La campagna vaccinale non ingrana. Nell’ultima ordinanza di Musumeci, che ripristina la mascherina all’aperto in 55 comuni siciliani, c’è un passaggio che prevede, da parte delle Asp competente per territorio, assieme ai sindaci, il Distretto sanitario e la rappresentanza dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta, la promozione di “un tavolo tecnico per raggiungere, nel territorio comunale, il target del 70 per cento di vaccinati in prima dose. L’Asp – si legge nella nota di palazzo d’Orleans – potrà compiere tutti gli atti necessari a reperire personale amministrativo e medico necessario per attivare la vaccinazione decentrata e a domicilio”.

La campagna di prossimità, al netto di qualche iniziativa sporadica (nei musei o con gli aperitivi) fatica ad ottenere i risultati sperati. Ed è sempre più difficile, ad esempio, scovare gli over-80 e i soggetti fragili che non hanno ricevuto alcuna dose. I medici di famiglia, che costituiscono il fil rouge coi pazienti più anziani, sono rimasti fuori dai giochi, nonostante l’accordo firmato lo scorso 8 marzo. Non solo: il presidente della Regione, più volte, ha rovesciato la responsabilità sulle loro teste: “Confidavamo molto – ha spiegato a Sky, qualche settimana fa – sui medici di famiglia, e ne parlo veramente con amarezza e schiettezza perché il medico di famiglia conosce i propri pazienti e sa benissimo come la pensano: può andare a cercarli fino a casa, può convincerli della necessità di fare il vaccino. C’è stato un impegno di una minoranza dei medici di famiglia, che voglio davvero ringraziare, ma debbo dire che la mobilitazione che tutti ci aspettavamo da parte della medicina di base non c’è stata: qualcuno non ha avvertito la responsabilità etica di fare il proprio dovere”.

Parole al vetriolo a cui Luigi Galvano, segretario regionale della Federazione dei Medici di medicina generale, ha risposto nei giorni scorsi con una missiva lunga e articolata, in cui i medici denunciano di sentirsi abbandonati e “posti alla fine della filiera organizzativa, fuori da molti centri vaccinali e dalle unità domiciliari, come ultimi a coprire qualche posto nei centri vaccinali già occupati dai dipendenti o addirittura respinti dall’hub Fiera di Palermo”. Ma anche quelli che avevano scelto di vaccinare nei propri studi sarebbero stati “trattati come servi della gleba – continua il documento – costretti a spostamenti anche di 30 o 40 chilometri per ritirare il vaccino, con ore di attesa e spesso rimandati indietro senza dosi, il tutto con i tempi ristretti per rispettare la catena del freddo. È del tutto evidente che in queste condizioni anziché aumentare le adesioni dei medici, come era previsto, tutto si è arrestato e se non si sono verificate molte rinunce è stato grazie al rapporto fiduciario dei medici con i loro assistiti. La Regione colpevolmente non si è fatta sentire e non ci ha più convocati”.

Ma c’è anche un’altra faccia della medaglia: i farmacisti. Anche loro avrebbero dovuto somministrare il vaccino. Dopo l’accordo quadro nazionale della scorsa primavera, in Sicilia la convenzione è stata firmata solo il 15 luglio. Ma da allora non è mai diventata operativa. Potrebbero volerci altri quindici giorni. Come racconta il Giornale di Sicilia, infatti, il segretario nazionale di Federfarma, Roberto Tobia, incontrerà oggi i responsabili delle Asp siciliane per chiudere i dettagli dell’operazione. “Durante il confronto con le aziende sanitarie – conferma il segretario regionale di Federfarma Sicilia, Gioacchino Nicolosi – abbiamo trovato qualche difficoltà sui requisiti che devono possedere le farmacie per aderire alla campagna ma adesso stiamo definendo anche questo aspetto”.

Uno degli obblighi dell’accordo prevede che “le farmacie effettueranno l’inoculo dei vaccini in area dedicata, distinta da tutti gli ambienti fruibili al pubblico, con sufficiente ricambio d’aria e con superficie facilmente sanificabile”. A luglio erano stati superati i problemi di inserimento delle prenotazioni sulla piattaforma delle Poste e di organizzazione per il trasporto dei vaccini. Prima di arrivare nelle farmacie le dosi devono essere etichettate con un nuovo codice nel quale è inserita anche la data di scongelamento: si tratta di precise regole di conservazione a tutela dei cittadini per le quali è stato stilato un rigoroso protocollo che ha comportato alcuni ritardi. Per essere abilitati alla vaccinazione i farmacisti hanno seguito un corso online di 8 ore erogato dall’Istituto superiore di sanità, a cui è seguito un affiancamento gratuito nei centri vaccinali dell’Isola. Il prezzo per ogni dose somministrata in farmacia è di dodici euro, di cui sei come remunerazione aggiuntiva per le spese di trasporto delle fiale, per la gestione delle prenotazioni, per il personale e tutti gli strumenti (a partire dai pc necessari alla registrazione dei cittadini fino alla sanificazione, allo smaltimento dei rifiuti e perfino all’acquisto dei dispositivi di protezione, del cotone idrofilo e delle siringhe).

Qualche giorno fa l’assessore Razza ha confermato le buone intenzioni della Regione per incrementare la campagna vaccinale, anche se fin qui i risultati sono modesti: “All’inizio siamo stati tra i primi, adesso dobbiamo lavorare a convincere gli indecisi. Temo sia venuta meno la paura e i siciliani non hanno avuto lo stesso devastante impatto che c’è stato in altre regioni. Sul piano organizzativo – ha però affermato a Repubblica – non mi pare ci siano grandi rimproveri da fare: abbiamo scelto la piattaforma di prenotazione prima di tutti, abbiamo aperto hub e sedi vaccinali, abbiamo recuperato il gap con le vaccinazioni domiciliari, abbiamo coinvolto i medici di famiglia. Promuoverò un ulteriore tavolo con tutti i professionisti della sanità”.

Micicché: “Anche i pediatri vanno coinvolti”

“È assolutamente indispensabile valorizzare il ruolo e la prossimità, con i cittadini, dei pediatri di libera scelta. Senza il loro appoggio non potremo superare velocemente questa pandemia e perderemo l’ennesima occasione per rendere più forte il sistema delle cure primarie territoriali, innovando la sanità pubblica”. Così il presidente dell’Assemblea regionale siciliana, Gianfranco Miccichè, commenta la lettera dei pediatri di libera scelta in cui i medici esprimono il loro disagio professionale perché tenuti ai margini di un sistema sanitario regionale che chiede prontezza, competenza, ma senza alcun sostegno. “I pediatri – sottolinea Miccichè – si stanno prodigando in questa drammatica emergenza sanitaria e farli sentire ai margini è un danno importante per il futuro della sanità pubblica e nel rapporto con le famiglie”.