L’esito parziale del concorso per 46 agenti forestali, dove risulta primo in graduatoria il figlio dell’ex dirigente Salerno (che avrebbe scelto pure la commissione), merita approfondimenti ulteriori. Ma ha già espresso un verdetto: l’assessore Pagana esiste. Scelta da FdI per gestire alcune competenze a lei estranee (Territorio e Ambiente), la moglie di Ruggero Razza, ex grillina, in questo primo anno di legislatura ha fatto parlare di sé solo per le modalità con cui è stata catapultata nella squadra di Schifani. Pur avendo mancato l’elezione diretta all’Ars (è finita terza nel collegio di Enna, staccatissima dalla concorrenza), i patrioti – con Musumeci come garante – l’hanno preferita a chi aveva i voti (Savarino e Assenza). I risultati però latitano.
Lo scandalo dei forestali le aveva dato modo di rompere il muro della timidezza, di affrancarsi dall’ombra costante del presidente (che ne avrebbe fatto volentieri a meno) e dal titolo di “moglie di”, ma non c’è riuscita. Anziché dimenarsi nel giallo del concorso, di affermare la questione morale rispetto alle presunte raccomandazioni, di scandagliare il lavoro della commissione d’esame, Pagana darà la caccia a chi ha passato la graduatoria ai giornalisti, violando il segreto: “Ho dato disposizione di verificare immediatamente come si è arrivati alla divulgazione e accertare eventuali responsabilità, a tutti i livelli, considerata anche la massima riservatezza dell’elenco che contiene dati personali dei partecipanti. Ho inoltre chiesto, una volta chiarite le circostanze della pubblicazione, di prendere adeguati provvedimenti segnalando, se necessario, eventuali responsabilità all’Autorità giudiziaria”.
E’ come la storia della pagliuzza e della trave, peccato che la Pagana abbia scelto la prima. Ma in fondo, è da capire. Non ha i voti, a dispetto di qualcuno dei suoi colleghi. Fu scelta nella notte dei lunghi coltelli assieme e Scarpinato, un altro reietto di questa giunta, mentre il neo governatore – che ancora non aveva fatto i conti con la frangia turistica di Fratelli d’Italia – minacciava lo spettro delle dimissioni tumultuose. Lui non s’è dimesso, i due sono rimasti. E ancora pagano quel peccato originale. Peraltro la Pagana, entrata a pieni giri nel sistema di riforma della Commissione tecnico scientifica, in un primo momento aveva nominato il prof. Trombino nel ruolo di presidente. Nel giro di qualche mese, le hanno rifilato un grande cavallo di ritorno: l’avvocato Gaetano Armao. L’avrà presa con tutta l’ira di cui è capace, penserete voi. E invece no: “Ringrazio il professore Giuseppe Trombino, che ha traghettato la Cts in questa fase molto delicata e ne ha tenuto alto il livello di rendimento”, ha detto l’assessore dopo il foglio di via. Oggi è qui che si arrabatta…
Sempre meglio di Scarpinato, che rappresenta la vera pecora nera di questa giunta. Il doppio carpiato dal Turismo ai Beni culturali sembrava avergli tolto qualche responsabilità dopo il pasticcio di Cannes (quando provò a fuggire da responsabilità non soltanto sue). Invece ha dovuto fare i conti col governatore per un paio di fughe in avanti inammissibili: il dialogo con Cateno De Luca sulla modifica della gestione del Teatro Antico di Taormina e l’aumento del 30% dei ticket d’ingresso a parchi archeologici e musei. Due azioni non concordate che il presidente Schifani ha subito sconfessato. Così a Scarpinato rimane l’onere di mettere la faccia sulle scoperte archeologiche o sui risultati delle mostre. Tertium non datur. E’ un altro assessore senza voti, quasi un peso, ma resta l’allievo prediletto della coppia Messina-Lollobrigida, che non sembrano disposti a rinunciarci.
Pure l’altro assessore di Fratelli d’Italia, Elvira Amata, è in azione per conto terzi. Sul modello Balilla, si spende per il turismo, per la promozione, per la comunicazione. Non bada a spese. E’ il garante di una linea che non passa mai di moda. Per mostrarsi solidale ai suoi predecessori, ha affermato che SeeSicily è stato un clamoroso successo perché “era soprattutto un progetto di comunicazione sulla Sicilia e su questo fronte ha funzionato in maniera pazzesca (…) Il fatto che l’operazione dei voucher per le notti omaggio negli alberghi non abbia funzionato non significa che l’intera misura non sia servita”. Poi ha dato nuovo impulso alle Celebrazioni belliniane, già inserite nel piano triennale dalla giunta precedente, e ideato gli Stati generali del Cinema per il prossimo aprile a Ortigia. E’ pronto mezzo milioncino per l’affidamento dei servizi e – c’è da starne certi – anche questa volta sarà un successo.
Tra gli assessori che non proferiscono parola, stretti nella morsa di Schifani, ci sono pure Alessandro Aricò, assessore alle Infrastrutture ancora alle prese con l’apertura del ponte di Blufi; Mimmo Turano, che per poco non s’è ritrovato fuori dalla giunta quando fece votare il candidato del Pd nella sua Trapani; Nuccia Albano, esponente cuffariana difesa a spada tratta dal governatore dopo che Report l’accusò di essere figlia di un mafioso (con sessant’anni di ritardo). Sono tutti grati al presidente perché non avrebbero trovato collocazione e vetrina migliore. Non è conveniente esporsi, assumere iniziative, andare fuori dalle righe. Schifani, al netto di qualche caduta dal pero, non è solito delegare, però è solito incazzarsi, inacidirsi e persino punire.
Lo ha fatto con quel temerario di Marco Falcone, a cui preferì sfilare la delega alla Programmazione dopo il pasticcio della scorsa Finanziaria. Il Consiglio dei Ministri impugnò una serie di norme (dal valore di 800 milioni) perché i canali della spesa individuati – i fondi europei – non erano ancora “disponibili”. Apriti cielo. Falcone, che è certamente dotato di iniziativa e pragmatismo, è stato un po’ compresso nel suo ruolo (anche dall’arrivo di Armao, questa volta come consulente per le questioni extraregionali). Ne è prova la recente disputa sulla Legge di Stabilità che la giunta non si è ancora decisa ad approvare e che il forzista aveva già spuntato un paio di settimane fa. Schifani ha preferito rivedere alcune voci (specie quelle sull’antincendio). Falcone è lo stesso ad aver dato segni d’aperturismo alle opposizioni: anche questo, però, è stato giudicato dal suo capo un errore di calcolo. E allora via pure la delega ai rapporti con l’Ars.
Da quelle parti funziona solo chi non fiata. L’assessore Di Mauro, non allineato sulla vicenda dei termovalorizzatori, ha dovuto addolcire modi e argomentazioni (delegando a Raffaele Lombardo i temi più spinosi); Messina, esponente della Dc, non è mai stato troppo appariscente (gli basterà portare avanti la legge sulle province per guadagnarsi un plauso). E che dire dell’assessore Volo? Il “fantasma” della sanità, scelta per fare un torto a Micciché, attaccata da tutti e mai difesa (ufficialmente) da nessuno, è stata commissariata col capo dipartimento alla Pianificazione strategica, Salvatore Iacolino. Nessuno l’ha mai notata arrivare a piazza Ziino (ogni tanto è andata in aula, all’Ars, priva di risposte alle interrogazioni piovutele addosso).
Gli unici ad essersi ritagliati un minimo d’autorità e di giudizio, e la possibilità di finire sui giornali senza essere redarguiti, sono quelli coi voti: Sammartino e Tamajo. Loro non sono imputabili di protagonismo eccessivo; hanno dietro una struttura tale, in termini di preferenze (oltre 40 mila in due) e di deputati, da potersi concedere margini di manovra. Hanno una grossa voce in capitolo, due province alle spalle e una certa autonomia di pensiero. Non devono chiedere il permesso. Con loro due, che sono forti, Schifani è debole. E già questa è una conquista.