“Il Covid? Per assurdo è stata la più grande occasione degli ultimi vent’anni. Finanziariamente ha avuto il suo impatto, ma ci siamo saputi organizzare”. Andrea Mangia è il CFO (Chief Financial Officer, il direttore finanziario) di Mangia’s, l’evoluzione naturale di Aeroviaggi. Il nome completo è Mangia’s Sea View Resorts & Clubs. Il progetto di rebranding è stato ufficializzato qualche giorno fa durante l’evento “Reborn, our Heritage, our Future”, organizzato nella suggestiva cornice del Pollina Premium Resort. La “grande occasione” parte, appunto, dalla ridenominazione dell’azienda e coincide con la fase drammatica della pandemia. E’ l’idea che prende corpo: “Nel 2019 – esordisce Mangia – ci rendiamo conto che Aeroviaggi, il nome con cui ci conoscono i tour operator, è quello di un’agenzia viaggi nata nel 1973. Al fine di andare a diversificare i nostri canali di vendita, avevamo bisogno di qualcosa che fosse in grado di parlare con il consumatore finale”.
E il Covid in che modo ha inciso?
“Ha mostrato i punti di debolezza del precedente modello di business. E’ stato un incredibile acceleratore di cambiamento. Ci ha permesso di mettere in atto un’idea di cui si stava iniziando a ragionare in Cda. Se non ci fosse stata la pandemia, non saremmo arrivati così velocemente alla scelta del rebranding”.
Finanziariamente – parole sue – avete accusato il colpo.
“Sì, ma ci siamo saputi organizzare. Abbiamo ricevuto il supporto di tutto il sistema bancario, e anche il governo italiano ha messo in campo misure – sia a livello di vendite, che di ristori, che di credito d’imposta – che ci hanno aiutato a navigare in questa fase. Tutto sommato il bilancio strategico e commerciale è molto positivo”.
Ma facciamo un passo indietro. Oltre a cambiare nome, cosa implica un rebranding?
“Il primo traguardo intermedio è l’assunzione di un Global Cmo & Revenue Director (Luca Di Persio, ndr), cioè un responsabile di tutto ciò che concerne il marketing e le vendite dirette, che avesse la capacità e la caratura di guidare questo nuovo progetto. Il secondo, invece, è la volontà di riposizionamento dell’azienda. Vogliamo passare da un prodotto che era e continua ad essere vincente, cioè il villaggio all inclusive, a una componente strategica più orientata al mondo dei resort: vuol dire strutture meno chiassose, che si basano sull’esperienza del food and beverage, del fitness, dell’attività all’aria aperta. Che sappiano essere ambasciatori della cultura del territorio a 360 gradi. Il macrotrend vincente è quello che abbina il patrimonio artistico-culturale e la visione eno-gastronomica di un territorio. E’ di questo che la gente vuole usufruire quando si reca in una destinazione”.
Riposizionarsi sul mercato vuol dire apportare cambiamenti alle strutture esistenti. Le vostre sono 14, fra Sicilia e Sardegna.
“Veniamo da un ciclo di investimenti di 75 milioni negli ultimi cinque anni. Abbiamo acquisito e completamente ristrutturato il Pollina Premium Resort (345 camere nei pressi di Cefalù) e l’Himera Beach Club (150 camere a Campofelice di Roccella). Abbiamo rifatto il Torre del Barone, a Sciacca, dove ci sono 230 camere, tutte con terrazza vista mare. E di recente abbiamo acquisito in locazione il Favignana Premium Resort & Villas, situato in una delle zone più esotiche del Mediterraneo. Nei prossimi cinque anni prevediamo un investimento della stessa entità, che punterà al riposizionamento delle strutture della Sardegna, elevandole in una fascia un po’ più alta. Lasciamo uno spiraglio aperto anche per i 5 stelle”.
Come si concilia tutto ciò con l’accoglienza sostenibile? Anche questa è una vostra mission…
“Dal 2019 adottiamo un approccio plastic free per tutto ciò che riguarda le tipiche componenti che si trovano in un hotel: bicchieri, cannucce, articoli da toilette. A Sciacca abbiamo puntato sul risparmio energetico, sostituendo la precedente centrale elettrica con un sistema di recupero energetico che ci ha permesso di abbassare i costi del 30%. Ma la cosa più bella è che questa centrale in disuso, che sorge in una palazzina vicina al mare, potrà essere convertita in un resort. Ovviamente con le massime certificazioni energetiche. La sostenibilità è una priorità di sviluppo strategico sulla quale continueremo a investire. E’ fondamentale dal punto di vista del marketing e di accesso al capitale: le banche sono più disponibili a finanziare chi investe nel green. E’ una nostra precisa responsabilità muoverci in tal senso”.
Al netto degli investimenti per riposizionarvi nella categoria premium, qual è il vostro orizzonte fisico?
“Non guardiamo solo alla Sicilia e alla Sardegna, ma anche ad altre regioni d’Italia. E non escludo che, da qui ai prossimi 3 o 4 anni, potremmo spingerci oltre i confini nazionali, magari in Spagna o in Grecia. Mantenendo, comunque, questa specializzazione di Sea View Resort, e una forte connessione con la natura, col mare, coi grandi hotel”.
Il turismo del lusso è una realtà consolidata?
“Premesso che, in senso stretto, non appartiene esattamente al nostro segmento, è un trend che si sta affermando in Europa e nell’area mediterranea. In Sicilia siamo ancora all’alba, ma determinati investimenti – da Rocco Forte a Four Seasons, da Villa Igiea all’Hotel delle Palme – vanno in questa direzione. Ci vorrà del tempo, perché l’Isola dovrà dotarsi di una rete di servizi e infrastrutture per attrarre quella tipologia di clientela”.
Secondo i dati dell’osservatorio regionale di Confartigianato, nel 2020 le presenze in Sicilia sono diminuite del 56%. E l’80% degli stranieri è praticamente scomparso.
“Tutto sommato è un ottimo dato rispetto a un calo nazionale del 66%. Venezia e altre città d’arte hanno avuto un crollo dell’80%”.
La ripresa sarà lenta o vi aspettate un rimbalzo importante?
“Ce lo aspettiamo, ma fare previsioni in questo momento è un azzardo. Nei flussi a nostra disposizione, però, vediamo un netto rimbalzo del turismo internazionale. Parliamo del 200% in più rispetto all’estate scorsa, che di per sé resta un dato poco significativo. Vedremo cosa succederà con la variante Delta. Credo che se l’orientamento dei governi sarà quello di considerare l’ospedalizzazione e il numero dei morti – entrambi in calo – anziché i contagi, questo trend si potrà confermare”.
Le piace il Green Pass alla francese? Da agosto si potrà viaggiare solo con la prova dell’avvenuta vaccinazione.
“Lo condivido. Credo sia un incentivo per accelerare la campagna di vaccinazione e renderla in linea con le aspettative dei governi. Se ci sono dei rallentamenti è perché la gente non si vuole vaccinare”.
Un altro fenomeno sociale molto attuale è la mancanza di lavoratori stagionali. Molti imprenditori sostengono sia colpa del reddito di cittadinanza. Ha esperienza diretta di questo fenomeno?
“Ahimè sì. È un problema concreto. Anche noi abbiamo difficoltà estreme a trovare lavoratori stagionali in un contesto – la Sicilia – dove la disoccupazione giovanile supera abbondantemente il 30%. Sono numeri da capogiro per un Paese che fa parte del G7. I sussidi fanno bene alle economie sviluppate. Quello che fa la differenza, invece, sono i controlli. Se un’offerta di lavoro viene rifiutata più volte, dovrebbero subentrare dei meccanismi che disincentivino queste persone, che magari arrotondano con un lavoro in nero, a rimanere a casa. In determinati settori, come quello dell’ospitalità e della ristorazione, subiamo anche questo tipo di concorrenza: il nero”.