Governare e mentire da gesuita: il caso Orlando

Il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, è arrivato all'ultimo anno di legislatura senza i numeri per governare

Riflessioni di inizio d’anno. Leonardo Sciascia con l’epitaffio vergato di suo pugno: “Ce ne ricorderemo di questo pianeta”, mai più vero. Il maestro Sciascia, celebrato e al contempo neutralizzato nella sua lezione. Forse perché ribadiva che la sua interpretazione della storia italiana discendeva da Gaetano Salvemini, l’intellettuale antifascista che, a detta di Sciascia, aveva “previsto esattamente cosa sarebbe accaduto col governo della cosa pubblica in mano ai cattolici”.

Memorie di una vita trascorsa nelle redazioni. Una remota domenica di Capodanno, quando – in assenza temporanea di notizie – il discorso tra gli astanti inciampò sulla deontologia e cadde sul rispetto della verità sostanziale dei fatti.

Un collega allora avventizio, cialtrone e ciarliero, raccontò ilare “l’impresa delle imprese”. La sua, ovviamente. Beccato dalla moglie con l’amante nel letto coniugale, lui – guardando la consorte negli occhi – aveva sostenuto che non ci fosse nessuna, che lei, la legittima sposa, fosse in preda ad allucinazioni, che l’amante presente, viva, vegeta e in carne e ossa, semplicemente non esistesse. Doveva avere talento, perché tempo dopo riuscì a liberarsi della moglie addebitando a lei la colpa della separazione, quindi senza pagare nulla.

Nonostante la fugacità del percorso comune, ricordo un uomo ingegnoso e cinico, sofista nell’animo. Amava costruire realtà immaginarie e le alternava con una incredibile capacità di negare l’evidenza. Come quando viaggiava da solo per luoghi esotici e poi esibiva inequivocabili reperti fotografici come prove di conquiste. Mi colpiva un dettaglio. Il fatto che lui fosse conscio e attribuisse questa sorta di “educación”, per dirla con Almodóvar, all’aver studiato, dalle elementari al liceo, in un collegio di gesuiti a Roma.

Ecco, il governo della cosa pubblica in mano ai cattolici e le scuole dei gesuiti, appunto. Proprio perché mai come ora queste ultime sono il comune denominatore nella formazione dei “migliori” al servizio delle istituzioni repubblicane. L’elenco tra ex allievi e frequentatori di ritiri spirituali è lunghissimo. Non solo Draghi, presidente del consiglio pro tempore. Il capo dello Stato Mattarella ha studiato al collegio ignaziano di Palermo proprio come Leoluca Orlando, sindaco per antonomasia della “felicissima” capitale di Sicilia.

Bisogna aver frequentato i gesuiti, specialisti in educazione, narrazione e divulgazione, per cercare di capire. Per seguire il filo che fa diventare azione una visione, perfino un’immaginazione. “Todo modo para buscar la voluntad divina” raccomandava nei suoi “Esercizi spirituali” il fondatore della Compagnia, Ignazio di Loyola, cavaliere in armi poi divenuto Santo. “Cercare la volontà divina con qualsiasi mezzo. Ad ogni costo”. In fin dei conti “Todo modo” tradotto in inglese suona esattamente come la più famosa delle citazioni di Draghi: “Whatever it takes”.

Non a caso Sciascia intitolò “Todo modo” uno dei suoi romanzi politici più famosi, pubblicato nel 1974. “La chiesa in Italia è stata potere, è ancora potere, e che potere terribile è stato”, dichiarava Sciascia per raccontare gli esercizi spirituali organizzati dal dotto gesuita Don Gaetano che d’imperio attirava attorno a sé solo uomini potenti. Potenti di diverso peso e spessore che Sciascia fa diventare presto un coro “atterrito e isterico” quando il loro “Todo modo”, il loro ritiro spirituale viene funestato da una serie di misteriosi omicidi. “La verità era sotto gli occhi di tutti – commentava lo stesso Sciascia nel 1974 – ma proprio per questo nessuno la vedeva”.

Da allora sono passati quasi quarant’anni. Al “dovere dell’intelligenza” altro postulato, non secondario, della Compagnia del Gesù nella formazione delle élite, ancorché a volte non elette, fa da contraltare l’aumento dell’analfabetismo funzionale, cioè della capacità di comprendere un’affermazione o un testo a fronte di una normale scolarizzazione. Sembra che il nostro sia il quarto Paese Ocse per la maggiore incidenza di adulti “illetterati”. Fanno peggio solo Indonesia, Turchia e Cile. Sembra che solo il venti per cento degli italiani o poco più sia in grado di comprendere correttamente e valutare le informazioni offerte dall’attualità.

Ecco perché Leoluca Orlando, sindaco di Palermo già negli anni Ottanta, nel 2022 non più ricandidabile, davanti a una città distrutta, seppellita dalla monnezza, ma che non riesce a seppellire i morti e li accatasta a migliaia nei depositi, può dichiarare sereno: “Ho iniziato la mia carriera politica quando la mafia a Palermo aveva il volto del sindaco e degli esponenti politici. Oggi possiamo dire che la mafia esiste ancora ma non governa più questa città. La virtù principale di un sindaco è l’amore per la propria terra, solo dopo viene la conoscenza della macchina amministrativa”. Giusto. La macchina amministrativa, appunto. Un dettaglio secondario ancora inesplorato.

Ecco perché Sergio Mattarella, il presidente ritroso, è convinto di lasciare, come da obbligo di mandato, un paese unito mentre è in corso una guerra civile, proprio sotto gli occhi di tutti. Una guerra civile meno cruenta di quella di Spagna, ma non meno dolorosa, alimentata molto oltre i limiti della decenza sull’adesione al salvifico vaccino, che, però, non è stato reso obbligatorio, come sarebbe stato consequenziale fare.

Ma se il vaccino non è formalmente obbligatorio, perché a un isolano qualunque, magari residente a Filicudi nelle Eolie è di fatto impedito di raggiungere l’isola di Lipari, sede del suo comune e dell’ospedale di riferimento? E come farà nella laguna di Venezia un abitante della Giudecca a raggiungere Piazza San Marco, distante solo un braccio di mare? Eppure Mattarella, che pure è nato in un’isola e incarna l’unità del Paese, ha firmato il decreto legge che impedisce, tra l’altro, la libertà di circolazione.

Dall’alto della sua posizione apicale avrà fatto suo il motto dei gesuiti: “Perinde ac cadaver”. Bisogna “ubbidire come un corpo morto”, senza neppure uno scatto, un sussulto, un sospiro. Perché bisogna credere, obbedire e, se necessario, combattere. Sottostando alle superiori volontà. Un esercizio di potere. Senza se e senza ma.

Maria Pia Farinella :

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