Per un pomeriggio di dibattito sulla sanità, all’Assemblea regionale, ci sono tempi che solo l’Anatomia patologica a Trapani. Servirà un mese, infatti, per assistere alla seduta richiesta dal Movimento 5 Stelle e calendarizzata solo per la fine di aprile. Quando si presume che l’esperienza di Ferdinando Croce ai vertici dell’Asp avrà preso un indirizzo chiaro (oggi il manager è stato sospeso per due mesi). Sebbene i 5 Stelle diano la colpa a Schifani (“Si nasconde, vuole solo prendere tempo per procrastinare il più possibile, non si sa con quali vantaggi, le risposte sullo sfascio di cui è responsabile il suo governo”), anche il presidente Galvagno non è al riparo da responsabilità dirette. Ad esempio, Galvagno non ha mai dato seguito ala richiesta dei grillini medesimi di organizzare un dibattito sulle sciagure di SeeSicily, finendo per preservare coloro che hanno amministrato il Turismo in questi anni disgraziati.

Fratelli d’Italia, non solo la sua componente turistica, è protagonista della paralisi in cui è piombata la Sicilia. A cominciare dal capitolo sanità. Sulle vicende trapanesi, già da molti giorni, ci sarebbe l’esito di una commissione ispettiva regionale, che ha imputato al Direttore generale dell’Asp responsabilità chiare e dirette, con cui si spiegano i ritardi indecenti nella refertazione delle biopsie. E ci sono i numeri: 206 referti (dei 3.300 arretrati di partenza) sono risultati positivi, e hanno consegnato ai pazienti oncologici un ritardo insopportabile nella diagnosi e nell’avvio dei percorsi di cura. Ma per questi 206 casi nessuno ha pagato e, forse, nessuno pagherà.

Addirittura il manager Croce pensa di farla franca, o comunque di opporsi alla sospensione, perché l’obiettivo dei campioni istologici non rientra fra quelli fissati dal presidente della Regione per procedere alla revoca dell’incarico (a differenza delle generiche ‘liste d’attesa’). Ma è di gran lunga peggiore l’atteggiamento del partito che lo sostiene, che sta scaricando le proprie divisioni interne sulla sanità e sul resto: il commissario Sbardella, anziché ufficializzare una svolta nelle persone e nei metodi, si è accomodato in un angolo, lasciando FdI in mano alle correnti. Quella che fa capo al musumeciano Ruggero Razza ha deciso che Croce deve restare. E’ innocente. L’ex assessore vuole essere consultato da Schifani prima che venga assunta qualsiasi decisione sul futuro del manager (già a capo della segreteria tecnica ai tempi di piazza Ottavio Ziino).

Per Fratelli d’Italia è tutto un immenso scacchiere in cui pesi e contrappesi vanno bilanciati con cura. E’ unico partito che fa muro (e resiste) alle strigliate di Schifani. Alla faccia dei malati di tumore. Per far uscire Croce il partito reclama la guida del Dipartimento Pianificazione strategica, dove l’incarico di Salvatore Iacolino scadrà fra un mese e mezzo circa. Si scalda La Rocca. E neppure la Faraoni è sensibile al richiamo della questione morale. Così rimane tutto fermo in attesa della prossima mossa. Per la verità il risiko della poltrone chiama in causa pure l’Asp di Palermo, rimasta senza Direttore generale da oltre due mesi: ma è chiaro che l’assessore d’ispirazione leghista (o sammartiniana), che sta già colmando il proprio debito di riconoscenza nei confronti di Razza, non potrà assumere una decisione senza prima aver risolto l’arcano che sta a cuore ai patrioti. I quali, altrimenti, finirebbero per contestarne il tempismo o la sostanza dei provvedimenti.

Ovviamente il Ministro Musumeci da Roma osserva con distacco. Rispetto ad altri rappresentanti un po’ scorbutici, se n’è rimasto buono, non ha fatto scoppiare scandali, nessuna procura indaga su di lui. E per questo gode della copertura del partito. Mentre i complici del caso Auteri, di Cannes e di SeeSicily sono stati colti alla sprovvista dal rinculo del commissariamento: il Balilla ha dovuto persino dimettersi dalla vicepresidenza del gruppo a Montecitorio. Mentre nell’Isola ci si continua a muovere con circospezione in attesa che le acque si calmino. Con una sola eccezione: Agrigento.

Nella Capitale della Cultura i quadri dirigenti hanno ringhiato contro l’ex iena La Vardera per “l’aggressione” al povero Lillo Pisano, quello che inneggiava a Hitler e che non avrebbe pagato due ex collaboratrici (una delle quali gli ha pignorato lo stipendio alla Camera). Pensate: Lillo Pisano non è nemmeno di FdI anche se appare indisturbato ai congressi locali e posa al fianco di Sbardella. Da Noi Moderati a Noi Variegati è un attimo. Anche lui, volendo, rientra in quell’enorme faldone della questione morale che il neo commissario non ha ancora preso in esame.

Ce ne sarebbero di cose da valutare, e di discorsi da aprire. Solo che all’Ars il calendario è talmente fitto da non consentire variazioni. Da un anno il M5s chiede un dibattito sulla gestione del turismo: SeeSicily, oltre alla dura reprimenda della Commissione europea (che ha dichiarato oltre 13 milioni di spese “non ammissibili”), ha suscitato le attenzioni della Procura della Corte dei Conti ma anche delle Procure di Siracusa e Palermo sotto il profilo penale. Mentre Cannes, nonostante l’inoltro di una rogatoria in Francia da parte dei magistrati, pare un capitolo chiuso, dimenticato per sempre.

La forza della persuasione patriota sta in queste piccole cose: arrivare in aula e sottoporre i protagonisti incauti di questa stagione al fuoco incrociato delle opposizioni, o della stampa che resiste, significherebbe arrecare fastidio alla premier e ai suoi fedelissimi. Per FdI continua a valere la legge del più forte (e del più arrogante). E’ il primo partito in Italia, gode del vento in poppa, cavalca il diritto dell’impunità. Di fronte a questa potenza di fuoco vale tutto: anche paralizzare l’attività e le scelte del governo, o rinviare sine die quelle dell’Assemblea. Per un dibattito rinviato non è mai morto nessuno.