Troppu trafficu ppi nenti, per dirla con Andrea Camilleri – Tanto rumore per nulla, dunque, con William Shakespeare – se la giornata di ieri, con la nomina di un leghista all’assessorato alla cultura nel governo della Regione siciliana, è stata così sottosopra da far sbucare fuori dalle corna dei vichinghi un notabile democristiano.
Eccolo: Matteo Francilia, mancato deputato del centrosinistra quando nel 2017 si candida contro la coalizione di Nello Musumeci è attualmente sindaco di Furci Siculo in quota Giampiero D’Alia, il rais centrista eolian-peloritano che a sua volta fu assessore del compagno Rosario Crocetta e dunque, caro lettore: troppu trafficu ppi nenti. Anzi, no, urge Pirandello: Così è se vi pare.
La giornata di ieri ha messo a soqquadro tutto il sopracciò dei social tutti – tutti indignati – e delle Patrie lettere tutte addolorate ma l’arrivo del polentone chiamato a rappresentare l’identità siciliana non apre la strada al Papeete (un fior di modello nel turismo), piuttosto aggiorna il più sopraffino trasformismo nell’eterna Sicilia dei Francantonio Genovese (manco a farlo apposta farina dello stesso sacco messinese).
Nipote di Nino Gullotti – il ministro Dc della Prima Repubblica – poi battezzato segretario regionale del Pd da Walter Veltroni, quindi cresimato berlusconiano direttamente dal Cavaliere, Genovese incarna il prototipo di cui il neo assessore neoleghista si fa replicante. Francilia, infatti, è stato anche candidato di Mario Monti alle politiche ma sempre così è – se vi pare – questa storia tra le tante, nell’esito di un’arte complicatissima.
Tutta di realtà più che di nemesi, se vi pare. Nuccio Molino, navigato analista di politica siciliana, interrogato sul tema risponde: “Mi rifiuto di spiegare la Sicilia a me stesso.”
Tra i leghisti di Sicilia, nomi cui attingere ce ne sarebbero. Il più titolato è Alberto Samonà, scrittore, attivo nel cda della Fondazione Piccolo di Calanovella. A Milano qualcuno ha pensato a un potente protagonista di Milano – nonché protagonista potente di Sicilia – qual è il banchiere Gianni Puglisi, artefice massimo dell’Unesco. Ma potrebbe, la Lega, adottare lo stesso metodo usato in Umbria dove alla Sanità c’è il veneto Luca Coletto. In Sicilia, appunto, un assai gradito assessore alla cultura e all’identità siciliana non potrebbe che essere Andrea Mascetti da Varese.
Leader di Terra Insubre, Mascetti, corrisponde a una terra di per sé lumbard. Il Gran Lombardo – con Elio Vittorini in Conversazioni in Sicilia – è il ceppo che s’innerva all’ombra del Castello di Lombardia, a Enna, nella normanna Sicilia bedda, col suo parlamento, Palazzo de’ Normanni, plasmato dalla vocazione zero sovranista e tutta universale se la Cappella Palatina al suo interno è la perfetta scenografia di una cantata di Lello Analfino: “mezzi cattolici e mezzi musulmani”.
Dopodiché, certo, la Sicilia è uno, nessuno e centomila.
Ps: A proposito di numeri. Ai tempi della Lega Nord, Gianfranco Miglio raccontava con orgoglio come sua nonna disdegnasse la lingua italiana: “Contava le proprie galline in tedesco, ein, zwei, drei…”. Lo storico Santi Correnti, compiacendosi, gli rispondeva così: “Esimio collega, anche mia nonna non parlava italiano, ma solo in siciliano; e però non contava le galline, ma i propri feudi!”