S’era detto, o meglio, vociferato, che il giorno buono per il ritorno in giunta di Ruggero Razza potesse essere lunedì scorso. Ma in realtà l’ex assessore alla Salute non se n’è mai andato. Dal 4 maggio, dopo un primo periodo di volontaria emarginazione, è stato riabilitato alla corte del governatore. Sarebbe stato lui, Razza, a suggerire la ‘forzatura’ sui vaccini ai 50enni, aggiudicandosi il braccio di ferro col generale Figliuolo (che da lì a pochi giorni avrebbe rivisto il target in tutta Italia); a dirimere le controversie fra i big della Sanità e Mario La Rocca, nella sua escalation di potere (il dirigente ha dovuto rimpiazzare la Di Liberti al dipartimento Attività sanitarie, e ha adottato decisioni talvolta impopolari). Razza, inoltre, è sempre rimasto il guru politico di Diventerà Bellissima: ‘regolatore’ di rapporti interni, ma soprattutto sponsor di nuove alleanze, come quella sancita col ‘Patto di fine legislatura’ assieme agli ex grillini di Attiva Sicilia (tranne l’onorevole Palmeri, che s’è chiamata fuori). In questo mese da assessore ombra, ha mostrato tutta la sua imprescindibilità per Musumeci che infatti, adesso, ha in testa una sola cosa: riproporlo – ufficialmente – come suo braccio destro.
Doveva avvenire all’inizio della settimana scorsa, in teoria. Ma l’ex assessore alla Salute, che al Gds ha confermato la propria disponibilità, è ancora indagato per falso dalla procura di Palermo. Bisogna compiere i passi nella maniera opportuna, ‘preparare’ gli alleati e l’opinione pubblica, per evitare di riaccendere i fari sulla vicenda giudiziaria che, al netto della politica, viaggia comunque spedita. Dall’interrogatorio di Maria Letizia Di Liberti, l’ex dirigente del Dasoe e braccio destro dell’assessore, è arrivata la conferma di una gestione caotica dei dati della pandemia: come evidenzia la pm Cristina Lo Bue nel provvedimento che sancisce il passaggio dell’inchiesta da Palermo a Trapani, la Di Liberti “ha ammesso senza alcuna riserva i fatti storici così come rappresentati nell’ordinanza”.
I numeri sono stati falsificati per l’incapacità di organizzare un’efficiente macchina di monitoraggio anche se, secondo la Di Liberti, non avrebbero avuto alcuna incidenza sull’istituzione della zona rossa. Vista da Razza come uno spauracchio, come il fallimento della politica (come si evince dalla intercettazione del 4 novembre scorso, fra l’ex dirigente e il funzionario Ferdinando Croce). La partita nei tribunali è tutta da giocare, ma nel frattempo, come se fossero cambiate le condizioni rispetto al giorno delle dimissioni, e venuta meno la preoccupazione di tutelare il governo e mettere le istituzioni al riparo da qualsiasi imbarazzo, l’assessore è pronto al gran ritorno. L’evento potrebbe tenersi martedì prossimo, giorno in cui è fissata la ripresa dei lavori parlamentari. “Delle due l’una: o Nello Musumeci ha sbagliato ad accettare le dimissioni a marzo o sbaglia ora”, ha dichiarato a Repubblica Antonello Cracolici, deputato di lungo corso del Pd. “Io non sono mai stato iscritto al partito dei manettari – argomenta l’ex assessore di Crocetta – ma è il governatore che ha accettato le dimissioni. Ora nomina la stessa persona, colui che ha fatto crollare la credibilità del sistema Sicilia. La parola “spalmare”, l’incertezza sui dati, sono diventate un pregiudizio che grava sull’Isola”.
Ma se da parte delle opposizioni, che di recente hanno indirizzato una mozione al governatore, le critiche alla gestione sanitaria sono tutte nero su bianco, la questione si fa più rarefatta e più incerta nelle file della maggioranza. Dove l’accoglienza è tiepida e nessuno ha steso il red carpet all’assessore. I più benevoli, come nel caso della Lega o di Forza Italia, si sono limitati a una considerazione: “Non abbiamo nulla in contrario”. L’operazione ‘accoglienza’, veicolata sui social grazie ad hashtag e gruppi che lasciano il tempo che trovano, appare un po’ più fredda nei palazzi. L’Udc, ad esempio, non fa mistero dell’irritazione provocata qualche mese fa da Razza, che tentò un’Opa sul partito favorendo la scalata dei Genovese. Eleonora Lo Curto, traendo spunto da una recente intervista dell’ex assessore a ‘La Sicilia’, è almeno rincuorata dal fatto che non dovrebbe più occuparsi di politica: “Apprezzo che abbia fatto sapere che non entrerà più a gamba tesa in politica, perché in passato ha disturbato fortemente gli alleati più leali. Agisca semmai da tecnico”.
Gli altri rimangono su posizioni più defilate: in un certo senso si allineano al pensiero di Cracolici – Musumeci ha sbagliato ad accettare le sue dimissioni – ma non intravedono una exit strategy all’orizzonte. E’ chiaro, inoltre, che il Razza/due possa avere effetti sui futuri equilibri della maggioranza. Il presidente non può farne a meno per lanciare la propria ricandidatura a palazzo d’Orleans, conscio “che dopo aver seminato, ho il diritto a raccogliere”. “La ricandidatura è diventata per lui una ragione di vita – riflette ancora Cracolici – e considera Razza l’unica garanzia per ottenerla, perché non si fida più di nessuno. La verità è che Musumeci ha una visione manichea e una maggioranza a pezzi. Ha scelto di essere un uomo solo al comando, con pochi fedelissimi. Quando il fedelissimo per eccellenza è stato costretto a dimettersi, è crollato tutto il castello. Quindi, per riprenderlo, il governatore è pronto a qualsiasi figuraccia”.
Gli alleati, dalla Lega a Fratelli d’Italia, non hanno alcuna fretta di apparecchiare a Musumeci il banchetto per il bis, specie dopo i primi tre anni e mezzo di legislatura passati a rincorrerlo. Lo ha spiegato a chiare lettere Roberto Di Mauro, leader degli Autonomisti (partito, fra l’altro, federato con la Lega): “Questa accelerazione improvvisa da parte del presidente sulla ricandidatura – lo gela – è irrituale sul piano politico perché sarebbe dovuta arrivare in conclusione di un percorso. Aspettiamo le proposte, le riforme, per chiarire i rapporti politici”. E Musumeci, che da un lato sostiene di voler lavorare solo sul presente e mantenere le promesse fatte in campagna elettorale (“E’ quello che interessa ai siciliani”), dall’altra parte semina indizi sul futuro. Per fare in modo che i suoi argomenti abbiano eco, che diventino humus politico, Razza gli serve eccome.
E poco importa che là fuori, questa manovra, sia considerata poco opportuna sotto il profilo politico: “La politica è per sua stessa natura un’attività esposta al giudizio morale della collettività – ha scritto Sergio Rizzo, in un fondo su Repubblica –. Di conseguenza comportamenti pure non penalmente rilevanti, ma moralmente pregiudizievoli, dovrebbero obbligare i politici a passare sotto le forche caudine di quel principio: l’opportunità, appunto. È opportuno che un politico alla guida di un’amministrazione sulla quale grava il sospetto di aver truccato i dati dei contagi spalmandoli su più giorni per evitare di mandare in zona rossa la propria regione torni al timone della stessa amministrazione mentre l’inchiesta che lo riguarda non è ancora chiusa? Ecco la domanda che si sarebbe dovuto porre Musumeci, se fosse stato consapevole del fatto che una decisione inopportuna avrebbe minato la credibilità sua e della sua giunta in una materia così delicata. Tanto delicata, e in un momento ancor più delicato, che niente dovrebbe essere più lontano dei calcoli politici dalla necessità di tutelare la collettività”.