Si può dire così, per comprendere il senso. La politica, come noto, è fatta anche di segnali. Lo è l’incontro di circa un’ora tra Sergio Mattarella e Giorgia Meloni, a margine della riunione del Consiglio Supremo di Difesa. Lo è stato quello del giorno prima quando, negli stessi minuti in cui la premier da Vilnius riaffermava l’intenzione di tirare dritto sulla giustizia, al Quirinale sono stati ricevuti i vertici della magistratura italiana, che si sentono sotto attacco. Né nell’uno né nell’altro caso, come prevedibile, sono filtrate note roboanti o indiscrezioni, con conseguente ridda di interpretazioni che avrebbero aggiunto mortaretti ai fuochi di artificio già piuttosto allegri di questi tempi. Però un primo effetto di questi segnali, che vale più di un comunicato e di cento indiscrezioni, sono le parole con cui il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano sconfessa platealmente il ministro della Giustizia Carlo Nordio sul concorso esterno. Tranchant: “La modifica non è in discussione, le priorità sono altre”. Punto. Continua sull’Huffington Post
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La Meloni e l’effetto Mattarella Dopo La Russa zittito pure Nordio
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