Gli effetti del conflitto sulla Sicilia

030325-N-9693M-001 Naval Air Station Sigonella, Sicily (Mar. 25, 2003) -- Sicily's volcano, Mt. Etna, is the backdrop for a U.S. Air Force C-5 "Galaxy" and the air terminal of Naval Air Station (NAS) Sigonella. NAS Sigonella provides logistical support for Sixth Fleet and NATO forces in the Mediterranean Sea. U.S. Navy photo by Photographer's Mate 2nd Class Damon J. Moritz. (RELEASED)

“La preoccupazione è enorme, non soltanto per gli effetti devastanti dell’azione militare, ma anche per le ricadute economiche che le sanzioni determineranno nell’attività di molti settori imprenditoriali che stavano ricominciando a marciare”. Il presidente di Sicindustria, Gregory Bongiorno, traccia un primo bilancio a poche ore dall’avvio del conflitto in Ucraina. Anche i rapporti commerciali con la Sicilia, che dalla Russia importa soprattutto gas (per due miliardi), oltre a legno e carta per la stampa, potrebbero incrinarsi. Rallentando anche l’export, che oggi vale la bellezza di 18 milioni di euro, con un incremento del 76% nel 2021. Anche in Ucraina, oggi assediata dai missili, l’export siciliano va forte: vale 52 milioni, con un incremento del 615% nell’ultimo anno. Dover rinunciare a tanto significa mandare al macero numerose imprese che coi russi e gli ucraini hanno un collegamento diretto. Come nel caso della Corso Legnami di Calatafimi Segesta, un’azienda specializzata nella produzione di legnami e imballaggi per l’agricoltura. Come ha raccontato a Repubblica il patron Angelo Corso, “abbiamo già ricevuto dai fornitori russi la richiesta di pagare il materiale prima della spedizione: una pretesa inaccettabile. Noi importiamo il 50 per cento del legno dalla Russia e i prezzi erano già saliti. Adesso abbiamo già dovuto rallentare la produzione”.

I dati Istat elaborati dalla Sace – Servizi assicurativi e finanziari per le imprese – tracciano la mappa dei settori più a rischio. Per l’export con la Russia il settore chimico pesa per 5,8 milioni, quello di alimentari e bevande 4,8 milioni. Poi i prodotti in metallo, il tessile e l’abbigliamento, la meccanica, le forniture di gomma e plastica. Fra le province in testa per esportazioni ci sono Siracusa (pesa il polo petrolchimico) con 5,6 milioni e Palermo con 3,1 milioni. A causa delle sanzioni imposte dall’Europa, è logico aspettarsi delle ritorsioni da parte dei russi. Che potrebbero incidere anche sulle microeconomie. Anche i flussi turistici, che garantiscono 200 milioni l’anno dalla Russia, rischiano di fermarsi. Giovanni Ruggieri, docente di Economia del turismo all’università di Palermo spiega a Repubblica che “in periodo pre- Covid arrivavano in Sicilia 60 mila turisti russi l’anno, per un totale di 273 mila pernottamenti: il 4 per cento del totale di presenze estere e un valore di 200 milioni di euro. I russi sono al decimo posto fra i visitatori stranieri che scelgono la Sicilia. Un mercato in forte crescita che rischia di bloccarsi”.

Ma l’altra preoccupazione che scuote la Sicilia è legata alla base Nato di Sigonella, nel Catanese, dove da un paio di giorni si alzano in volo i droni che spiano i cieli di Kiev. Per osservare l’avanzata russa. Si tratta dei Global Hawks, 14 tonnellate di peso per 14 metri di apertura alare. L’operatività della stazione è salita di giri, anche se il livello d’allerta non è cambiato. Il sindaco di Lentini si dice preoccupato ma ha le mani legate. La rete pacifista si sta organizzando e nelle prossime ore si prevedono manifestazioni. Specie a Palermo, dove nella serata di ieri è andata in scena la prima protesta pacifica contro la follia russa.

Paolo Cesareo :

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