Ricevere assistenza, da che mondo è mondo, è molto più facile che lavorare. Da qualche giorno è partita la grande corsa al reddito di emergenza, una delle misure messe a disposizione dal governo nazionale per tamponare gli effetti della crisi da Covid: si stima che il 60% delle richieste proverranno dal Sud, e che l’assegno medio per le famiglie beneficiarie sforerà le 550 euro. Un sussidio in piena regola, ma con una causale ben precisa: il Coronavirus. Potranno richiederlo i nuclei con un Isee inferiore a 15 mila euro, e ci sarà tempo fino al 30 giugno. E’ quanto di più vicino al reddito di cittadinanza, che però è stato erogato dallo Stato in un momento di apparente “normalità”. Cioè a partire dallo scorso anno, quando il governo Lega-Movimento 5 Stelle decise di sovvenzionare i “divanisti” con un assegno fisso, fino a 780 euro al mese, per alleviare le sofferenze della vita. Alimentando, però, la pratica dell’assistenzialismo, che oggi rappresenta la salvezza per centinaia di migliaia di italiani, passati, in poco tempo, da ultimi della lista a primi della classe.
Più che una salvezza, una vera e propria manna dal cielo – un miracolo, addirittura – considerando le difficoltà attuali del mondo del lavoro e dell’occupazione. Nel mese di aprile, l’Inps ha autorizzato 772 milioni di ore di cassa integrazione (rispetto ai 25 dell’anno prima), di cui 47 di Cig in deroga, ossia lo strumento che numerose piccole e medie imprese, prive di altri ammortizzatori sociali, hanno utilizzato per venire incontro alla sospensione o alla riduzione delle proprie attività. Basti pensare alla Sicilia. Alla Regione, negli ultimi due mesi, sono giunte le richieste di 40 mila aziende, per una platea di quasi 150 mila lavoratori. Ad oggi, dopo i noti fatti di cronaca che hanno portato alle dimissioni del direttore generale del Dipartimento al Lavoro, e al tentativo goffo di Musumeci e Scavone di giustificarsi rispetto ai ritardi imbarazzanti, sono state evase dall’Inps 27 mila pratiche. Ma la notizia più sconcertante è che i soldi stanno finendo: finora, quando mancano 12 mila istruttorie, sono stati “bruciati” 95 milioni. Quelli riservati dallo Stato, almeno per questa prima tranche, erano 108.
I numeri, da soli, ci sbattono in faccia una realtà completamente stravolta rispetto a un anno fa, quando l’unica preoccupazione di Anpal servizi, la società che opera per conto del Ministero del Lavoro, era organizzare un concorsone per l’assunzione dei navigator. Cioè le figure che avrebbero fatto da cerniera fra i potenziali percettori del reddito di cittadinanza e il mondo del lavoro, che già allora – almeno in Sicilia – non evidenziava tutta ‘sta gran voglia di assumere. Le bacheche degli annunci sono sempre state molto smilze, anche se qualche giorno fa, il direttore di Anpal, Mimmo Parisi, ha rivelato che la fase due del Rdc procede a meraviglia: ad oggi sono state 39 mila le persone che hanno trovato lavoro dopo aver ottenuto la card gialla, con un balzo in avanti di circa 11 mila unità rispetto al 10 dicembre 2019 (+38,2%). I percettori del sussidio sono oltre un milione, anche se i Centri per l’Impiego hanno provveduto a sottoscrivere un Patto per il lavoro con poco più della metà di essi (529 mila). Gli altri restano in attesa di convocazione.
“Questi dati – ha detto Parisi – dimostrano che la fase 2 del reddito di cittadinanza è più che partita”. Anche se la percentuale di “impiegati reali” è risibile. Ecco che nelle regioni qualcosa comincia a muoversi. Dopo aver spazzato via l’ipotesi di impiegare i beneficiari del sussidio nei campi per la raccolta di frutta e ortaggi – una proposta che, in corso d’opera, è stata modificata con la decisione del ministro Bellanova di regolarizzare i migranti – la Liguria ha ipotizzato un nuovo scenario: utilizzare la forza lavoro dei “divanisti” nelle spiagge libere. L’estate si presenta tosta sotto il profilo organizzativo. E mentre negli stabilimenti balneari saranno i privati a farsi carico della gestione degli spazi, del distanziamento sociale e dell’igienizzazione di sdraio e ombrelloni, sulle spiagge del demanio, la competenza sarà dei Comuni. E i Comuni, in Liguria come in Sicilia, non sembrano avere le carte in regola per garantire un accesso contingentato agli arenili, o per impedire che flotte di bambini si riversino tutti insieme sul bagnasciuga per sperimentare l’ultima pistola ad acqua.
Da qui l’ipotesi, da parte di Anci Liguria (l’associazione dei sindaci), di impiegare i percettori del reddito minimo nelle funzioni di steward, e magari di supporto all’attività dei vigili urbani, primi controllori di quel che accade sul bagnasciuga. La proposta è stata inserita nelle Linee Guida che ora toccherà ai singoli comuni recepire. Il governatore Giovanni Toti, di pensiero molto affine al nostro Musumeci, e ipotetico alleato nel futuro prossimo, ha subito condiviso il metodo e la sostanza: “Se chi prende il reddito di cittadinanza si rende utile, non fa male né a se stesso né al Paese – ha detto con lucidità l’ex delfino di Berlusconi – Vale per gli steward che controlleranno gli accessi nelle spiagge libere così come per la raccolta agricola in campagna”. Toti ha poi invitato i comuni ad aderire, anche perché si tratta di “persone che hanno un reddito pagato con le tasse degli italiani e quindi è giusto che quando c’è bisogno, come i lavori socialmente utili, si rendano utili”.
Il discorso non fa una grinza, tanto che nell’Isola – la seconda regione d’Italia per numero di beneficiari – persino il Movimento 5 Stelle s’è detto d’accordo: “Come la Liguria, anche la Sicilia ha l’opportunità di impiegare i percettori del reddito di cittadinanza come steward nelle spiagge già da questa estate – hanno dichiarato i parlamentari nazionali Roberta Alaimo, Valentina D’Orso e Adriano Varrica -. L’Anci ha stilato delle linee guida per i Comuni, ora manca solo per il presidente della Regione siciliana e per i sindaci che invitiamo a recepire la proposta sostenuta dal Movimento 5 Stelle e condivisa da molte associazioni di categoria. Ci rivolgiamo quindi principalmente a Nello Musumeci e ai sindaci Leoluca Orlando (Palermo), Salvo Pogliese (Catania), Cateno De Luca (Messina) e tutti gli altri sindaci siciliani. In questa delicata fase post emergenza Coronavirus può essere utile alla cittadinanza impiegare i beneficiari del reddito di cittadinanza anche per attività di controllo nel territorio di ville e giardini dei nostri comuni, per disciplinare ingressi e distanziamento”.
Questa è un’esigenza dettata dal buonsenso e ispirata da un corretto principio di “giustizia sociale”, che permetterebbe – in parte – di mettere una pezza all’architettura assistenzialista partorita dai grillini una volta al governo. La proposta dovrà scontrarsi, inevitabilmente, con le maglie larghe del “divanismo”: ad esempio, è notorio come i percettori (e potenziali lavoratori) potranno rifiutare una proposta di lavoro per ben tre volte prima di perdere il beneficio. E che la data di inizio della stagione balneare, nell’Isola, è stata fissata per il 6 giugno. Da quel giorno tutti potranno andare al mare e piazzarsi, almeno nelle spiagge libere, dove preferiscono. Un cambio di visione così radicale, con la collaborazione delle Amministrazioni comunali, rischia di impastoiarsi negli uffici e nella burocrazia. Ma ci sono pur sempre i 400 navigator, che in questi mesi hanno continuato a svolgere il proprio lavoro da casa (a 1.700 euro al mese), e adesso dovrebbero/potrebbero dare una mano per decongestionare le “liste d’attesa” anche in spiaggia.
Ma c’è anche un’altra ipotesi, rilanciata nelle ultime ore dal ministro per gli Affari regionali, Francesco Boccia, e dal presidente dell’Anci, Antonio Decaro. Consentire ai percettori del reddito di cittadinanza (ma anche a inoccupati, cassintegrati, a chi non ha vincoli lavorativi) di partecipare a un mega bando di cui si occuperà la Protezione Civile e utile a reclutare 60 mila volontari a cui i sindaci assegneranno il patentino di “assistenti civici”. Verranno utilizzati in attività di sostegno alle categorie più deboli ma soprattutto per collaborare al rispetto del distanziamento sociale. “E’ ai volontari che vogliamo affidare le nostre comunità in questa nuova e complessa fase – ha detto Decaro -: quella in cui proviamo a convivere con il virus e impariamo a difenderci, anche tornando a una vita meno compressa dai divieti”
In pochi mesi di Coronavirus il quadro politico e sociale, in Italia, è notevolmente cambiato. Così come quello economico, che oggi necessità di una pompata d’energia e di liquidità. L’unica cosa rimasta intatta è la presenza al governo di Conte e del Movimento 5 Stelle, che nell’ultimo decreto rilancio hanno investito una somma considerevole (55 miliardi) per riattivare i motori del Paese. Ma ora serve la collaborazione degli enti locali, passare dalle proposte all’azione, correggere gli errori (se necessario). Dimostrare di aver appreso la lezione passa anche dai piccoli cenni quotidiani: svuotare i divani e controllare le spiagge è uno di questi.