La Sicilia, solitamente ultima ruota del carro, torna sempre utile per spedire qualche “miracolato” in parlamento. Così anche stavolta, di fronte a una riforma costituzionale che ha ristretto, e non di poco, il campo di partecipazione (da 945 a 600 parlamentari). I “paracadutati” sono tanti, troppi, e i siciliani non si spiegano il perché. Basta un giro sui social per notare la disaffezione che monta. E lo sconcerto nel rendersi conto che la ‘X’ sul simbolo del proprio partito possa tramutarsi in qualcos’altro: un favore a un uomo o una donna lontani, che nell’Isola non hanno voti né radici. Meglio di tutti sintetizza il concetto lo scrittore Roberto Alajmo: “Delineato il campo dei candidati, spiccano due grandi categorie. Più della metà non li voto perché non li conosco. L’altra metà non li voto proprio perché li conosco”.
Marta Fascina, che potrebbe vivere nell’agio di Villa San Martino o Villa Certosa (d’estate) – tutte possedute dal Cav. che a dispetto della decadenza politica, gode ancora di un capitale solidissimo – non avrebbe alcun motivo, o esigenza, di stare in parlamento. Eppure ci sarà. Si candida in Sicilia, fra l’altro: isola che avrà frequentato solamente in vacanza, dato che la deputata classe ’90, nata in provincia di Reggio Calabria ma vissuta lungamente fra Napoli e Milano, alle Politiche del ’18 era stata eletta in Campania. La Fassina sarà in corsa nell’uninominale a Marsala (che comprende tutta la provincia trapanese), dove la coalizione di centrodestra si aggiudicherà il seggio a mani basse: quello è il territorio di Toni Scilla, per citare un protagonista della vita di partito (migrato in Sicilia orientale, alle spalle di Prestigiacomo, dove tenta l’assalto impossibile al Senato). L’Isola rimane pur sempre l’ultimo feudo di Forza Italia. L’unico (assieme alla Campania, forse) in cui gli azzurri riescono a spingersi puntualmente sopra la doppia cifra percentuale. Perché non approfittarne, a costo di bruciare pezzi di classe dirigente locale?
Ma tra i ‘paracadutati’ di FI c’è infatti un altro nome di rango: quello di Stefania Craxi: ex sottosegretario di Stato agli Affari esteri, 62 anni, figlia di Bettino, storico leader socialista. Dopo aver sfondato cinque anni fa nel collegio uninominale Monza-Seregno, ripiega su un collegio siciliano blindato. Se l’accolleranno gli elettori di Agrigento, Caltanissetta e Gela che dovessero scegliere di barrare il simbolo di Forza Italia al Senato. Restando alla famiglia Craxi, colpisce (ma non più di tanto), il posticino riservato da Enrico Letta a Bobo, fratello minore di Stefania, nel collegio uninominale di Palermo-Resuttana-San Lorenzo alla Camera. La sfida, però, si annuncia più dura del previsto, dato che sfiderà la meloniana Varchi e che i sondaggi assegnano al centrodestra tutti i collegi maggioritari dell’Isola. Craxi, che non compete alle Politiche da una decina d’anni, milanese dop, ha accettato l’investitura del centrosinistra e provato a spiegare la sua visione di Palermo, una “importante e fondamentale città del Mediterraneo. E’ stata una città ed è una città attraversata da molte correnti politiche e culturali, in esse è rimasta certamente una radice laica e socialista”.
Sempre il Partito Democratico, con una scelta che ha fatto infuriare Antonello Cracolici, aveva piazzato Annamaria Furlan, ligure, al proporzionale per il Senato in Sicilia occidentale. L’ex segretaria della Cisl, quatta quatta, ha scavalcato tutti i rappresentanti dell’Isola, facendo esplodere una vertenza nel Pd locale, con il passo di lato dell’ex assessore all’Agricoltura (inizialmente alle sue spalle). Cosa sappia di Sicilia è facilmente intuibile: nulla. Ci sarà stata tutt’al più per qualche convegno. Anche Antonio Nicita, capolista nella parte orientale, di siciliano ha soltanto le origini. Come la leghista Giulia Bongiorno, capolista al Senato a Palermo, che si spinge in città prevalentemente per le udienze del processo Open Arms in cui è imputato Salvini.
Tra le new entry dell’ultima ora, in quota Fratelli d’Italia, c’è persino Michela Vittoria Brambilla, che parte coi favori del pronostico all’uninominale di Gela con vista su Montecitorio: dell’ex ministro dell’Ambiente, diventata nel tempo ultra-animalista, si erano perse le tracce da un po’. Non era chiaro, per la verità, se fosse ancora affine a Forza Italia, che l’aveva confermata in parlamento cinque anni fa (elezione ottenuta ad Abbiategrasso); o a qualcun altro. Ha vinto la seconda opzione. Brambilla, pertanto, risulta due volte “paracadutata”: per il nuovo partito di riferimento, quello della Meloni, e per la regione in cui, verosimilmente, sarà eletta alla Camera. Lei, che è di Lecco, sarà votata dai cittadini di Gela e della provincia di Caltanissetta (ad eccezione di Niscemi) e di sette comuni dell’Agrigentino. Che disdetta.
Infine c’è la categoria dei paracadutati eccellenti: il romano Calenda, per il Terzo polo, è il capolista al Senato per la Sicilia occidentale (al plurinominale, seguito dall’ex ministra Bellanova di Italia Viva); Giorgia Meloni scatta da Palermo (oltre che a Catania), dove si candida al proporzionale per la Camera; stesso percorso per Giuseppe Conte, che non poteva mancare nella patria del Reddito di Cittadinanza. Ci mancano solo Letta, Salvini e Berlusconi, che hanno avuto il buon senso di affollare le altre regioni. La nostra era già overbooking.