La corte d’appello di Palermo che celebra il processo di secondo grado sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia – ieri è stato assolto dall’accusa di minaccia al corpo dello Stato l’ex ministro Calogero Mannino – ha ammesso la richiesta dei legali dell’imputato Marcello Dell’Utri, di citare a deporre l’ex premier Silvio Berlusconi. Il leader di Forza Italia sarà sentito il 3 ottobre e dovrà riferire su “quanto sa a proposito delle minacce mafiose subite dal governo da lui presieduto nel 1994 mentre era premier”, hanno stabilito i giudici della Corte d’appello nell’ordinanza con cui dispongono la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale.
La richiesta di citare a deporre l’ex premier è stata fatta dall’avvocato Francesco Centonze, legale di dell’Utri, ex senatore di Fi condannato in primo grado a 12 anni. Berlusconi che le motivazioni del primo verdetto dipingono come vittima della minaccia stragista rivolta da Cosa nostra allo Stato, per il tramite di Dell’Utri, non è mai stato sentito in aula, né in fase d’indagine. Una circostanza che, secondo il legale, andrebbe sanata essendo l’esame di Berlusconi “una logica conseguenza dalla qualifica di persona offesa attribuita al medesimo nella sentenza impugnata in quanto destinatario finale della ‘pressione o dei tentativi di pressione’ di Cosa nostra”. La Corte – scrive l’avvocato – “con doti divinatorie, prima profetizza che Silvio Berlusconi, se chiamato a deporre si sarebbe certamente avvalso della facoltà di non rispondere e, poi, deduce da questo dato futuribile e privo di qualsiasi aggancio nell’istruttoria la superfluità e comunque la non assoluta necessità della sua testimonianza”. “Si tratta evidentemente di argomentazioni prive di qualsiasi rilevanza rispetto ai presupposti di attivazione del potere-dovere del giudice di disporre un’integrazione probatoria – spiega – che, giova ribadirlo, ha lo scopo fondamentale di assicurare la ‘completezza dell’accertamento probatorio’ e ‘evitare che si pervenga a condanne ingiuste'”.