Prendere atto di un fallimento, non sempre è il primo passo per rimediarvi. Quello di Pietro Grasso, ex procuratore della Repubblica di Palermo, sembra un tentativo disperato: rinsaldare gli argini di un partito, Liberi e Uguali, che all’ultime elezioni ha preso poco più del 3%. E che in vista della stagione congressuale del Pd – va da sé che un congresso ispira curiosità e incita alla svolta – rischia una nuova (e fatale) diaspora. (Bersani è lì che attende Zingaretti per rituffarsi nella mischia). Grasso ha provato a placare sul nascere la “perversa” voglia dei suoi di dare un’occhiatina a quello che succede in casa “dem”, auspicando un ritorno alla vecchia sinistra ulivista, o “campo aperto” come lo chiamano oggi. Ci ha provato e non c’è riuscito, tanto da convincersi che era necessario un passo ufficiale. Eccolo.
Richiamare tutti all’ordine attraverso un manifesto in otto punti per l’affermazione di un partito autonomo: “Chi intende tornare alla sua vecchia casa politica, lo faccia al più presto e ci lasci proseguire – ha scritto l’ex presidente del Senato, che col Pd ha un contro aperto da 83mila euro – Le diverse e reiterate prese di posizione pubbliche di apertura a rassemblement più o meno ‘popolari’, legittime ma senza coordinamento alcuno con il coordinamento politico di LeU, mi hanno convinto a fare questa, vi assicuro ultima, forzatura per tutelare il progetto originario, nella speranza che serva far nascere una proposta condivisa per andare avanti, insieme, e costruire Liberi e Uguali”. Suerte, presidente!