Il suo ultimo libro “Malanottata” (editore HarperCollins) ha vinto il premio Cortina in agosto. Un successo meritato che riporta i lettori – e lui, l’autore Giuseppe Di Piazza – indietro fino agli anni ’80 descritti nel libro e al mondo scombinato e allegro dei giornalisti esordienti al giornale L’Ora. E dipana la realtà cittadina in una narrazione piacevolmente à rebours fra delitti e strade borghesi, desideri e borgate, memoria e fantasia. La mafia sullo sfondo pesa e non pesa, perché alla fine, fra i protagonisti del volume, si insinua prepotente Palermo con i suoi contrasti e fa da grande contenitore dove tutto trova una sua logica (o non logica) e una spiegazione, magari non proprio razionale.
Ma è difficile non notare qualche eco biografico nella vicenda del biondino di “Malanottata” che passa metà delle sue notti sulle notizie da trovare e le giornate in giro per Palermo sulla vespa. Perché Di Piazza- oggi responsabile del dorso romano del Corriere della Sera dopo svariate prestigiose direzioni di magazine e mensili – iniziò proprio in questo modo a fare il giornalista nelle Palermo delle mattanze che molto aveva da insegnare a chi voleva imparare il mestiere e molto sfotteva chi ci provava. Che non si sentisse mai davvero tranquillo dei propri risultati. Tanto che il suo protagonista viene chiamato in redazione “Occhi di sonno”, così tanto per non farlo illudere di niente. E spingerlo a sgobbare senza respiro.
Prima del volume premiato a Cortina, Di Piazza ha scritto “I quattro canti di Palermo” (ed. Bompiani), “Un uomo molto cattivo” (ed. Bompiani) e l’e-book “Fango – Doppia morte di un uomo perbene” (Corriere della Sera).
Dopo gli anni eroici del giornale del pomeriggio, Di Piazza si trasferisce a Roma dove partecipa alla nascita del giornale “Reporter” di Enrico Deaglio approdando alla fine al Messaggero dove resta a lungo e dove percorre tutta la carriere professionale prima di entrare in Rcs MediaGroup, dove lavora tuttora.
Ma mentre amplia il suo percorso professionale e allarga il suo orizzonte all’esperienza della narrativa, Di Piazza incontra una terza tentazione: la fotografia che gli apre nuovi orizzonti e gli da una possibilità espressiva in più, questa volta per immagini. Volti, paesaggi, Stati Uniti, pianura padana, Sicilia. Giuseppe Di Piazza affianca, alla propria esperienza di giornalista-scrittore, un altro se stesso che cerca la realtà interna delle cose. O che si sforza di esprimerle da un punto di vista estremamente nuovo e personale, fuori dalle esigenze di oggettività e concretezza necessarie nella parola scritta. Fuori dalla gabbia del realismo.
Un nuovo percorso. E sono mostre e sono successi mentre la macchina fotografica documenta- assieme alle vedute – anche dubbi, visioni del mondo, ricerca di confini, viaggi oltre i confini dell’immediatezza. Così se New York spesso non è chiara e definita, altrettanto accade a Milano il cui Duomo si fa di luce fine a scomparire in una macchia bianca estremamente suggestiva mentre il paesaggio marino siciliano assume colori forti, diversi, aranciati o sconvolti da una tempesta.
E non è un caso se le sue vedute di New York sono state presentate a Milano proprio nei giorni in cui si insediava Trump mettendo in luce un volto dell’America che non eravamo abituati a conoscere e che Giuseppe Di Piazza aveva rappresentato sottolineando più i dubbi che le certezze di ciò che era entrato nel suo obiettivo. Il lato oscuro degli Usa.
Dopo alcuni anni proficui a Milano durante i quali ha diretto il mensile Max, il Corriere della Sera Magazine poi tornato al suo nome Sette, è stato responsabile editoriale responsabile editoriale del sistema “Corriere Innovazione” e rappresentato una delle penne principali del Corriere, Di Piazza è tornato a Roma come responsabile dell’edizione romana del giornale. Una grande sfida. Sposato con Roberta Moen da cui ha avuto tre figli, Giuseppe Di Piazza vive fra Milano e la capitale.