Segnatevi la data. La prima grande manifestazione di piazza contro il governo può essere fatta a base di frutti di mare e può essere leggera come il semolino. La sera del 23 settembre, a San Vito Lo Capo, in provincia di Trapani, Beppe Grillo rischia di essere sommerso non dai fischi del pubblico del “Cous Cous Fest”, ma dagli occhi neri di schiuma dei marinai tunisini che amministrano ciò che resta delle tonnare e che riempiono quei legni marci per misurarsi ancora con la furia dell’acqua e le punte dei pesce spada. Insomma, non è solo un invito che sta facendo discutere una comunità – come ha raccontato su La Repubblica, il giornalista Emanuele Lauria – ma sarà un’occasione per compattare tutti gli uomini che si oppongono alla “pacchia è finita” di Matteo Salvini e che non credono alla solidarietà pelosa del campesinos guatemalteco Alessandro Di Battista.
A corto di contanti, Grillo ha accettato di partecipare a una delle feste più solidali che la Sicilia si è inventata, quel festival che già dal nome, “Cous Cous”, ci fa respirare a pieni polmoni oriente e mediterraneo. Lo spettacolo, hanno fatto sapere gli organizzatori, sarà aperto a tutti ma il costo per organizzare l’evento si aggirerebbe intorno alle 10 mila euro. Non è il caso di fare polemica sul cachet. Solo i grillini invidiano la libertà d’impresa, sostengono la decrescita infelicissima della nostra economia e le domeniche in famiglia chiusi in casa con il nostro scontento e malumore. Non sono i soldi che Grillo, da uomo di spettacolo, si meriterebbe, ma le politiche che da garante del M5s sta sposando a farci preferire i suoi vecchi sberleffi ai socialisti, quell’impetuosità che rimaneva pur sempre nella grammatica del vivere civile.
Per questa ragione, siamo sicuri che l’arrivo di Grillo a San Vito può essere un modo per provocargli i turbamenti dello spirito che, da uomo nato sul mare, non può non provare di fronte agli ossi di disumanità che il ministro degli Interni sta lasciando seccare nei nostri porti. Non è una comunità come le altre, quella di San Vito. Già il santo è un martire scappato via mare. A Trapani c’è una tradizione di olio e sale. Sono, gli uomini nati a san Vito, abituati alla fatica e alla durezza dei remi e a sbrogliare i nodi delle reti (e non quelli del web). Conoscono, meglio di chiunque l’importanza delle razze mescolate, il valore economico dello scambio, mettono a stagionare i dazi di terra e usano come moneta la stretta di mano.
Ecco, Grillo quando salirà sul palco troverà quel pezzo d’Italia che forse in passato rideva delle sue battute in dialetto genovese, dei suoi ciuffi bianchi che lo arruolano di fatto tra i capitani e i nostromi di lunga esperienza. Troverà ad ascoltarlo una comunità di tunisini, algerini, marocchini, la parte più malinconica dell’Africa che ha trovato residenza nelle case sfitte di quella provincia. Sarà dunque un momento di alta politica questo suo sbarco, speriamo non a nuoto, in Sicilia. Quando sarà chiamato a farci ridere, non troverà i giornali a insidiarlo, ma la carne cotta degli schiavi della Storia. A quel punto, anche Grillo potrebbe decidere di scappare via mare, di guardare un nuovo orizzonte: consegnarsi nelle mani di uno scafista e non più in quelle della Lega.