Al Ministero dell’Innovazione, presieduto da Paola Pisano, c’è un gruppo di 74 esperti che ha trascorso gli ultimi giorni a valutare numerose app per il controllo del contagio, che tutti saremmo tenuti (ma non obbligati) a scaricare per affrontare la fase-2: alla fine ha scelto “Immuni”, il software elaborato dalla società Bending Spoons con sede a Milano. A vidimare la decisione dei 74 esperti, però, c’è voluto un altro professionista: trattasi del commissario straordinario dei dispositivi di sicurezza e il potenziamento delle strutture ospedaliere, o più semplicemente il commissario per l’emergenza, al secolo il dottor Domenico Arcuri. Uno dei primi ad essere nominati dal premier Giuseppe Conte dopo l’esplosione della pandemia. Arcuri ha firmato l’ordinanza con cui dispone la stipula del contratto di cessione gratuita della licenza d’uso sul software e di appalto di servizio gratuito alla società milanese, che avrà l’incarico di aggiornare l’app nei prossimi mesi. Va da sé, che anche la decisione su “Immuni”, adottata dalla task force “Data Drive” e ratificata da Arcuri, ha avuto il placet del governo centrale. Che ha sempre l’ultima parola su tutto, ma ha preferito spalmare in modo orizzontale (e verticistico) qualunque decisione relativa al Coronavirus.
E’ chiaro che questa trafila potrebbe avervi un pochino destabilizzato. Ma è la fotografia fedele di quanto avviene oggi in Italia per prendere una decisione, che poi incide su altre dieci, o altre cento. C’è il governo al di sopra di tutto, ma le conferenze stampa a orari improponibili – spesso di sabato – da parte del premier, sono solo la punta dell’iceberg. Conte, nei mesi, ha strutturato una catena di comando che oggi fatica a comunicare al suo interno. Fior di professionisti che si arrovellano nella ricerca di una soluzione, che è sempre destinata a scontrarsi con quella avanzata da qualcun altro. Il ragionamento investe pure le Regioni, quella siciliana in particolare, ma ci arriveremo fra un po’.
Basta una rapida elencazione per rendersi conto di quanti organismi oggi decidano sulle nostre vite: oltre al commissario per l’emergenza Domenico Arcuri, che gode ovviamente di una struttura di supporto formata da una quarantina di persone, il governo nazionale dispone di altre task force. A partire dal comitato operativo della Protezione Civile, diretto dal commissario Angelo Borrelli, di cui fanno parte 21 componenti: è il principale luogo di coordinamento da cui, ogni giorno, vengono fuori le ultime news su curve, guarigioni e decessi (ma dalla prossima settimana si terranno solo due incontri a settimana con la stampa). Poi c’è il comitato tecnico-scientifico, il “commando” di 12 membri, che fin dall’inizio di questa triste storia ha affiancato il premier Conte e il ministro della Salute, Roberto Speranza: l’obiettivo è fornire le strategie di contenimento del virus, i protocolli sanitari e gli screening epidemiologici, specie in questa transizione dalla fase-1 alla fase-2. Ne fa parte anche Silvio Brusaferro, il presidente dell’Istituto Superiore di Sanità. E’ chiaro che da qui in avanti, con un contagio pressoché rallentato, il Cts sarà sempre meno in copertina.
I titoloni dei giornali, infatti, già da qualche giorno spettano a una nuova task force: la cosiddetta “commissione ricostruzione”, formata da 17 membri e affidata alle cure dell’ex amministratore delegato di Vodafone, Vittorio Colao. Spetta alla task force “Fase 2” (è questo il nome di battesimo) stilare un cronoprogramma per la riapertura delle attività produttive in tutto il Paese. Sono questi gli esperti a cui Conte ha affidato il traghettamento – lento e cauto – verso la normalità. In questa commissione ci sono tanti manager, burocrati e assistenti sociali di successo, ma nessun imprenditore. Il Pd è riuscito a piazzarci l’ex Ministro del Lavoro (del governo Letta), nonché ex presidente dell’Istat, Enrico Giovannini. Non è finita qui: nel novero di Roma ci sono pure una task force per la scuola (lavora sulla didattica a distanza), quella del Ministero della Salute e del Ministero della Giustizia. Se ne contano in totale una quindicina con oltre 450 esperti (la stima è del Sole 24 Ore).
Ma poi ci sono le Regioni. Per tenere i fili con i governatori, che con la gestione dell’emergenza fanno storia a sé (Musumeci ha fretta di riaprire, mentre il campano Vincenzo De Luca minaccia di chiudere), Conte ha allestito una cabina di regia di cui fanno parte, oltre al Ministro per gli Affari Regionali Francesco Boccia e al Ministro per la Salute, Roberto Speranza, anche i rappresentanti di Anci (il sindaco di Bari, Antonio Decaro, e il suo vice, sindaco di Valdengo, Roberto Pella) e il presidente dell’Unione delle province, Michele De Pascale. Ma soprattutto tre presidenti di Regione, in rappresentanza di tutti gli altri: il lombardo Attilio Fontana (Lega), l’emiliano Stefano Bonaccini (centrosinistra) e il siciliano Nello Musumeci (centrodestra). Una divisione per territori – Nord, Centro e Sud – che fa il paio con la diversa estrazione politica di ognuno. E’ questa cabina di regia a fungere da “sfogatoio” e a raggruppare la percezione della crisi regione per regione. E’ a quest’indirizzo che ieri sono state depositate le aspettative di Musumeci, che vorrebbe interrompere il lockdown entro il 3 maggio, e i timori di Fontana.
Anche all’interno delle Regioni, ovviamente, c’è chi decide per noi. Musumeci, come Conte a livello centrale, è il vertice della piramide, quello che va in tv e presiede le riunioni. I suoi assessori sono perfettamente allineati al “pensiero unico”. Ma c’è qualcuno che lavora nel sottobosco. Si tratta del comitato tecnico-scientifico della Regione, istituito il 14 marzo e diretto dall’ex manager dell’Asp di Palermo, il 55enne Antonio Candela. Punta di diamante di una formazione che schiera 14 saggi: innanzi tutto il dirigente generale del dipartimento Pianificazione strategica, Mario La Rocca, il dirigente generale del dipartimento Attività sanitarie e Osservatorio epidemiologico, Maria Letizia Di Liberti, e il dirigente generale del dipartimento della Protezione civile, Calogero Foti. Ed ancora, i medici Luigi Aprea (igiene e sanità pubblica); Bruno Cacopardo (malattie infettive e tropicali); Salvatore Corrao (medicina interna); Francesco Dieli (immunologia); Agostino Massimo Geraci (medicina e chirurgia di accettazione e urgenza); Antonio Giarratano (rianimazione e terapia intensiva); Gioé Santi Mauro (rianimazione e terapia Intensiva); Cristoforo Pomara (medicina legale); Nicola Scichilone (pneumologia); Stefania Stefani (microbiologia); Francesco Vitale (virologia). Sarà compito della struttura “adottare tutti gli atti di esecuzione degli indirizzi di programmazione sanitaria e di osservazione epidemiologica individuati dall’assessore per la Salute”. Sarà compito di Candela relazionare direttamente ai superiori.
Anche in Sicilia, però, si è pensato alla fase-2. E qualche giorno fa, con una delibera di giunta passata un po’ in sordina, è stata nominata una task force “per coordinare le misure finanziarie ed economiche necessarie a fronteggiare l’attuale crisi provocata dall’emergenza Coronavirus”. Il team, costituito con un decreto dell’assessore all’Economia Gaetano Armao, è formato dal ragioniere generale della Regione, Giovanni Bologna, dai dirigenti generali dei dipartimenti Finanze, Programmazione e Attività produttive e dalle Autorità di gestione dei Fondi europei e nazionali e dall’Autorità regionale dell’innovazione tecnologica, oltre che dal capo di Gabinetto vicario di Musumeci, Eugenio Ceglia. A coordinare la struttura – alla quale non spetterà nessun compenso – sarà Benedetto Mineo, già capo dell’Agenzia delle dogane e ai vertici di Equitalia (e in corsa per dirigere il dipartimento Finanze). Il dirigente regionale, ai vertici della burocrazia con il governo Cuffaro, avrà il compito di pianificare e monitorare lo stato degli interventi e rendicontare al governo, avvalendosi delle strutture tecniche regionali e dell’assistenza tecnica sui fondi disponibili nei vari dipartimenti. Sarà questo gruppo, in attesa di una Finanziaria, a coordinare le iniziative sul fronte economico per garantire all’Isola un futuro. Oggi, sempre più precario.