È stata fra i pochissimi a “forzare” (metaforicamente, s’intende) la porta d’ingresso dei luoghi più inviolabili di palazzo Farnese, sede dell’ambasciata francese, a Roma. Per realizzare il primo film d’opera della sua carriera. Giulia Randazzo, 35 anni, è la regista di ‘Farnese Suite’, il lungometraggio dei giovani artisti del ‘Fabbrica Young Artist Program’ del Teatro dell’Opera di Roma, in collaborazione con l’Ambasciata di Francia in Italia e l’Opera di Parigi. La Randazzo, assieme al mezzosoprano Irene Savignano, è una delle due palermitane selezionate per la terza edizione di Fabbrica YAP, un programma ambitissimo, che richiede un’attenta e mirata selezione in giro per il mondo e un paio d’anni di studio, lavoro e approfondimento. “Quando ho appreso la notizia – ci spiega al telefono – non ci ho dormito tutta la notte”.
Della classe prodigio fanno parte 15 allievi, che sapienti maestri internazionali guidano in una fase delicata della carriera che corrisponde all’inizio del lavoro in palcoscenico. La Randazzo è la prima donna ad aver vinto il posto di regia. E il team creativo, di cui fanno parte anche scenografo e costumista, è tutto al femminile. “Un traguardo che ci rende particolarmente orgogliose – dice lei – perché il mondo dell’opera è spesso conservatore. Siamo molto grate a Eleonora Pacetti, la responsabile del programma, per aver scommesso su di noi”. Ma cosa avviene nel corso di questi due anni di formazione? Fabbrica YAP non è un’accademia specializzata in produzione interne, ma mette i propri “tirocinanti” in condizioni di farsi notare: Giulia, l’estate scorsa, ha firmato il progetto visivo de ‘La vedova allegra’ di Lehar, messa in scena al Circo Massimo; e ‘Inconfessabile Verdi’, per il Teatro Regio di Parma. Nel prossimo maggio, Covid permettendo, inizierà a preparare il suo nuovo spettacolo al Biondo di Palermo. Un ritorno a casa. Nel frattempo è risultata vincitrice del “Concorso Europeo per il Teatro e la Drammaturgia Tragos” (sezione Regia – sottosezione lirica) per lo studio realizzato per il ‘Barbiere di Siviglia’ di Rossini.
Nel novero dei progetti della Randazzo, ‘Farnese Suite’, co-produzione Rai, è senz’altro uno dei più importanti: “Ci siamo divertiti a intrufolarci ovunque: siamo riusciti a girare persino nella stanza di Macron, con la sicurezza che ci ronzava attorno – ricorda la Randazzo. – L’opera nasce per essere eseguita dal vivo, quindi un cine-concerto è una sfida contronatura. Abbiamo dovuto superare problematiche legate alla presa diretta o al fatto che ci trovassimo all’interno di ambienti inadatti a proiettare la voce. Ma la squadra era fantastica e ne è valsa la pena. Ho avuto il privilegio di lavorare fianco a fianco con colleghi giovanissimi, provenienti da tutto il mondo. Non so se è stato il nostro entusiasmo o la nostra incoscienza a far sì che anche colonne portanti del Teatro siano state travolte dal vortice di Farnese: i costumi sono stati curati ad esempio da Anna Biagiotti”.
Nonostante le difficoltà di questo periodo, in cui l’arte è spesso confinata allo streaming, Giulia ha piena consapevolezza di cosa rappresenti questa fase della sua crescita: “L’Opera di Roma è l’unica realtà italiana e una delle pochissime in Europa ad avere uno Young Artist Program per team creativi. Essere selezionati è stato un terno al lotto. Mi godo l’esperienza finché dura”. Poi sarà il momento di percorrere altre strade. Col vantaggio di portarsi dietro un bagaglio d’esperienza irripetibile.