Mia figlia quando torno a casa mi abbraccia. A volte mi stringe le gambe e infila la testa fra le ginocchia, quando la tiro su mi mette le braccia attorno al collo e io mi sento felice perché penso che in mezzo a tutto e nonostante tutto qualcosa di buono, assieme a Francesca, l’ho fatta e questo non potrà togliermelo mai nessuno.
Mia figlia a volte non vuole baciarmi perché ho la barba, poi la barba la taglio e lei non vuole baciarmi lo stesso. E rido. Però mi abbraccia, e a me i suoi abbracci piacciono più dei suoi baci, perché mi stringe, mi cinge, mi riempie, perché gli abbracci dicono molto più di quello che dicono i baci. Gli abbracci non mentono mai, i baci a volte sì.
Ho le paure che hanno tutti i padri e quando la guardo giocare penso sempre che un giorno non lo farà più perché entrerà in un gioco più grande e a volte assai meno divertente che chiamiamo mondo. Vorrei che succedesse il più tardi possibile ma so che succederà presto, e quando succederà voglio che sappia che potrà sempre abbracciarmi come la piccola che in braccio al padre cercava di passare il confine per un mondo migliore e che è morta in un dito d’acqua, a faccia in giù, con la testa ficcata dentro alla maglietta del padre, e io guardando questa foto che fa male, e l’ho guardata lungo tutto il giorno, ho pensato a quest’uomo che diceva alla piccola abbracciami perché andrà tutto bene, abbracciami perché se mi abbracci non ci succederà niente, abbracciami e canta la canzone che ti ho insegnato quando non sapevi ancora parlare; ho pensato a mia figlia quando mi abbraccia, a un uomo come me che cercava un mondo migliore e ripeteva tranquilla piccola perché andrà tutto bene e a questa promessa che, imperdonabilmente, non ha potuto mantenere.