Sono arrivati ieri al porto di Mazara, poco dopo le 10, i diciotto pescatori che per 108 giorni sono stati prigionieri, in Libia, delle milizie del generale Haftar. Lo hanno fatto a bordo delle due imbarcazioni, Medinea e Antartide, che i libici avevano sequestrato il primo settembre, sostenendo che i due equipaggi si fossero spinti nelle loro acque territoriali. I marittimi sono liberi grazie al lavoro congiunto del governo italiano – presente giovedì a Bengasi col premier Conte e col Ministro degli Esteri, Luigi Di Maio – dei diplomatici e dell’Aise.

Anche se Silvio Berlusconi non è d’accordo: “E’ stato Putin con le sue telefonate ad Haftar a farli liberare, questa è la verità di quello che è successo. Non bisogna dirlo però, poi si dice che lui è un sostenitore di Haftar, ma non vuole che si dica”, ha aggiunto Berlusconi, parlando al telefono con Marco Marrone, armatore del Medinea. Ad attendere i pescatori, sotto la pioggia, c’erano i familiari e alcune autorità, fra cui il sindaco di Mazara, Salvatore Quinci, e il presidente dell’Ars, Gianfranco Micciché.

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“Torneremo a ridere e a scherzare. Li conosco, sono grandi uomini”, ha detto Marco Marrone, armatore del Medinea. “Oggi è il nostro Natale, anticipato di qualche giorno. Mi auguro che questa storia sia da sprone per unire la marineria di Mazara, che nella sua storia ha subito almeno 50 sequestri; e serva al governo per risolvere la questione dei confini marittimi della Libia”, ha aggiunto. Sulla banchina del porto di Mazara anche tre grappoli di palloncini che riproducono i colori della bandiera italiana. I marittimi sono scesi dalle imbarcazioni per eseguire il test anticovid nel gazebo allestito dalla Usca dell’Asp di Trapani. Contestualmente ai tamponi rapidi (tutti negativi) sono stati eseguiti anche quelli molecolari il cui risultato sarà noto non prima di sei ore.

Nelle ultime ore non sono mancate le tensioni con lo Stato. Ieri Cristina Amabilino, moglie di uno dei pescatori, ha deciso di non partecipare al collegamento in video conferenza con Di Maio. “Sono felice che tutti siano stati liberati – ha detto in un improvvisato incontro con i giornalisti – ma non perdono al governo italiano il ritardo accumulato”. Il sindaco di Mazara del Vallo, Salvatore Quinci, le ha risposto a distanza: “Non so – ha detto – se si poteva fare più presto, ma ritengo che non sia mai mancato il sostegno delle istituzioni. Conte e Di Maio hanno ricevuto i parenti, Mattarella ha fatto sentire la sua presenza. Forse qualcuno del governo sarebbe potuto venire in città durante il periodo della crisi. Ma questo è il momento della festa”.

Ieri, uno dei pescatori, Fabio Giacalone, ha spiegato che il soggiorno a Bengasi non è stato tutto rose e fiori. Anzi. Specie nella prima parte della prigionia, i marittimi hanno dovuto subire parecchie vessazioni: “Gli italiani li hanno infilati tutti in una stanza buia, larga quattro metri per quattro. Subivamo continue umiliazioni e violenze psicologiche. Arrivavano nel cuore della notte e ci urlavano: “Adesso, vi liberiamo”. E invece ci portavano in un’altra prigione. Quattro ne abbiamo cambiate, i tunisini di più. Solo nell’ultimo mese, ci hanno trasferiti in un palazzo, che era un posto più decente”.  Anche il racconto di Piero Marrone, il comandante del Medinea, è tragico: “Ce la siamo fatta addosso per lo spavento – dice all’armatore, Marco Marrone – pensavamo di non farcela. Dentro quelle celle buie ci hanno trattato come se fossimo dei terroristi, umiliazioni su umiliazioni. Adesso, siamo tanto stanchi e abbiamo solo bisogno di tornare a casa”. L’armatore chiede: “Vi facevano mangiare?”. Risponde: “Solo un pasto decente abbiamo fatto, la mattina che è arrivato Conte”. E con i vestiti come vi siete organizzati? “Siamo rimasti con le stesse cose per settimane. Poi qualche detenuto, che era lì chissà per cosa, ci ha dato magliette, mutandine e un pezzo di sapone”.

“Sono lieto del ritorno a casa dei 18 pescatori di Mazara del Vallo. Condivido la posizione dell’ammiraglio Giuseppe De Giorgi, ex capo di Stato Maggiore della Difesa, quando sostiene che è arrivato il tempo che le navi militari italiane tornino a presidiare il Mediterraneo, in numero adeguato e con regole d’ingaggio efficaci, per difendere la nostra marina mercantile e quella peschereccia”. Lo ha detto il presidente dell’Ars, Gianfranco Miccichè.