Il Partito Democratico comincia a sciogliere i nodi in vista delle elezioni Europee. Il rilancio imposto da Nicola Zingaretti, da poco “salito” alla segreteria “dem”, parte da un siciliano: si tratta di Giuseppe Antoci, nativo di Santo Stefano di Camastra, responsabile legalità del Pd ed ex direttore del Parco dei Nebrodi, che potrebbe finire nella lista per Bruxelles. Il suo nome era “vivo” prima dell’elezione di Zingaretti e, a maggior ragione, lo è adesso. Darebbe certamente lustro al partito, al cospetto di una politica sempre più imbruttita anche dall’interno (il caso Ruggirello lo dimostra).
L’impronta legalitaria di Antoci, classe ’68, risale al 2014, quando, da direttore del Parco, introdusse un protocollo per l’assegnazione dell’affitto dei terreni, che prevede la presentazione del certificato antimafia anche per quelli di valore inferiore a 150 mila euro. Il “Protocollo Antoci” venne esteso a tutta l’isola dal ministro per le Politiche Agricole, Maurizio Martina, che nel 2018 – da reggente segretario del Pd – rinnovò ad Antoci l’incarico di responsabile nazionale per la legalità che aveva provveduto ad assegnargli la segreteria Renzi. Il “Protocollo” è stato recepito dal nuovo codice antimafia il 27 settembre 2017 e adesso è applicato in tutta Italia.
“Per la sua coraggiosa determinazione nella difesa della legalità e nel contrasto ai fenomeni mafiosi” Antoci fu insignito da Sergio Mattarella dell’onorificenza di “Ufficiale al merito della Repubblica Italiana”. Correva il novembre 2016. Giusto qualche mese prima, era la notte fra il 17 e 18 maggio, il presidente del Parco era stato vittima di un attentato mafioso mentre faceva ritorno a Santo Stefano di Camastra: ma grazie all’auto blindata e all’intervento della scorta ne uscì illeso. Non si trattò della prima minaccia: già a fine 2015 la polizia postale intercettò due buste contenenti 5 proiettili calibro 9 indirizzate al Parco dei Nebrodi.
Nel 2017 Antoci ottenne anche la benemerenza della Regione Siciliana. Nel novembre 2018 anche il Financial Times dedica la prima pagina alla sua lotta contro la mafia, che adesso potrebbe costargli la convocazione del partito a un ruolo più incisivo (e diretto) nell’agone politico rispetto all’attuale. Antoci sarebbe un nome di sicuro appeal per rilanciare la campagna elettorale del Partito Democratico, che a livello locale si misura con la “faida” interna tra il segretario regionale Davide Faraone e l’ala zingarettiana del partito. Faida in cui Antoci non è mai entrato. Sarebbe il candidato super partes e moralmente inattaccabile. Quello che tutti aspettano per dare ai “dem” una patina di verginità legata ai migliori rappresentanti della società civile. L’unica candidatura politica risale al 2013, quando si candidò al Senato col Megafono di Crocetta, senza essere eletto.