A svelare l’ultimo bluff di Musumeci ci ha pensato Roberto Di Mauro, ex vicepresidente dell’Ars e neo assessore all’Energia del governo Schifani: “Quelli prodotti da Musumeci sono inutilizzabili. Non sono neanche dei bandi, sono manifestazioni di interesse che non obbligano in nessun modo né le aziende che le hanno presentate né la Regione che le ha chieste”. Il riferimento di Di Mauro è all’iter sui termovalorizzatori, avviato dall’ex presidente, che dal febbraio del 2022 si è incagliato. Alle manifestazioni d’interesse per realizzare gli impianti a Gela e Catania avevano risposto un paio di aziende. Da lì, il nulla. Così, durante un intervento in Assemblea (sollecitato da un’interrogazione del Pd), Di Mauro ha vuotato il sacco: “Le aziende che si erano fatte avanti – ha aggiunto – ci hanno chiesto di garantire flussi negli impianti di 350 tonnellate al giorno di rifiuti. Ma come possiamo garantire un dato simile se non conosciamo con esattezza le nostre necessità di smaltimento?”.
Il problema si è poi spostato altrove, ossia sui livelli di indifferenziato prodotti dalla Sicilia. “Nell’Isola accade un fatto strano – ha ammesso Di Mauro -: aumenta la differenziata, ma l’indifferenziata resta la stessa”. Gli ultimi dati certificati dall’Ispra, scrive Repubblica, risalgono al 2021: nell’Isola si producono oltre 2 milioni e 200 mila tonnellate di rifiuti l’anno, di cui quasi 1,2 milioni di indifferenziato e poco più di un milione di differenziata, pari al 46,9 per cento su base regionale. Percentuale che è salita ulteriormente nel 2022, ma alla quale non corrisponde una effettiva diminuzione delle tonnellate di indifferenziato. Bisognerà prima svelare l’arcano, calcolare quanta monnezza dovrà essere ‘bruciata’ nei termovalorizzatori, e infine riavviare l’iter.
Ma nel frattempo la Sicilia deve fare i conti con almeno un paio di emergenze: l’assenza strutturale di discariche e impianti di compostaggio, e i costi della spazzatura per il trasporto all’estero, che rischiano di ricadere sui cittadini, come ammette il presidente dell’Anci, Paolo Amenta: “Tra rincari energetici e aumenti dei costi di conferimento, non ci sarà Comune che non dovrà rivedere il suo piano economico e finanziario per prevedere il triplo della spesa rispetto al passato — sottolinea Amenta a Repubblica — Ci era stato promesso un fondo da 45 milioni di euro, prima da Musumeci e poi da Schifani. Dovevano servire per i Comuni che hanno dovuto sopperire all’aumento repentino dei costi di conferimento, ma non li abbiamo ancora visti”. Un bluff tira l’altro.