I naufragi della Regione

Da sinistra, l'ex assessore all'Economia, Gaetano Armao, e l'ex presidente della Regione siciliana, Nello Musumeci

Non c’è materia più attuale dell’emergenza. Basta dare un’occhiata alle ultime sedute d’aula, all’Ars, per cogliere la stasi che attanaglia la politica siciliana. Impegnata su un solo fronte, quello del Covid, mentre il resto appassisce. E mentre in commissione continuano a sfilare tutti gli assessori – in primis quello alla Salute, Ruggero Razza, per riferire dell’evoluzione della pandemia nell’Isola – l’ultima riforma approvata risale ad agosto: prima delle vacanze estive. Si tratta della nuova legge Urbanistica, che solo per il fatto di rimpiazzare la norma approvata 42 anni prima, con Piersanti Mattarella, venne salutata da tutti come uno “straordinario risultato”. Tant’è che ottenne il voto compatto di Sala d’Ercole, con l’unica eccezione del Pd che si astenne. Ancora oggi, però, è bloccata nei gangli di Palazzo Chigi, che l’ha impugnata con riserva.

“Siamo di fronte all’unica, presunta, riforma varata dall’iperattivo governo Musumeci che ad oggi ha prodotto solo disastri – è stato il commento di Anthony Barbagallo, segretario regionale del Partito Democratico –. Sono infatti una decina gli articoli della legge urbanistica impugnati dal Governo nazionale per i quali è stato annunciato un provvedimento correttivo di cui ancora oggi non vi è alcuna traccia”. Qualora l’Ars dovesse sistemare la questione sulla valenza paesaggistica – che secondo il Consiglio dei Ministri sfora le competenze della Regione – allora Roma ritirerà l’impugnativa. Ma serve prima il via libera del Parlamento regionale.

Come? Con una legge ad hoc, ovviamente… I realtà non si tratta di un Ddl autonomo, bensì di un emendamento che verrà presentato nell’ambito di un’altra riforma epocale, in materia edilizia, che ormai si trascina da settimane. E’ sempre all’ordine del giorno, ma la discussione generale non parte. Il perché è presto detto: sulla riforma pendono come una tagliola circa 200 emendamenti. Nel corso della penultima seduta all’Ars, Micciché ha proposto ai partiti di spicciarsi. Ha rinviato la legge in quarta commissione affinché si intervenga sulle norme ostative o doppioni, che rappresentano fin qui un ostacolo insormontabile. Tornerà in aula con una veste più snella. Ma non è detto che possa vedere la luce prima di Natale. L’impegno è quello di iniziarne a parlare fra una decina di giorni.

Visti i tempi con cui procedono i lavori in Assemblea, però, c’è poco da stare allegri. Anche perché il governo di idee ne ha poche, e quelle stesse confuse. Ecco perché, giovedì scorso, la discussione sul disegno di legge per fissare i prossimi turni elettorali (non solo delle Amministrative, ma anche delle elezioni di secondo grado dei Liberi consorzi), di cui si è ampiamente discusso in prima commissione pochi minuti prima della censura a Razza (tanto era urgente), è stata ulteriormente rinviata. Poi c’è anche un altro disegno di legge, per l’istituzione del comune di Misiliscemi, che è ferma dall’estate. Mentre della legge sui rifiuti, che ha visto consumare il primo passaggio in aula più di un anno fa – con la bocciatura dell’art.1 da parte dei “franchi tiratori” – si sono perse le tracce. Doveva essere una riforma epocale, tanto che Musumeci si imbestialì di fronte al tentativo (riuscito) delle opposizioni di boicottarla. Ma dallo sfogo di novembre 2019, e dalla “minaccia” di non tornare in aula fino all’abolizione del voto segreto, ne è passata di acqua sotto i ponti: e mentre il governo in aula c’è tornato eccome (un paio di volte per sventare le mozioni di censura contro Scavone e Razza, altre per discutere di sanità e di economia) i rifiuti sono diventati un tabù. Archiviati per sempre?

L’unica mossa del governo, dopo la stroncatura del Ministero dell’Ambiente e 15 mesi d’attesa, è stata l’approvazione di un piano dei rifiuti, che ha ottenuto il via libera dalla commissione Via-Vas dell’assessorato al Territorio e adesso dovrà essere adottata dalla giunta (dopo un parere della commissione Ambiente). Ma la legge è sparita da tutti gli ordini del giorno. Anche se i numeri, adesso, il governo li avrebbe. La discussione, però, slitterà quasi certamente in primavera, dato che nel prossimo gennaio l’unica ambizione di Musumeci & friends, oltre a battagliare con il Covid e allestire posti-letto, sarà quella di approvare un’altra Finanziaria. Stavolta non di guerra, ma “snella e sobria”. Le leggi di Bilancio andrebbero chiuse prima di fine anno, per evitare il ricorso all’esercizio provvisorio e alla spesa in dodicesimi. Ma anche stavolta, come nelle passate edizioni, Armao non ce la farà. “Per la prima volta, a dimostrazione dell’assoluta improvvisazione che impera nell’esecutivo, all’Ars non è ancora arrivato il giudizio di parifica della Corte dei Conti e non c’è alcuna traccia della Finanziaria”, ha detto il solito Barbagallo, spina nel fianco dell’esecutivo.

Anche Musumeci ha ammesso il ritardo e spiegato che la magistratura contabile si esprimerà sui conti entro dicembre. Poi ha messo le mani avanti: ci sarà almeno un mese di esercizio provvisorio, con la spesa parzialmente bloccata. Se tutto andrà come deve – ma in Sicilia è una speranzella – la Finanziaria potrà essere approvata all’inizio del 2021, per entrare a regime da febbraio. Quando, si spera, buona parte delle risorse extraregionale stanziate nell’ultima Legge di Stabilità (risalente a maggio 2020) saranno state riprogrammate. Manco spese… Riprogrammate! L’ultima proposta inoltrata al Cipe – per 1,2 miliardi complessivi – è di poche settimane fa. Gli unici soldi ad avere il via libera della commissione europea e del Comitato di Sorveglianza, finora, sono i 400 milioni a valere sul Po-Fesr. Si tratta di fondi comunitari, utilizzati in funzione anti-pandemia.

Di questa primo tesoretto, gli unici soldi realmente erogati sono quelli dell’assistenza alimentare (30 dei 100 milioni promessi) e del Bonus Sicilia, dopo il clamoroso intoppo del click day che ha determinato due mesi pieni di ritardo. Proprio qualche giorno fa l’assessore Armao – che con l’Arit (l’agenzia per l’innovazione tecnologica) è stato complice del disastro – ha avuto la faccia di esultare: “La Ragioneria centrale dell’assessorato alle Attività produttive – ha scritto il 1° dicembre in una nota – ha definito le erogazioni relative al ‘Bonus Sicilia’: sono stati individuati 57.960 beneficiari e fino a ieri erano già stati liquidati 55.048 bonus”. Peccato che i prestiti a fondo perduto inizialmente previsti – da 5 a 35 mila euro a impresa – si sono rivelati una mancetta: 2 mila euro a beneficiario. “Ringrazio i funzionari ed i dirigenti delle Ragionerie presso i vari assessorati che stanno compiendo un grande sforzo – ha aggiunto Armao – Abbiamo la consapevolezza che è un momento drammatico per la nostra comunità e per questo abbiamo prorogato la chiusura della cassa, che normalmente avveniva il 18 dicembre, fino al 28 dicembre: ciò significa che fino ad allora potremo erogare le somme”.

La Sicilia uscirà, comunque, a pezzi da questo 2020: le ultime stime del Diste Consulting, un centro di ricerche economiche, parlano di un crollo del Pil del -12,5%, pari a 11,7 miliardi di produzione “bruciati”. E non c’è troppo ottimismo sul nuovo anno, quando il rimbalzo dell’economia sarà meno frizzante che in altre regioni d’Italia. Non ci sono ristori che tengano. Più di qualsiasi altra cosa, servirebbe la buona politica: capace di eliminare gli sprechi, convertire la burocrazia e far ripartire la spesa.

Paolo Mandarà :Giovane siciliano di ampie speranze

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