Qualcosa sta venendo fuori nelle commissioni di merito: ad esempio l’approvazione di un disegno di legge, che adesso sbarcherà in aula, per l’istituzione dello psicologo di base. Ma non si può certo parlare di un avvio di legislatura redditizio per l’Assemblea regionale. Zero leggi (significative) approvate, al netto di una Finanziaria che – si apprende dal Ministero per il Sud e della Coesione – è a rischio impugnativa per l’utilizzo poco assennato dei Fondi europei di Sviluppo e coesione. Zero dibattiti su sanità e turismo, che in questo avvio di legislatura hanno infestato il clima in giunta e fuori dal palazzo. Si doveva discutere della mozione di censura presentata dai gruppi di Cateno De Luca nei confronti dell’assessore Scarpinato, ex responsabile del Turismo, ma anche quella è stata cestinata senza alcuna menzione.
In questa girandola dei numeri, che testimonia la scarsa considerazione dei 70 parlamentari all’interno del panorama politico regionale, risalta la convocazione per effettuare il test del capello e capire quanti dei deputati che si sottoponessero volontariamente, facessero uso di stupefacenti: ovviamente nessuno. All’invito dell’on. La Vardera, ex Iena in cerca di qualche copertina, hanno risposto in 37. E alcuni di questi 37, come il presidente Galvagno o l’assessore Aricò, non hanno esitato a spiattellare sui social l’esito negativo dell’esame, aggiungendo che ‘drogarsi fa male’ e che ‘i politici devono dare l’esempio’. Un esercizio di ovvietà, esibito a favore di taccuini e telecamere, che non basta a giustificare il lauto stipendio dei parlamentari, ritoccato all’insù grazie all’approvazione del bilancio interno dell’Ars che nascondeva fra le varie voci l’adeguamento Istat al costo della vita. Ma sì, concediamoci tutti un po’ di populismo.
I deputati di vari partiti avevano annunciato delle proposte di legge per rientrare nei ranghi, per evitare che quei 900 euro in più al mese diventassero uno spot negativo per la Sicilia, ma l’infatuazione è durata poco. E’ bastato far riferimento ai regolamenti, ai ricorsi, agli iter di legge un po’ ardimentosi, ed ecco che la proposta viene sotterrata. Magari fino alla prossima Finanziaria. Perché se l’inflazione continuerà a salire, la vicenda si riproporrà. Ma la Sicilia, dai suoi rappresentanti, non esige soltanto rappresentazioni sterili e folcloristiche annesse al proprio ruolo. Né il tentativo di riportare in vita il circo delle province per sfamare altri interpreti rimasti a mani vuote. Bensì – almeno per chi non ha abbandonato la speranza – esempi di buona politica. La Finanziaria è stata un purpurrì di roba difficile da riassumere, tra marchette e provvedimenti mirati a soddisfare l’ego dei singoli deputati e del proprio bacino elettorale: campi da calcio da sistemare (viva Iddio), chiese da restaurare (viva Maradona), carnevali da organizzare, eccetera eccetera.
Nessuna traccia di sviluppo, al massimo qualche contentino ai precari. E un tentativo di rimettere a posto i conti, che però necessità di un sequel: ossia la riapertura di un tavolo di contrattazione col Ministero per l’Economia per rivedere i principi dell’Accordo Stato-Regione, che ha costretto la Sicilia a rinunciare alle assunzioni e al turnover dirigenziale, ma tuttavia le ha permesso di spalmare i debiti senza soluzione di continuità, sempre alla ricerca di un salvagente. Ovviamente questa parte del discorso non riguarda i 70 parlamentari: toccherà al governo farsi largo, anche se la congiuntura di “destra” – è quello che Schifani spera – potrebbe facilitare le operazioni. I parlamentari rimarranno incastonati nelle bellezze di Palazzo dei Normanni attendendo, forse, l’esito delle prossime Amministrative per cominciare a produrre qualcosa di serio (e di utile). Per evitare di andare avanti con interrogazioni e interpellanze, da cui spesso gli assessori svicolano con estrema facilità e poco garbo istituzionale (come accaduto all’assessore alla Salute, Giovanna Volo, che si era sottratta alle domande nell’imbarazzo generale dell’aula).
Solo i Cinque Stelle, per la cronaca, hanno richiesto al governo di fare il punto sulle vicende del Turismo, che si sono abbattute su un partito della coalizione (Fratelli d’Italia), reo di aver gestito con troppa superficialità i fondi del programma SeeSicily. Per non parlare dello scandalo di Cannes, che si è risolto in una bolla di sapone dopo la scelta del governatore di ritirare il provvedimento in autotutela e scambiare le deleghe ai suoi assessori. Ma fin qui non si è trovato neppure il tempo di impiantare un dibattito utile sulle questioni aperte che riguardano la sanità: a partire dal rapporto coi privati convenzionati, passando per la battaglia in favore dei precari Covid, analizzando il tema delle proroghe al riparo dalla campagna elettorale e dalla propaganda. Oppure sul fotovoltaico, dopo che il governatore – a torto o a ragione, non si sa – ha deciso di sospendere l’iter autorizzativo in mancanza di una “contropartita economica” per la Sicilia, dopo aver rimosso per altro l’ex capo della commissione Via-Vas (che a suo dire avrebbe rallentato il rilascio dei pareri). Nessuno sente l’esigenza di confrontarsi a fondo, senza retorica, su temi che toccano il futuro dei siciliani. Si è solo analizzata la questione dell’autonomia differenziata, senza giungere a nulla: Schifani, infatti, aveva già deciso di aderire alla proposta di Calderoli, perché con la Lega come alleato di governo non avevi molta scelta.
Insomma sembra che il parlamento siciliano sia solo un bistrò di basso rango, uno spaccio di discussioni sterili che solo marginalmente hanno a che fare con la Sicilia. E potrebbe andare avanti per molto: prima ci sono le elezioni – e conosciamo tutti l’impegno dei deputati nei territori – poi ci sono i ballottaggi, e infine le vacanze estive. E invece non c’è nulla che impegni l’Assemblea sullo sviluppo economico, sulla condizione penosa delle nostre strade (al massimo, c’è sempre l’Anas da incolpare), sulle ferrovie ferme a un secolo fa, sull’emergenza rifiuti e sulla pantomima dei termovalorizzatori. Né sulla liquidazione degli enti inutili, i cosiddetti “carrozzoni”, che oggi rappresentano una voce in rosso per l’Amministrazione. Martedì si torna in aula con una rubrica sull’agricoltura e sulla pesca mediterranea e con un disegno di legge sulle farmacie rurali. Che sia l’inizio di un nuovo corso? O la solita aria fritta?