“L’amore non mette catene. L’amore ti lascia libera. Nessuno deve dirti come fare le cose. Sei perfetta così. Sei bella con tutta la tua ciccia. Chi ti ama non ti critica continuamente. E potrei continuare all’infinito”. Frasi in libertà. Ed è la libertà la chiave di tutto. L’interlocutore diretto di questi messaggi semplici ma mai banali, ovvi ma mai scontati, ha un nome che si declina al femminile ma non al singolare. Sono le donne, tutte, quelle che per essere felici devono essere libere, che sanno amare perché prima di tutto amano se stesse. Donne che non portano catene, che hanno lo sguardo alto, fiero, che non subiscono, come Nicoletta Cosentino, mamma e piccola imprenditrice che da una semplice etichetta incollata su delle confetture è ripartita.
Cuoche combattenti è il nome della sua idea. “Nel settembre del 2017, mentre facevo la salsa di pomodoro, ho pensato che desideravo veicolare dei messaggi. Durante il mio personale percorso fatto al centro antiviolenza erano sorte in me una serie di consapevolezze. Avevo chiaro, adesso, cosa succede nelle relazioni violente in cui esistono degli abusi, quegli abusi spesso nascosti, che si trasformano in una violenza che non è fisica, aggressiva. Le violenze di un uomo che non picchia ma che ti abusa psicologicamente. Così ho pensato a delle etichette ‘antiviolenza’ che cercano di ribaltare la narrazione degli abusanti. Perché chi ti abusa non fa altro che ripeterti che tu non vali niente. E io volevo dire a tutte le donne del mondo che loro valgono, valgono sempre”.
Cuoca di nascita, combattente di professione, Nicoletta che oggi si occupa di produzione alimentare, realizzando conserve sia dolci che salate e anche prodotti da forno, è legata a doppia mandata alla cucina da un background familiare niente male. “Alcune ricette sono delle mie zie, altre di mio padre, fanno parte della mia vita. Cerco nelle conserve di proporre ricette tradizionali, magari rivisitate, scegliendo le materie prime a chilometro zero”. Mentre il nuovo laboratorio aprirà presto a piazza Generale Cascino, per adesso la produzione si è svolta in maniera casalinga. “Abbiamo raggiunto tante associazioni del territorio che ci hanno permesso di appoggiarci ad alcune cucine e mense che sostenevano il progetto, e lo sostengono tuttora. Tra tutte Zen Insieme e il ristorante Ethnic”.
La cucina come via di fuga, fonte di salvezza e libertà. “Avevo capito di essere venuta a galla da una situazione di abusi psicologici comune a tantissime donne, come me inconsapevoli – racconta ancora Nicoletta -. La voglia che hai, una volta che sei riuscita a tirarti fuori, è quella di tirare fuori anche tutte le altre donne. Hai il desiderio di non lasciarle da sole chiuse in casa. C’è un’urgenza emotiva di salvarle tutte, di tendere una mano a chi si trova intrappolato in matrimoni violenti. Vuoi farglielo capire. Vuoi fare capire a tutte che non è attenzione eccessiva ma controllo, che non è una dimostrazione d’amore ma è possesso, non è uno svilimento passeggero ma un vero e proprio abuso psicologico”.
E così dagli abusi nascono delle etichette, dall’amore delle conserve. “Le minacce spesso sono sottili e in quanto tali sono difficili da leggere. Questo spesso porta a normalizzare gli abusi che a volte sono sussurrati altre volte sono urla. Passi la vita a evitare per non farlo arrabbiare. A tacere pur di non discutere. Evitando evitando smetti di vivere e pure sognare”. E siccome Nicoletta ai suoi sogni non ha rinunciato, mentre venderà i suoi prodotti in diversi negozi di Palermo, nel suo laboratorio e anche online, con Cuoche Combattenti crea nuove opportunità prendendo a lavorare con sé donne che vengono dai centri antiviolenza. Un sogno comune, nel segno di quell’indipendenza economica che è una delle tante facce della libertà.