Qualcuno in questi anni deve essersi davvero impegnato a disegnare in maniera certosina i contorni e le sfumature grottesche dell’odio sociale nei confronti della classe politica. In questo splendido quadretto a tinte fosche – degno del migliore Hyeronimus Bosch – i politici sono l’arcinemico della collettività: erano l’élite, poi la casta e son finiti a Camarilla&Cricca.
Stando così le cose, mi consola sapere che ogni tanto qualcuno ti aspetta sotto casa non tanto per menarti quanto per stringerti la mano. In tale contesto, la vicenda dei precari siciliani della SAS è emblematica. La soluzione al loro specifico problema, che il Parlamento siciliano ha condiviso trasversalmente, è purtroppo temporanea. Il vero problema, infatti, sta a monte – direbbe, barba incolta e fazzoletto rosso al collo, il compagno Folagra.
Per costoro esistono due sentenze – una l’opposto dell’altra – e due magistrati, due colleghi seduti allo stesso banco, i quali invece di parlarsi e trovare una soluzione preferiscono farne pallina e giocarci a rimbalzarsela.
Il primo dice che i lavoratori precari, dopo un tot di contratti, devono essere assunti a tempo indeterminato. Il secondo stoppa la loro assunzione a tempo indeterminato perché manca il concorso pubblico. Ora, magari le leggi non saranno sempre chiare, ma ogni non limitiamoci ad applicare la legge: facciamola trionfare sta benedetta giustizia.
E almeno per una volta, questa volta, non vergogniamoci dei politici. Prendano spunto, arbitri in terra del bene e del male, dall’esempio di quei parlamentari siciliani, che seduti allo stesso banco, ieri l’altro hanno studiato e condiviso, tutti insieme, una soluzione a beneficio esclusivo della collettività.
Prendano appunti: si chiama responsabilità.