con ricadute inevitabili su lavoratori e famiglie, che in questo scacchiere ricoprono il ruolo delle vittime sacrificali.
I deputati dell’Ars non hanno perso tempo a celebrare l’ultimo provvedimento, inserito in Finanziaria, che garantirà il trasporto gratuito alle forze dell’ordine; o il contributo da 100 mila euro finalizzato alle spese di trasporto degli atleti disabili per la partecipazione alle attività sportive. Ma il problema è più profondo e quasi vorticoso. Investe tutti. La disamina potrebbe cominciare dal salasso delle compagnie aeree, che nel periodo natalizio hanno imposto tariffe esorbitanti per volare su Catania e Palermo da Roma e Milano: biglietti andata/ritorno fino a 500 euro che hanno costretto persino il governatore, Renato Schifani, a ripiegare sulla nave. Eppure non s’è mosso quasi nulla: al netto della minaccia di un’azione legale all’Antitrust, per denunciare il cartello fra Ita e Ryanair (smentito dai diretti interessati), la politica non ha potuto far altro che assistere inerme. Servirà a poco o nulla l’osservatorio sul traffico aereo voluto dall’assessorato alle Infrastrutture. I prezzi torneranno a salire in occasione delle prossime festività pasquali, e poi in estate.
Fino a qualche tempo fa, i piccoli aeroporti – Comiso e Trapani – potevano contare sulle tariffe a prezzo calmierato, grazie all’imposizione degli oneri di servizio pubblico su determinate rotte: due dal “Pio La Torre” (Roma e Milano), sei da Birgi. La cosiddetta “continuità territoriale”. La fine di Comiso è sopraggiunta col fallimento di Alitalia, che garantiva i collegamenti verso le principali città italiane: Ita, finora, non si è fatta carico dei medesimi servizi. Su Trapani, invece, la fregatura è più “fresca”: lo scorso novembre il Consiglio di Stato ha dato ragione alla ricorrente Ryanair e confermato la sentenza di un anno prima del Tar, che non considerava “necessarie” le rotte assoggettate a continuità territoriale per garantire all’utenza di riferimento l’accesso ai servizi di cittadinanza (come lavoro, studio, sanità ecc…). Mentre la Sardegna va regolarmente avanti su questa strada, in Sicilia s’è bloccato tutto. Sopravvivono le tariffe sociali che prevedono sconti del 30% con Ita per alcune categorie, fra cui malati e studenti fuorisede.
Ma se muoversi verso il continente è divenuto, ormai, un problema “stagionale” – nel senso che cattura l’attenzione solo sotto le Feste – muoversi nell’Isola non è mai stato così complicato. Prima delle rivelazioni sull’appalto del Cas, e sul tentativo di strozzare le procedure d’accesso a un bando da 9 milioni per il servizio anti-incendio (con relative minacce nei confronti di chi aveva segnalato le anomalie), le indagini della magistratura sullo stato pietoso di due autostrade – la Catania-Messina e la Palermo-Messina – si sono susseguite a raffica. Come raccontato qualche giorno fa da Repubblica, negli ultimi dieci anni le Procure di Messina, Catania e Termini Imerese hanno colpito la rete autostradale siciliana con otto indagini, di cui sette hanno riguardato il Consorzio Autostrade. I capi d’imputazione vanno dalla corruzione alla tentata truffa, passando per la turbativa d’asta (un classico). Nel 2021 il gip del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto ha disposto il sequestro preventivo di 22 fra cavalcavia e viadotti ammalorati lungo la A20. In quell’occasione la Polstrada notificò quattro avvisi di garanzia: uno rivolto al direttore del Cas, Salvatore Minaldi, per il reato di omissione di lavori in edifici o costruzioni che minacciavano rovina.
Il “circo” mediatico-giudiziario è sempre la conseguenza di lavori non fatti, o fatti male, che si riflettono sull’esperienza dei cittadini. Quelli siciliani hanno dovuto aspettare più di cinque anni la riapertura dell’Himera, sulla Palermo-Catania, e stanno ancora aspettando il ripristino della carreggiata nei pressi di Letojanni, investita da una quasi sette anni fa. Al deputato messinese di Sicilia Vera, Giuseppe Lombardo, reduce da un sopralluogo, hanno garantito che entro l’estate si tornerà alla circolazione normale. Sulla A19, controllata dall’Anas, il ripristino del viadotto (con tanto di fanfare e celebrazioni) avvenuto a luglio 2020, non è bastato a cancellare i problemi: sono 32 i cantieri aperti in direzione Catania, e altrettanti in direzione Palermo, con 20 tratti limitati da lavori in corso. Un’odissea. Musumeci provò a ricamarci sopra, l’estate scorsa, spiegando al pubblico di Taormina che la Regione – essendo l’A19 un’arteria gestita dello Stato – non c’entrava nulla: si prese gli sfottò di Ficarra e Picone, presenti sul palco insieme al governatore, e i fischi della platea, sempre più stanca di assistere all’eterno scaricabarile.
Tornando all’attualità: l’Ast, oltre ad essere un’azienda in perdita (per 70 milioni circa), giusto un anno fa era finita al centro di uno scandalo per una gestione poco adamantina. L’ex direttore generale, indicato dal Cda (nominato a sua volta dalla politica), è finito ai domiciliari con l’accusa di corruzione. Secondo gli inquirenti avrebbe sfruttato un’agenzia interinale per piazzare i clientes della politica a fare gli autisti. Superando, al contempo, il blocco delle assunzioni che ingabbia da anni anche le partecipate. Oggi l’Ast si è vista costretta a cancellare le tratte urbane in quattordici città, fra cui i capoluoghi Ragusa e Siracusa (oltre a Marsala) perché non riesce più a sostenerle: secondo l’assessore Aricò produrrebbero perdite per 6 milioni l’anno. E l’Ast quei soldi non ce li ha. Una classica crisi aziendale, se non fosse che l’Azienda è una partecipata regionale e che c’è in ballo il futuro di 774 lavoratori, di cui 200 dell’indotto.
L’unica garanzia – a meno di una forte ricapitalizzazione da parte della Regione, che al momento non sembra all’ordine del giorno – potrebbero offrirla i privati subentrando nelle tratte scoperte, anche se nella speciale categoria del trasporto su gomma (570 linee attive in tutta la Sicilia), la maggior parte delle compagnie appartiene alla galassia dell’imprenditore Alessandro Scelfa e della sua famiglia (gestiscono Sais, Segesta, Etna Trasporti, Sicilbus ecc…). E’ un mercato dal valore di 168 milioni di euro, che da anni viene assegnato senza gara. La Corte dei Conti ha imposto un cambio di rotta, ma la procedura non è stata ancora avviata. Il neo assessore Aricò fa sapere a Repubblica che l’anno buono sarà il prossimo: “Il bando sarà assegnato entro l’ultimo trimestre del 2024”.
Situazione in stand-by pure per il trasporto navale, dove i disagi per i passeggeri sono sempre uguali (anche con gli aliscafi): cioè prezzi troppo alti, mezzi vetusti e troppe poche corse. L’esclusione di Caronte dal bando pubblicato lo scorso ottobre – aveva partecipato a tre dei cinque lotti (Eolie, Egadi e Pelagie) – per una proposta ritenuta “inadeguata”, non interromperà il servizio pubblico, che andrà avanti con un’altra proroga tecnica. “Al più presto l’assessorato bandirà una nuova gara per l’assegnazione di tutte le tratte – ha fatto sapere Aricò -. Il rispetto delle condizioni fissate dai bandi è essenziale per assicurare standard adeguati alle esigenze dei viaggiatori, così come abbiamo garantito in occasione dell’affidamento dei servizi con aliscafi”. Quella della società armatrice messinese era l’unica offerta pervenuta, mentre per gli altri due (Pantelleria e Ustica) non ne era stata presentata alcuna.
Questo, in attesa del Ponte sullo Stretto, è il quadro gestionale ed economico, ma soprattutto sostanziale, della viabilità e dei trasporti in Sicilia. Senza tener conto delle ferrovie, percorse ancora dalle littorine, dove il Pnrr dovrebbe intervenire in maniera cospicua, rimettendo a nuovo la linea Palermo-Catania con investimenti miliardari (i lavori su molte tratte sono già cominciati). Sospendendo il giudizio sui treni, resta un quadro a tinte cupe. Che nemmeno una pennellata di fantasia, come il collegamento stabile fra Sicilia e Calabria, potrà mai cancellare.