Gli è rimasto solo Cuffaro

Al congresso della Democrazia Cristiana. Da sinistra Renato Schifani e l'ex presidente Totò Cuffaro (foto Mike Palazzotto)

Addirittura sarebbe disposto a concedergli non due, ma tre mandati presidenziali (l’ha detto davvero durante la Festa dell’Amicizia di Ribera, inaugurata assieme al governatore), ma forse Totò Cuffaro è rimasto l’unico. A parte la professione di fede della DC, il resto della coalizione s’è sfaldata. E il sostegno del centrodestra nei confronti di Renato Schifani è ai minimi storici.

Basta l’esempio di Carlo Auteri, che dopo aver veicolato i contributi dell’assessorato al Turismo alle associazioni a lui vicine (330 mila in tre anni per Progetto Teatrando, con sede a Sortino, in casa della madre), l’ha accusato di non avergli fatto toccare palla. Né a lui né a quelli del suo partito (congettura smentita dall’assessora Amata). I patrioti si sono messi di traverso anche sulla nomina di Vito Riggio – fortemente perorata dal presidente della Regione – come amministratore, delegato di Gesap, la società che gestisce l’aeroporto Falcone-Borsellino di Palermo. “A FdI – scrive Repubblica – piace poco il piglio da uomo solo al comando del professore che tiene in poco conto il loro uomo nominato al vertice della società (Salvatore Burrafato), lancia ultimatum e dà indicazioni sui gruppi interessati alla privatizzazione dello scalo prima ancora dell’inizio delle procedure”.

Alla fine, forse, si convinceranno. Alla soluzione Riggio, oltre a Schifani che l’ha proposto, si è accodato pure Lagalla. Che però, prima, s’è assicurato la conferma di Betta ai vertici del Teatro Massimo. Prima di consumare questo scambio con il governatore, anche il sindaco ha dovuto cospargersi il capo di cenere. L’occasione si è presentata nel corso della kermesse di Forza Italia a Santa Flavia, cui Lagalla ha partecipato come padrone di casa. Era reduce da un pesante conflitto con il presidente della Regione per la mancata fuoriuscita dei renziani dalla giunta municipale (dopo le accuse di Faraone). Una vicenda che in qualche modo gli attori protagonisti ritengono superata (“Ma in famiglia ci si parla”, è stato l’avvertimento di Schifani).

Quello di Lagalla, per il momento, è un movimento civico la cui presenza è meno impattante rispetto ai partiti tradizionali. Tolti i patrioti, che mantengono un ascendente per il fatto di avergli concesso, due anni fa, la poltrona più pregiata, anche il resto della coalizione è adirata. La Lega non accetta ingerenze sul ruolo di Mimmo Turano, l’assessore alla Formazione che qualche giorno fa, durante un vertice di maggioranza a palazzo d’Orleans, è stato accusato di aver assunto un’altra linea rispetto a quella del governo sul prestito d’onore agli studenti, provvedimento (poi) “revisionato” e inserito in Finanziaria. In passato, su altre vicende più localistiche (come il sindaco sostenuto alle Amministrative di Trapani, diverso da quello espresso da FdI) gli screzi erano stati addirittura più pesanti, con la minaccia di arrivare a un rimpasto. Ma il Carroccio, con in testa Luca Sammartino, ha sempre difeso Turano, che infatti rimane in sella. E anche il nuovo segretario di Germanà, fedelissimo di Sammartino, non può che tenere il punto. Peraltro Schifani non si è mostrato molto magnanimo col Carroccio: al posto dell’ex assessore all’Agricoltura ha nominato un tecnico e non, invece, Annalisa Tardino, che avrebbe aspirato a entrare in giunta dopo la bocciatura alle Europee.

L’altro partito che non può dirsi esattamente allineato con il governatore è il Movimento per l’Autonomia di Raffaele Lombardo. Il malumore proviene da lontano, esattamente dalle nomine dei Direttori generali di ASP e ospedali e dai criteri di scelta adottati dal governo. Ma gli animi sono sempre rimasti tesi sul ruolo dell’assessore all’Energia, visto da Schifani come un impedimento, e su numerose altre questioni, a partire dalla gestione dell’Ast, l’azienda siciliana dei trasporti che in passato era stato un feudo autonomista. Oggi non lo è più. Anche all’indomani dello scrutinio delle Europee Lombardo accusò un pezzo di Forza Italia di non aver fatto nulla per agevolare l’elezione a Bruxelles di Caterina Chinnici. Poi è subentrata la tregua, sancita da una photo opportunity. Nonostante il patto federativo fra l’ex governatore di Grammichele e Gianfranco Miccichè, una delle bestie nere di Re Renato (l’ex presidente dell’Ars, reduce da uno scambio cordiale col governatore, ha appena rifiutato il suo invito di rientrare nel gruppo di Forza Italia).

E poi, per l’appunto, Forza Italia. Di fronte a un pezzo di partito che lo segue, ce n’è uno che soffre. E non è più capace di esprimere dissenso, almeno pubblicamente. Li chiamano i ‘murati’. Qualcuno, come Marco Falcone, è volato in Europa grazie alla potenza delle preferenze; altri, come Tamajo, sono stati relegati a ruoli da Serie B dopo aver chiuso il campionato da capocannoniere; altri ancora, semplicemente, contano meno dei Dagnino e delle Volo, o degli Armao, cui vengono assegnati ruoli di governo o di sottogoverno senza nemmeno il pre-requisito dell’appartenenza politica. L’unico modo che i ‘murati’ hanno per contare qualcosa è esprimersi in dissenso con le proposte del governo e della maggioranza mascherandosi dietro il ‘voto segreto’, in aula. Qualche giorno fa l’articolo 3 delle variazioni di bilancio – 30 milioni a favore delle imprese sotto la gestione di Irfis – è stato bocciato con l’astensione di sei deputati della maggioranza. Con la Finanziaria potrebbe riaccadere.

In questo marasma complessivo, in cui persino il partito di Lupi e Romano – Noi Moderati – avrebbe di che lamentarsi (il mancato ingresso in giunta), le parole di Cuffaro suonano come note dolcissime: “Sono grato a Renato, che ha espresso un sentimento di affetto nei miei confronti. Sentimento che è ricambiato” ha detto il segretario della Democrazia Cristiana a Live Sicilia. Poi, nonostante negli ultimi mesi lo stesso Cuffaro avesse palesato l’esigenza di un rimescolamento delle deleghe, offre un’altra ampia garanzia sulla tenuta del governo: “La Dc è un partito leale, che ha sempre fatto la sua parte per intero. Siamo sempre stati presenti in Parlamento nelle scelte importanti. Crediamo in questa coalizione e ringraziamo Schifani, l’unico in Forza Italia che ha preso le ragioni della nostra presenza anche nell’ultima competizione elettorale delle Europee. Tra di noi c’è un rapporto vero. Saremo sempre pronti a sostenere il suo governo e il suo operato politico”. Una polizza sulla vita, almeno fino al 2027, da parte di un amico leale. O anche geniale, volendo.

Alberto Paternò :

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