Con l’opinione pubblica “distratta” dal Coronavirus, Montecitorio ha votato la fiducia posta dal governo sul decreto intercettazioni: 304 voti favorevoli e 226 contrari. In attesa del voto finale al provvedimento, atteso per domani, vale la pena spiegare di cosa si tratta: il decreto modifica la riforma varata un paio d’anni fa dal governo Gentiloni e, grazie al pressing del “manettaro” ministro Bonafede, estende l’utilizzo del trojan agli incaricati di pubblico servizio: dai medici ai bidelli, per citarne alcuni. I captatori informatici inoculati nei dispositivi elettronici per effettuare intercettazioni ambientali, cioè, non verranno applicati solo ai pubblici ufficiali, ma a tutti coloro che svolgono una funzione pubblica.
Il decreto dà il via libera anche alla pratica dell’intercettazione “a strascico”, che prevede la possibilità di usare le intercettazioni richieste per uno specifico provvedimento anche su procedimenti diversi (purché si tratti di reati che prevedano una pena superiore a cinque anni). Infine cambia anche il meccanismo di pubblicazione delle intercettazioni penalmente irrilevanti sui giornali: a selezionare il materiale sarà il pubblico ministero e non più la polizia giudiziaria.
Ma senz’altro la novità più succosa è quella dei trojan, che “dalla cittadella della mafia e del terrorismo – come scrive sul Foglio Guido Vitiello – vanno ora alla conquista di altri reati, con il Parlamento che chiama alla ritirata le guarnigioni a presidio del diritto” e “ci fa capire che non più di professionisti dell’antimafia dobbiamo parlare ormai, ma di imperialisti dell’antimafia”. Secondo Vitiello “tutti gli strumenti che i pm ottengono nella lotta alla mafia, prima o poi potranno usarli anche contro altri reati”. E in questo modo “ogni misura emergenziale diventa permanente, ogni eccezione regola; e il doppio binario è usato come base d’assalto al binario principale. Poco importa che poi la parola mafia non significhi più nulla: quel che conta è applicare ovunque la legge marziale”.