Così com’è ora, Vincenzo Figuccia – per dirne uno – il Bilancio non lo voterebbe. E senza di lui la maggioranza non avrebbe i numeri per dare l’ok definitivo allo strumento contabile più importante della Regione Sicilia. Il malloppone, uscito dalla commissione Bilancio con notevole ritardo sui tempi previsti, venerdì è stato incardinato all’Ars, in un clima reso ostile dalle proteste dell’opposizione e dal taglio imposto dalla Corte dei Conti, che una settimana fa ha certificato un deficit di oltre 2 miliardi nei confronti dello Stato.

LA SCURE DELLA CORTE DEI CONTI

Un debito spalmabile in trent’anni, ma che per i primi tre prevede la restituzione di circa 600 milioni di euro. Una sorta di clausola fidejussoria su cui Roma non intende fare sconti. O meglio, fin qui l’assessore all’Economia Armao non è riuscito a ottenerne. Il risultato – tangibile – è che la Finanziaria immaginata fino a qualche tempo fa, è stata rivoltata come un calzino e solo per il 2019 il “taglio netto” ammonta a 244 milioni. Soldi che potevano essere investiti in vari capitoli di spesa e che invece saranno decurtati. A meno che in questi dieci giorni che separano dal ritorno in aula (la prima seduta utile è stata convocata per le 16 di lunedì 11 febbraio), Armao e Musumeci non riescano a intenerire il Ministero per l’Economia e ottenere quello che si augura il parlamento siciliano: spalmare anche questi 244 milioni in trent’anni e concedere un attimo di respiro alle casse regionali. In quel caso, come ha fatto sapere il presidente dell’Assemblea, Gianfranco Miccichè, “i capitoli di bilancio saranno ripristinati con le relative coperture finanziarie”.

LO SHUTDOWN SICILIANO

Ma facciamo chiarezza. Al momento la Regione è senza bilancio: si chiama “gestione provvisoria” ed è quella fase in cui l’Amministrazione non può spendere un euro se non per ragioni di somma urgenza, ossia gli “obblighi speciali tassativamente regolati dalla legge”. Vale a dire il pagamento delle spese del personale (esclusi gli straordinari), le spese relative al finanziamento della sanità, i residui passivi, le rate di mutuo, di canoni, imposte e tasse. Giovedì sera, l’ultimo giorno di gennaio in cui era ancora vigente l’esercizio provvisorio, da palazzo d’Orleans sono partiti gli assegni per regolare la posizione di 600 precari che prestano servizio presso la presidenza della Regione. Le operazioni sono terminate alle 22.04, un orario di lavoro certamente insolito per una pubblica amministrazione. Ma dall’indomani non sarebbe stato più possibile spendere un centesimo (infatti aziende e Comuni, che attendevano lo sblocco di circa 50 milioni, sono rimasti a guardare). Il Pd ha ribattezzato questa fase – che ha un solo precedente nella storia siciliana, nel 2006 con Cuffaro – “shutdown”. Emulando Trump, che ha bloccato il bilancio degli Stati Uniti perché il congresso non ha voluto concedergli abbastanza denari per erigere il muro al confine col Messico.

UNA MACELLERIA SOCIALE

Il blocco della finanza regionale, però, non ha impedito all’Ars di approvare, venerdì pomeriggio, uno schema di Bilancio da cui filtrano chiari sintomi di “macelleria sociale”. Oltre a tutto il pessimismo di questo mondo. I 244 milioni di euro certificati dalla Corte dei Conti hanno gettato nel panico la maggioranza, che ha dovuto fare i conti con la pesante eredità dei precedenti governi, ma di questo documento è interprete e responsabile. E ha sollevato il grido di protesta delle opposizioni, che in parte (la sinistra) quel debito con lo Stato lo ha creato quand’era al governo (con Crocetta). Al di là del rimpallo di responsabilità e di una dialettica stucchevole, i problemi restano. Si chiamano tagli. Quelli che, per tornare al nostro incipit, hanno convinto Figuccia a dichiarare “guerra”, scostandosi in modo deciso da una maggioranza sempre più flaccida.

MENO SOLDI A PIP E PROTEZIONE CIVILE

Tra le voci che il deputato dell’Udc, ed ex assessore all’Energia, contesta in modo feroce c’è quella legata all’articolo 14: “I 48 milioni che vengono rosicchiati dall’articolo 14 del bilancio riguardano il bacino dei Pip, per una somma pari a milioni 8,7 milioni, la Protezione civile, con un taglio di 1 milione, il personale dei Consorzi di bonifica, con una decurtazione di 8 milioni e il precariato dell’Esa, 8,7 milioni. E’ una mattanza che mi rifiuto di accettare” ha ringhiato Figuccia. Ma non è tutto: il governo ha proposto di diminuire (per 6 milioni) le risorse per i lavori di somma urgenza nel demanio idrico e marittimo. Mentre ai Forestali, che gravano sulle casse dell’Ente per 53 milioni di euro, si potrebbe cambiare la copertura: non più risorse regionali ma quelle del fondo di Sviluppo e Coesione.

TRASPORTO PUBBLICO ED ENTI PARCO

Un altro taglio netto (è anche il più sostanzioso) operato dal governo è quello nei confronti del trasporto pubblico: – 42 milioni di euro. Stavolta sono stati i Cinque Stelle a ribellarsi: “Sarà un disastro – ha detto la deputata Stefania Campo – I tagli devono essere ponderati”. Gli ha offerto una sponda il collega di partito Luigi Sunseri: “Se c’è una forza politica che si sta sforzando insieme al governo regionale di evitare il default di questa Regione siamo proprio noi. Ma non possiamo ricevere come risposta solo l’idea di spalmare le somme”. Oltre al trasporto pubblico mancheranno risorse per gli enti parco (3,4 milioni), le riserve naturali (1,2 milioni), gli Enti regionali del diritto allo studio (2,4 milioni) e l’Istituto zootecnico (755 mila euro). Mezzo milione in meno per i consorzi universitari, l’Istituto dell’Olio e del Vino e per il Brass Group. Le Ipab (istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza) perdono 422 mila euro, il Corfilac 281 mila, l’Istituto per l’incremento ippico 298 mila. Il bagno di sangue non risparmia nessuno.

IL TFR E LE PENSIONI DEI REGIONALI

E poi c’è la questione più spinosa, relativa al fondo pensioni e Tfr dei regionali. Nell’anno 2019 spariscono 9 milioni destinati al trattamento di fine rapporto, e i lavoratori non potranno richiedere un’anticipazione di cassa. L’anno successivo vengono toccate le pensioni per 16 milioni. Questo è l’aspetto che ha fatto infuriare maggiormente il leader dei Cento Passi, Claudio Fava (“Non si possono tagliare i diritti”), e i parlamentari del Pd, soprattutto Antonello Cracolici, che ha tuonato contro la decisione del governo: “Mancano 9 milioni per il Tfr dei regionali, si tratta di spese obbligatorie e quindi il bilancio è fasullo. Non ci sono soltanto conseguenze sociali, ma è un’operazione che rischia di diventare un falso in atto pubblico”. Tra le righe, c’è anche l’inasprimento dell’addizionale Irpef per i redditi superiori a 28 mila euro di imponibile (l’aliquota si innalza, in proporzione, anche per chi guadagna più di 55 e 75 mila euro), che fatto sbottare il nuovo segretario “dem”, Faraone: “E’ tornato il partito delle tasse, noi ci opporremo”.

ISTRUZIONE, CULTURA E SOCIALE

La macelleria non risparmia nessuno. La scuola e l’università, ad esempio: diminuiscono le risorse per l’obbligo scolastico (1 milione) e per la Kore di Enna (1,1). Taglio di 600 mila euro alle scuole paritarie, di 20 mila al personale impiegato nella pubblica istruzione regionale, di 188 mila agli assistenti sociali impiegati al fianco degli studenti bisognosi, di 38 mila alle accademie delle Belle Arti e ai conservatori musicali. Sono meno i soldi per la manutenzione straordinaria degli edifici scolastici (261 mila euro). E anche la cultura risente della batosta: il Teatro Bellini di Catania dovrà rinunciare a 1,8 milioni di euro, il Teatro di Messina a poco più di 900 mila euro, il Massimo di Palermo a 265 mila euro. L’Orchestra Sinfonica Siciliana, che continua a muoversi del guado per l’assenza di un sovrintendente, dovrà fronteggiare una perdita secca di 429 mila euro, ma anche il Biondo di Palermo, Taormina Arta e l’Inda di Siracusa se la passeranno peggio. E infine c’è il sociale: 2,4 milioni in meno per i progetti individuali dei disabili, 2,1 per l’indennità vitalizia a favore dei talassemici, 1,5 milioni per i ricoveri dei minori, 612 mila euro in meno per le vittime delle richieste estorsive e 800 mila euro per i trasferimenti agli enti locali per i centri antiviolenza e le case di accoglienza. E dei sordomuti. A pagare saranno gli ultimi. “Questo bilancio taglia in modo indiscriminato tutte le categorie, a cominciare dalle più deboli” ha sentenziato il capogruppo del Partito Democratico, Giuseppe Lupo.

I POCHI CHE CI GUADAGNANO

Eppure, in questo bilancio lacrime e sangue, qualcuno riesce a sollevare la testa. Ad esempio le società sportive, che, grazie a un emendamento proposto dal Pd, otterranno un milioncino di finanziamento supplementare per far crescere i giovani. Aumentano, inoltre, le spese destinate al funzionamento di uffici e gabinetti: 300 mila euro all’assessorato alle Attività Produttive, specificamente destinati a “commissari e liquidatori di cooperative e carovane di facchinaggio e loro consorzi, nonché di enti e istituti che svolgono attività in materia di rapporti di lavoro, previdenza e assistenza sociale”. Duecento mila euro per l’assessorato al Territorio, 300 mila euro per quello all’Agricoltura. Fino a prova contraria.