Da un lato c’è Galvagno che lo blandisce, dall’altro Tamajo che lo sfida. Forse Renato Schifani avrebbe creduto il contrario, ma tant’è. L’allievo prediletto di Ignazio La Russa, massimo esponente di Fratelli d’Italia in Sicilia, s’è detto pronto a concedere al governatore il bis a Palazzo d’Orleans: “Renato, io non ci penso nemmeno a correre se tu vuoi ricandidarti”, gli avrebbe sussurrato a margine dell’appuntamento milanese della Bit, dove i due presidenti si sono fatti fotografare insieme, festanti e complici. L’altro, invece, gli ordisce le trame da Mondello, dove si continua a discutere del rinnovo (per il terzo mandato) di Carmelo Frittitta come dirigente generale del dipartimento alle Attività Produttive.
Il passo avanti di Schifani, che per la prima volta si è lasciato andare di fronte alla possibilità del bis, è stato accolto con umori contrastanti dai due pretendenti alla sua successione. Galvagno – raccontano i retroscena de ‘La Sicilia’ – vorrebbe rifare il presidente dell’Ars, e in effetti FdI non ha altri profili spendibili, al momento, per rimpiazzare Schifani. Pertanto si è giunti a un accordo di non belligeranza, sempre che le condizioni, da qui al 2032, non cambino: Renato può rimanere a palazzo d’Orleans e si farà garante di un patto generazionale che, fra sette anni, lo porterà a una staffetta. Galvagno nel frattempo potrebbe rimanere ai vertici dell’Ars – ma ci sono più variabili: oltre che nelle urne bisognerà vincere in parlamento – dove sta coltivando la passione per la cultura. Alla Bit, infatti, ha riportato la Fondazione Federico II a 18 anni dall’ultima volta.
Non sono rare le occasioni in cui il patriota, quasi 40 anni, mostra la propria vicinanza a quello che potrebbe essere suo padre (guardando l’età anagrafica). Non sono mancati gli scatti complici al capodanno di Catania, alla festa di Sant’Agata, in occasione dei numerosi cerimoniali con il presidente Mattarella e all’apertura dell’anno giudiziario. O Galvagno è un attore consumato, o sta davvero considerando l’ipotesi di un altro quinquennio in ghiaccio, sempre che l’incarico da presidente dell’Ars possa essere considerato di rango inferiore. Schifani potrebbe far leva sull’apprezzamento di La Russa e, pare, anche di Meloni, per blindarsi. Ne è prova un altro pranzo milanese, distensivo questa volta, con Manlio Messina: che avrà perso qualche posizione a seguito dell’affaire Auteri, ma resta vicecapogruppo di FdI alla Camera dei Deputati e principale esponente della corrente turistica di Fratelli d’Italia.
Insomma Schifani ha scelto di rifugiarsi a destra, laddove Tamajo ha provato a fare terra bruciata. Il suo appello di qualche giorno fa, ispirato al centrismo (e alla centralità) di Forza Italia è un segnale in controtendenza rispetto agli ultimi movimenti di Schifani. Che, ribaltando la tesi, potrebbero essere una reazione al movimentismo di Edy. L’assessore alle Attività produttive, qualche giorno addietro, non è stato invitato al pranzo di Mondello – in casa sua – in cui il governatore ha rivisto alcuni amici malpancisti: da Marco Falcone a Tommaso Calderone, passando per l’agrigentino Riccardo Gallo. Non solo: Tamajo è uno dei più impertinenti nel perorare la causa del direttore generale del suo dipartimento, Carmelo Frittitta, che invece Schifani vorrebbe rimuovere.
Non per eventuali demeriti, ma perché esistono delle direttive anti-corruzione dell’Anac che prevedono, al termine dei cinque anni, un turnover dei burocrati nelle posizioni apicali. E Frittitta ha già ricoperto questo incarico per due mandati. Dopo aver fatto resistenza da sé, Tamajo in questa crociata ha trovato l’appoggio di alcune organizzazioni di categoria, il cui intervento ha prodotto più danni che altro. Ecco il messaggio delle associazioni artigiane: “In questa partita, nonostante conosciamo bene quanto previsto dall’Anac e la necessità del governatore di applicare la legge, crediamo che debba essere prioritario l’interesse delle imprese. Con un cambio di dirigente, in questo momento, l’assessorato alle Attività produttive corre il rischio di rallentare. E non sarebbe un bene per la tenuta economica delle nostre aziende”. Insomma, o Frittitta o morte.
Ma Schifani, nel corso dei primi due anni e mezzo di legislatura, ha dimostrato che nessuno è insostituibile. Di recente ha chiesto la revoca del direttore generale del Cas, Calogero Franco Fazio, a seguito di alcune dichiarazioni avventate sul Ponte sullo Stretto; ha commissariato il Dipartimento Acqua e Rifiuti, e il suo dirigente Arturo Vallone, per la scarsa efficienza dimostrata sulla diga Trinità; ha cambiato gli assessori ai vertici dell’Economia e della Sanità senza far toccare palla ai partiti (nemmeno al suo: Forza Italia). Resistere a oltranza per garantire il rispetto della legge – anche a costo di toccare la “continuità amministrativa” – non dovrebbe essere un grosso problema. Anche se raccogliere i cocci di questa insolenza proveniente da Mondello richiederà uno spirito di oblio che la politica non sempre ammette. “Tamajo? Per quanto riguarda la valutazione sul ruolo politico lui non nasce dentro Forza Italia. Non è che io possa dare brevetti di primogenitura – ha sostenuto Schifani – ma è evidente che non nascendo in Forza Italia, contrariamente al sottoscritto che ne è uno dei fondatori, può avere anche visioni forse leggermente diverse”. Insomma, la strada dei due si sta lentamente ma inesorabilmente separando.
Nella classifica di gradimento Edy sta perdendo quota. Schifani non aveva apprezzato i messaggini agli amici, qualche mese fa, per preparare la successione a palazzo d’Orleans; e guarda con circospezione (e qualche riserva) l’attività di Totò Cardinale, spirito guida di Tamajo, che tesse la tela per gli anni a venire. L’assessore alle Attività produttive ha sviluppato una potenza di fuoco nel Palermitano, ha fortificato i rapporti con le imprese a suon di bandi e piccioli, non ha mai chiuso per davvero la campagna elettorale (specie dopo la rinuncia a Bruxelles per amor di partito). E’ il più cinico – politicamente parlando – della compagnia e se lo può anche permettere, considerato il numero delle preferenze ottenute alle Europee. Ecco perché – fra Edy e Gaetano – Schifani ha già deciso con chi stare. E a chi tarpare le ali, prima che la situazione precipiti.