Giochi proibiti su Fontanarossa

La questione (irrisolta) della mappatura delle Camere di Commercio rischia di avere delle ripercussioni. Due su tutte: l’instabilità all’interno di Forza Italia, con le Amministrative che hanno riportato il pendolo dalla parte di Marco Falcone; e, soprattutto, una nuova crepa nei rapporti istituzionali fra Stato e Regione. Nei giorni trascorsi ad analizzare il voto delle Comunali, infatti, il Ministro per le Imprese e il Made in Italy, Adolfo Urso, ha ribadito le proprie perplessità sulla ridefinizione degli enti camerali che il governo – con l’eccezione di Falcone – ha approvato giovedì scorso. La madre di tutte le questioni riguarda la Camera di Commercio del Sud-Est che, a dispetto di una norma abrogativa del 2021 (a firma Stefania Prestigiacomo), tornerà a riunire sotto lo stesso tetto i territori di Catania, Ragusa e Siracusa.

Nel vertice convocato da Urso per martedì mattina in videocall, e disertato dalla Regione, quasi tutte le associazioni di categoria hanno manifestato la propria perplessità rispetto alle decisioni assunte dal governo Schifani. Che, a sua volta, giudica il provvedimento definitivo. Al ragionamento, però, bisogna aggiungere un elemento che rende giustizia alla tensione scaturita dal dibattito: cioè che la Camera di Commercio del Sud-Est, nella sua attuale composizione, detiene il 61% di Sac, la società che gestisce gli aeroporti di Catania (un milione di passeggeri nel solo mese di maggio) e Comiso, dove grida vendetta l’addio di Ryanair. Un asset strategico, che nei prossimi anni avrà il compito di guidare – in una direzione o nell’altra – il processo di privatizzazione di Fontanarossa. Una società “contesa”, che attira appetiti di ogni genere, e che la politica non può fare a meno di monitorare.

Lo fa Schifani, ma ovviamente lo fa anche Urso. Che è acese d’adozione e conosce bene le dinamiche. L’incontro di martedì era un avviso ai naviganti: dietro la “prospettiva di una migliore rappresentatività delle istanze imprenditoriali e territoriali” c’è un malcontento per le mosse di Schifani, se non una presa di distanza che ha irrigidito il governatore. E sfaldato il rapporto fra i due. Ci aveva già pensato la disputa sul fotovoltaico – la Regione ha sospeso tutte le autorizzazioni con l’obiettivo di assicurarsi le royalties legate al consumo di suolo – a separare i piani dei rapporti personali da quelli politici. La vicenda sulle Camere di Commercio rischia di incrinare soprattutto questi ultimi, e il livello di fiducia di Palazzo Chigi rispetto all’operato dell’esecutivo siciliano. Va bene essere “amici”, ma su questioni così delicate è utile oltreché giusto ricondurre tutto a dinamiche istituzionali, e non a precipitose fughe in avanti che si sono già rivelate in tutta la loro debolezza.

Prendete l’ultima Finanziaria: approvata in pompa magna dall’Ars (assorbendo le proposte del governo) e smontata pezzo dopo pezzo da Fitto, che ha impugnato capitoli di spesa per circa 800 milioni. Il motivo? Aver finanziato alcuni interventi, tra cui parecchie marchette, con fondi a valere su una dotazione comunitaria (Fsc) non ancora nella disponibilità di Palazzo d’Orleans. Così, fermi tutti e ripartire daccapo. Proprio su questa intricata vicenda si è svolto a Roma un incontro riparatore fra Schifani e il Ministro della Coesione territoriale: “Al più tardi entro il mese di settembre – ha detto il presidente della Regione – concluderemo un accordo con il governo nazionale per mettere a sistema tutte le risorse per la coesione disponibili per il territorio siciliano. L’intesa con il ministro Fitto punta a mettere in sicurezza la chiusura del ciclo 14/20, assicurare il completamento di tutti gli investimenti meritevoli che concorrono allo sviluppo della Sicilia e già avviati sul territorio regionale”. “Il ministro – aggiunge Schifani – ha anche assicurato la possibilità di impiego delle risorse Fsc 21-27 per il cofinanziamento regionale dei programmi comunitari. Ciò consentirà di liberare somme importanti sul bilancio triennale della Regione”.

Molto meno delineato, invece, l’esito sugli enti camerali. Che apre un altro squarcio nel governo e nel partito di Schifani: Forza Italia. Marco Falcone è stato l’unico a tirarsi fuori dalla ridefinizione territoriale e, come racconta Mario Barresi su ‘La Sicilia’, si sarebbe congedato dal gruppo, giovedì scorso, etichettando come “delinquenti” i componenti del “comitato d’affari” che vorrebbero fare un sol boccone della CamCom per arrivare a Sac. E fare un sol boccone anche di quella. Un malumore chiaro ed evidente rispetto alle dinamiche, tutte catanesi, che si starebbero delineando in queste ore: ossia la preminenza dell’ex renziano Nicola D’Agostino, il quale è legato sia all’attuale ad della società di gestione, Nico Torrisi, che al commissario della Camera del Sud-Est, Antonio Belcuore.

L’avanzata del deputato etneo in questa scala di potere – secondo alcuni una “ricompensa” per il suo approdo a Forza Italia e il transito dal gruppo di Micciché a quello di Schifani – rischia di sconquassare gli azzurri, già alle prese con alcune acrobazie. Pur di mantenere l’equilibrio tra fazioni, Trantino in campagna elettorale è stato costretto su input di Schifani a designare un assessore palermitano: cioè il commissario regionale di FI, Marcello Caruso. I risultati di domenica e lunedì, però, hanno dato ragione a Falcone, che ha fatto eleggere tre consiglieri (a FI sono scattati cinque seggi). “Raccogliamo dei risultati frutto della costante presenza al fianco della gente della nostra squadra di militanti e candidati, di un grande impegno espresso in questi anni nella ricostruzione e nel rinnovamento del partito fondatore del centrodestra”. Parla di anni e di costanza, Falcone. Non di ultimi arrivati. Anche il politichese, talvolta, può restituire uno stato d’animo ben preciso. E quello di Falcone, i cui rapporti col governatore sono definiti “freddissimi” (anche per la gestione dell’aula ai tempi della Legge di Stabilità), non è il massimo.

Adesso toccherà a Schifani dirimere la questione. Sciogliere i nodi. Imbonire i nemici. Dare priorità a una strategia audace, o ripiegare su consigli più miti che gli consentano di governare bene. Anzi, di tornare a governare. Perché negli ultimi mesi non s’è visto niente al netto delle chiacchiere, delle discussioni sui rimpasti, delle infatuazioni per Aeroitalia. A proposito: il presidente ha tenuto a farci sapere di aver inaugurato la rotta per Fiumicino a Punta Raisi, e che l’aereo non ha fatto ritardo. Almeno a Palermo non c’era la Sac ad accoglierlo, e nessuno ha potuto pensare male.

Alberto Paternò :

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