Il “consigliere della porta accanto” è (ri)diventato grande. Renato Schifani ha affidato a Gaetano Armao, suo rivale alle ultime Regionali, la guida della Commissione tecnico scientifica (Cts) da cui passano tutte le autorizzazioni legate all’ambiente in ambito regionale. L’ex assessore all’Economia, che solo di recente aveva assistito all’ennesima bocciatura da parte della Corte Costituzionale (alle variazioni di bilancio approvate nel 2020, sotto la sua reggenza) ed è stato rinviato a giudizio a Catania nell’ambito del processo Interporti, continua a conquistare posizioni nel cuore del governatore. Dopo esserne diventato l’esperto in materia di fondi extraregionali – con la missione di curare i rapporti a Roma e in Europa per 60 mila euro l’anno – ecco l’upgrade.
Armao avrà a che fare con una commissione che, nella prima parte di questa legislatura, era stata al centro del clamoroso litigio fra Schifani e il prof. Aurelio Angelini, nominato dal governo Musumeci e reo di intralciare gli iter autorizzativi per la costruzione degli impianti (specie quelli del fotovoltaico). Armao dovrà quindi occuparsi di snellimento amministrativo anche se, considerata la mole di sentenze sfavorevoli accumulate in questi anni (in primis dalla Corte dei Conti), la sua esperienza burrascosa mal si concilia con le aspettative di tecnici e imprenditori. Alla commissione che andrà a presiedere competono attività istruttorie, pareri tecnico-consultivi e tecnico-giuridici in tema di provvedimenti ambientali, allo scopo di ottenere uno snellimento dei tempi autorizzativi. Ce la farà?
Ad ogni modo ha prevalso la logica camaleontica dell’avvocato palermitano: fino a ieri cerimoniere di Calenda per le sue discese in Sicilia, come omaggio al Terzo Polo che l’aveva accolto e candidato (persino al Senato, dove ha mancato il seggio); da oggi cavallo di ritorno del centrodestra, senza aver fatto nulla per meritarselo. In questo Schifani è come Musumeci: stravede per Armao e per la sua abilità di incamerare posizioni di potere senza un solo voto all’attivo. Per dirigere la Cts non ne servivano, in effetti. E’ bastato un curriculum politico di sonore legnate per convincere il presidente della Regione che era l’uomo giusto al momento giusto. Evviva la continuità!