La Regione trova i soldi per tutto, tranne che per le questioni urgenti. Qualche settimana fa, prima di congedarsi per l’estate, l’assessore al Bilancio Gaetano Armao (che intanto sbandiera un principio d’accordo sul riconoscimento dei costi dell’insularità e fa la spola da Roma per trovare la quadra sul nuovo accordo di finanza pubblica), aveva dichiarato che a Palazzo d’Orleans non ci fosse alcuna crisi di liquidità e che, anzi, in cassa, c’era disponibilità per quattro miliardi di euro. Ma quei soldi non si toccano. Probabilmente sono vincolati. Altrimenti non si spiega la penuria economica che in questi primi giorni di scuola ha costretto a casa 1.300 studenti disabili.

L’assessore Scavone annuncia di aver stanziato 4 milioni (non miliardi) per sbloccare il servizio degli assistenti igienico-personali (la cui attività integra quella dei bidelli), ma solo dopo aver tentato di scaricare la responsabilità sullo Stato. In base a un parere richiesto lo scorso anno al Cga sembrava, infatti, che l’attivazione del servizio fosse competenza esclusiva di Roma. Ma una nota pubblicata l’altro giorno dall’Ufficio scolastico provinciale di Trapani, e quindi dal Ministero, ha fatto presente il contrario: “La nomina dell’assistente all’autonomia e dell’assistente all’igiene personale è per legge di esclusiva competenza della Regione, del Comune e/o della Provincia”.

Così la Regione ha deciso di muoversi: fra i soldi stanziati e il ritorno a scuola dei ragazzi meno fortunati, però, ce ne passa. C’è di mezzo quello che Musumeci ha definito “un mostro a più teste, in alcuni casi più potente della politica”, cioè la burocrazia. Prima che le somme possano entrare nel circuito, e gli assistenti tornare a scuola, l’assessorato alla Famiglia ha richiesto a Comuni, ex Province e istituti scolastici di presentare i relativi progetti. Perché solo adesso? Perché solo a ottobre? Perché qualcuno – cullandosi – aveva sottovalutato la questione. “Se tutta questa trafila burocratica venisse svolta a luglio, si arriverebbe in tempo alla prima campanella – commenta al Giornale di Sicilia Giovanni Cupidi, del gruppo Siamo handicappati non cretini -. Invece si arriva sempre a settembre con mille problemi da risolvere”. Ma c’è pure un’altra difficoltà, segnalata dalla parlamentare M5s, Roberta Schillaci. Si tratta “di un fraintendimento tra la Regione e qualche ente locale. Alcuni di questi, infatti, nonostante una circolare emessa dal dipartimento alla Famiglia, hanno ritenuto indispensabile la produzione da parte del disabile della certificazione Uvm” – le Unità di Valutazione Multidisciplinare, che però non sono mai state attivate in Sicilia – “che in effetti poteva essere benissimo sostituita da altra documentazione comprovante la sussistenza della patologia che dà diritto al servizio”. Altra burocrazia inutile e dannosa.

Persino la scuola, nell’anno della ripartenza, resta un miraggio per le categorie più deboli. Ma la Sicilia è piena di storie che cozzano con lo spirito del tempo, con la propaganda costante della politica, e coi suoi apparati clientelari. Il governo Musumeci, ad esempio, ha trovato sei milioni in fretta e furia per un piano di manutenzione straordinaria lungo le arterie interessate dal passaggio del Giro di Sicilia (che scatta il 28 settembre), ma non riesce a garantire l’erogazione né la necessaria assistenza tecnica ai Comuni per risolvere la grana dei buoni spesa, che è pendente da un anno e mezzo. Sono i 100 milioni promessi da Musumeci con lo scoppio della pandemia: l’ultimo report, del maggio scorso, è tragicomico. Soltanto 40 milioni, su 100, risultavano spesi. La prima tranche da 30 milioni, pur con qualche difficoltà (si tratta di fondi comunitari, per cui è necessario un iter di rendicontazione della spesa), era stata “riscattata” dai sindaci. Anche se parecchi Comuni ci avevano rinunciato. Della seconda tranche, da 30 milioni, soltanto 10 sono finiti agli indigenti. Così aveva preso corpo l’ipotesi di dirottare i restanti su altre misure, magari un po’ più facili da attuare.

Per la verità, anche la promessa di ristori per 250 milioni di euro, fatta dal centrodestra a margine dell’ultima sessione Finanziaria, è rimasta nel guado. Quei soldi sarebbero serviti a compensare le perdite delle aziende di tutti i settori durante la fase acuta della pandemia: dalla sale cinematografiche al settore della moda alle imprese di spettacolo. Per uscire dalle pastoie burocratiche – così si giustificò il governo – si decise di procedere per via amministrativa, evitando di inserire una norma specifica nella Legge di Stabilità. Ma di quella iniziativa (lodevole) si sono perse le tracce. Gli unici aiuti reali sono stati garantiti dall’assessorato alle Attività produttive, diretto da Mimmo Turano, ai fiorai (5 milioni a fondo perduto, fino a un massimo di 50 mila euro ad azienda) e agli artigiani (mediante un bando della Crias: 40 milioni complessivi, di cui 6 a fondo perduto). Gli altri sono rimasti a guardare. Compresi quelli – vale la pena sottolinearlo – che nel 2020 si accaparrarono le briciole (duemila euro) dopo il fallimento del click day del Bonus Sicilia. Un esempio pessimo di gestione dell’emergenza, e nemmeno così isolato.

L’assessore al Turismo, Manlio Messina, aveva promesso di ritagliare 15 milioni (all’interno del progetto See Sicily, che ne vale 75) per imporre alle compagnie aeree di calmierare i prezzi su alcune tratte da e per la Sicilia. Ma il bando, rivolto soprattutto ai turisti, non è ancora attivo. Sempre a proposito di trasporti aerei, e di debolezze, solo dal 5 agosto, su iniziativa del Ministero delle Infrastrutture, sono partite le cosiddette “tariffe sociali” per viaggiare su Catania e Palermo. Sono coinvolte quattro categorie di viaggiatori: studenti e lavoratori fuori sede, malati siciliani che vanno a curarsi fuori dalla Sicilia, disabili gravi e gravissimi. Tutti loro potranno acquistare un biglietto aereo con le compagnie aderenti all’iniziativa “SiciliaSiVola” (il big sponsor è Giancarlo Cancelleri, sottosegretario al Mims) e avere il 30% di sconto sulle tariffe.

Questa possibilità, valida per tutte le destinazioni, è stata accolta da Alitalia, Blueair, Volotea e Easyjet. E potrebbe tornare utile soprattutto sotto le Feste, cioè il periodo del controesodo di maggior rilievo, in cui il prezzo imposto dai vari vettori è alle stelle. Tutti sono consapevoli che questo sforzo (50 milioni per il 2021 e 25 per il 2022) non basterà. Ma è un esperimento. Promosso dallo Stato. Mentre la Regione rimane a guardare: l’unica contromossa è mandare gli autobus dell’Ast a recuperare gli studenti fuori sede fino a Milano. Per il resto Palazzo d’Orleans ha compartecipato all’iniziativa della continuità territoriale per gli aeroporti di Trapani e Comiso, anche se con il cambio in corsa da Alitalia a Ita il futuro si fa più incerto. La nuova compagnia (che ha già liquidato gli operatori del call center di Almaviva) sarà in grado di garantire il medesimo servizio – cioè prezzi calmierati – per chi si sposta sulle rotte low cost?

Ma, a proposito di “ultimi”, c’è un altro capitolo meritevole d’attenzione. Riguarda il precariato. Nonostante le ristrettezze attuali – dettate soprattutto dal rispetto dei vincoli imposti dall’ultimo accordo Stato-Regione – l’Ars aveva provato a stabilizzare la posizione di 4.600 lavoratori Asu, approvando una norma nell’ultima Finanziaria, con cui fra l’altro si garantivano risorse aggiuntive per il 2021 (pari a dieci milioni). “Si chiude una pagina di precariato storico”, esultò l’assessore Scavone prima di apprendere, da lì a poche settimane, dell’impugnativa da parte di Palazzo Chigi per “eccesso di competenze statutarie”. In pratica, il Consiglio dei Ministri ha bloccato tutto, costringendo la Regione a mandare le proprie controdeduzioni e aprire l’ennesimo confronto a perdere.

Nel frattempo, a metterci una pezza, è intervenuto un emendamento di Faraone (Italia Viva) al Dl Reclutamento, che permette di superare i rilievi dell’impugnativa: per legge “verrà istituito un tavolo tecnico tra istituzioni locali e nazionali per la stabilizzazione di quasi cinquemila lavoratori Asu utilizzati negli enti locali della Sicilia e, nelle more che si trovino le soluzioni più idonee per la stabilizzazione dei lavoratori, con l’emendamento si autorizza la Regione siciliana a prorogare i rapporti di lavoro fino al 31/12/2022”.  Il tavolo tecnico, inoltre, “individuerà inoltre un percorso di stabilizzazione dei duemila contrattisti impiegati negli enti locali della Sicilia in dissesto finanziario”. Una toppa che rimanda il problema, ma non lo risolve.

Prima dell’estate, con alcune variazioni di Bilancio approvate in giunta (attese al vaglio del parlamento), il governo ha confermato l’idea di applicare un nuovo taglio al capitolo Asu, “di oltre il 50 per cento nel 2022 e oltre il 20 per cento nel 2023 – scrivono Cobas-Codir, Ugl, Confintesa e Usb – per concorrere, in via principale, al pagamento dei debiti della sanità siciliana. Un modus operandi oltremodo offensivo e in spregio ai legittimi diritti dei lavoratori, acquisiti ex lege votata all’unanimità dei parlamentari siciliani”. Era stata l’Assemblea tutta, in effetti, a votare per la stabilizzazione di questi precari storici. Che, ancora per un po’, rimarranno precari. Nei giorni scorsi il capogruppo del Pd, Giuseppe Lupo, è tornato a battere sull’argomento: “Abbiamo chiesto al governo ed al parlamento regionale di affrontare il tema dei lavoratori Asu: i 10 milioni di euro che erano stati previsti nella finanziaria regionale devono essere utilizzati per l’impiego e l’aumento del monte ore di questi lavoratori negli enti”. Chissà se avverrà. Per il momento la Regione continua a schermarsi dietro i “problemi” di Armao: l’insularità, le perequazioni, le commissioni paritetiche, i contributi alla finanza pubblica, i disavanzi. Là fuori, invece, c’è il mondo reale che aspetta. Basterebbe un segnale ogni tanto.