Qualche giorno fa la commissione Antimafia ha approvato una relazione di 130 pagine sulla sanità siciliana, definita “un bottino di guerra, una terra di mezzo da conquistare, un’occasione per fabbricare vantaggi economici e rendite personali”. Il giudizio tranchant muove da undici mesi di lavoro e oltre cinquanta audizioni, che ripercorrono – in maniera capillare – le ingerenze da parte della politica. A partire dalla stagione di Rosario Crocetta, quando nei confronti dell’assessora alla Salute Lucia Borsellino, figlia del giudice Paolo, si consuma un “progressivo e logorante processo di isolamento”. Ad opera, ovviamente, del ‘cerchio magico’. Ne abbiamo sentito parlare anche altrove: in primis nelle vicende che hanno coinvolto Antonello Montante, l’ex leader di Confindustria. Secondo l’Antimafia si tratta di “una sorta di organismo parallelo di consultazione, al servizio permanente del presidente della Regione, la cui struttura – al di là di talune imprescindibili presenze – variava a seconda degli ambiti di riferimento. Anche la sanità aveva il suo cerchio magico”.
A marzo 2015, da un articolo su ‘La Sicilia’ a firma di Mario Barresi, vengono fuori gli interpreti di maggior calibro: Matteo Tutino (quello dello sbiancamento anale) e Giacomo Sampieri. Il primo è un chirurgo plastico e medico personale di Rosario Crocetta. L’altro è l’ex commissario straordinario dell’ospedale Santa Sofia di Palermo. Presenze destinate a permeare, fino agli ultimi istanti di quell’esecutivo, l’azione di Crocetta. Ma non sono le uniche. “Sempre a proposito di siffatto “cerchio magico” e di questo probabile governo parallelo nella gestione della sanità siciliana resta significativa traccia – nelle audizioni svolte dalla nostra Commissione – degli interventi del senatore Lumia durante gli anni del governo Crocetta”. Lumia, ancora lui. Il senatore della porta accanto, che l’ex assessore all’Energia, Niccolò Marino, tira in ballo anche sulla questione rifiuti: “Lumia dava la veste politica e di copertura anche ragionevole o razionale a delle azioni che erano in palese violazione di legge”.
Uno dei passaggi più raccapriccianti dell’inchiesta dell’Antimafia è l’audizione di Massimo Russo, assessore alla Salute nel governo di Raffaele Lombardo, fino all’estate 2012. Ripercorriamone alcuni passi. “Crocetta in una intervista una volta disse: “quando parlo di Russo mi prendono a calci nel sedere”. Questa cosa mi colpì molto e però mi resi conto che evidentemente parlava in certi ambienti per cui quei calci erano ben giustificati: i rapporti con Confindustria, con Catanzaro, con Montante ed altri… Poi mi resi conto che era solo un modo per mandare messaggi…. Siccome io detesto l’antimafia parolaia, avendo fatto l’antimafia vera, quella dei processi e degli ergastoli, non delle chiacchere ma delle indagini, dei processi e delle sentenze passate in giudicato… Anche il senatore Lumia – insiste il magistrato – credo che fosse una espressione di questo mondo, lo dico anche per aver vissuto con un Lumia che nessuno conosce”.
E da qui ecco un episodio che conferma, più di altri, la permeabilità del sistema: “Una volta mi venne a trovare, adesso è morto, un ex deputato, Vito Li Causi. Venne a salutarmi e mi disse: “Massimo, ti devo presentare un bravissimo medico che ha fatto la domanda per il concorso a primario di Chirurgia”: Tutino. Ha un sacco di competenze, mi dice, master, eccetera”. Fisso l’appuntamento dicendogli: “guardi che io però non mi occupo di primariati”. L’impressione che ne trassi fu assolutamente negativa, tant’ è che poi dissi a Li Causi: “Ma chi mi porti?”. Un giorno mi chiama il presidente Lombardo per una cosa che dovevamo affrontare in Giunta e poi mi dice: “guardi non esca perché c’è una persona che la vuole incontrare”. Era il senatore Lumia, che io conoscevo da tempo. Lumia mi disse: “Massimo, dobbiamo parlare di una cosa”, “Parliamo”, “Dobbiamo parlare della vicenda Tutino”, “Qual è la vicenda Tutino?”, “Tutino deve fare il primario”, “Come deve fare il primario? Che vuol dire? Intanto non lo nomino io il primario”, “Sì, al dirigente generale Di Rosa ci penso io. Ma Tutino deve fare il primario!”. Quando vidi che era una cosa che lui sosteneva con determinazione, fui altrettanto determinato: “Tutino con me non farà il primario, intanto perché non me ne occupo e comunque non farà il primario!”. Alzò la voce: “Ma tu non lo capisci che noi senza la Procura di Palermo non possiamo governare!”, “Come non possiamo Governare?! Che vuol dire non possiamo governare?!”, “Non lo capisci chi lo vuole Tutino?!””.
A quel punto la discussione diventa grottesca e, parimenti, spaventosa: “Tirò fuori il telefonino – riprende Russo – e mi fece leggere un messaggio. Il messaggino riguardava Tutino e veniva da tale “Antonio”, mi disse che era Antonio Ingroia, che all’epoca era Procuratore aggiunto di Palermo. Io gli feci un buffetto sulla faccia, gli dissi una parola che non ripeto e me ne andai. Punto. Insomma, sapevo perfettamente quali erano le logiche, tant’è che io dissi poi a Lucia Borsellino: “Occhio! Si dice che Tutino sia il medico di Crocetta e ti faranno delle pressioni per farlo diventare primario”. E infatti divenne primario”.
Il 29 giugno 2015 Tutino viene tratto in arresto con l’accusa di truffa, falso e peculato. Il giorno dopo Lucia Borsellino si dimette. Secondo Pippo Di Giacomo, che in quell’epoca rivestiva l’incarico di presidente della commissione Salute all’Ars, “ci sono personaggi che girano, in nome e per conto del presidente, spero a sua insaputa, per sponsorizzare operazioni poco chiare… Questo – dichiarò il mese successivo all’arresto, in un’intervista a ‘La Sicilia’ – è un sistema contro il quale Lucia ha combattuto per tanto tempo (…). Ma questa cosa l’ha stancata. È stanca di essere nell’occhio del ciclone per vicende opache, come quella dell’Humanitas… E poi le tormentate questioni delle nomine dei direttori generali, del San Raffaele-Giglio, e, infine, quella di Villa Sofia”. Audito da Fava e dagli altri commissari, Di Giacomo conferma che “si era creata una condizione complessiva che aveva reso inagibile l’assessorato alla salute per una persona, e una personalità, come quella di Lucia Borsellino”.
A danneggiare la sua figura, in sostanza, sono le decisioni (assai opache) sulla sanità prese altrove. E in cui lei non riesce – perché non può – mettere becco. A offrire un altro spaccato della vicenda è Stefano Campo, capo della segreteria particolare della Borsellino: “C’erano sicuramente dei momenti di poca serenità da parte dell’assessore, non si possono nascondere, sono evidenti (…) Quando si andava in Giunta perché convocati dal presidente, io mi ritrovavo ad accompagnare l’assessore Borsellino e, spesso, sia il dottor Sampieri che il dottor Tutino erano già lì. Certe volte erano fuori, certe volte invece l’assessore Borsellino mi raccontava che erano dentro con Crocetta. Quindi pensavamo che la convocazione dell’assessore Borsellino fosse stata su input o magari su qualche idea che loro proponevano al presidente Crocetta che poi voleva esporle alla dottoressa Borsellino…”.
Dalle intercettazioni acquisite agli atti giudiziari tra Tutino e Sampieri, viene fuori che entrambi – nel 2014 – avevano preparato la lista dei nuovi manager della sanità. Sampieri, che a marzo s’era dimesso dall’incarico di commissario straordinario di Villa Sofia dopo un’inchiesta sull’ospedale (l’assessore ne aveva già annunciato la revoca in commissione Salute), provò a rientrare dalla finestra a luglio, quando un paio di parlamentari regionali (Oddo e Di Giacinto, entrambi iscritti nel gruppo de ‘Il Megafono’, quello del governatore Crocetta) chiesero alla Borsellino di intervenire sul direttore generale dell’Asp di Trapani affinché si giungesse alla nomina di Sampieri quale direttore sanitario. In quel caso la Borsellino presentò un esposto alla procura di Palermo per denunciare le pressioni subite. La conferma arriva da Campo: “L’onorevole Oddo già di per sé ha un tono di voce molto alto… arrivarono convinti che questa cosa dovesse essere fatta con estrema facilità e con estrema tranquillità. Cosa che invece non accadde, anzi”. Il “progressivo e logorante processo di isolamento”, però, si era già consumato: “Prevalenti ragioni di ordine etico e morale e quindi personale, sempre più inconciliabili con la prosecuzione del mio mandato, mi spingono a questa decisione”, scrisse la Borsellino congedandosi da Crocetta. Oggi sappiamo un po’ meglio quali erano.