Fratelli coltelli d’Italia

Meloni all'Altare della Patria in compagnia del ministro Guido Crosetto e del presidente del Senato, Ignazio La Russa

Come in tutte le corti anche in quella di Giorgia Meloni c’è un miscuglio di rivalità, invidie, maldicenze e gelosie. E chi viene da Alleanza Nazionale non fa che dire: “Attenti ragazzi, stiamo ricreando la vecchia sindrome dei colonnelli del tutti contro tutti, come al tempo del generale Gianfranco Fini”. Molti dei big dello stato maggiore di An sono adesso le persone più vicine a Giorgia Meloni che, dai banchi dell’opposizione, aveva tentato, e in parte c’era anche riuscita, la ricucitura tra le correnti. Ma ora, all’ombra della premier, fioccano i dualismi e i correntismi, anche se pubblicamente c’è l’obbligo di mostrare unità e compattezza intorno alla condottiera.

Chi conosce a fondo questo mondo, perché lo frequenta da decenni, spiega: “Si stanno sommando intorno a Giorgia i vecchi rancori personali e politici a duelli sulle partite di oggi. Ma finché si è al 30% va tutto bene, i problemi maggiori verranno dopo”. E considerata la flessione nei sondaggi, i primi nervosismi iniziano ad affiorare.

Nomine per il rinnovo dei Cda delle partecipate, in cui ognuno vuole dire la sua e stronca le manovre del vicino di banco. Nomine in Rai, dove il piatto del potere si è allargato e ognuno vuole mangiare a spese dei colleghi in una destra balcanizzata fin dentro il cerchio magico della premier. E ancora, la gestione del partito: devo comandare io o devi comandare tu? Va data mano libera a Francesco Lollobrigida insieme alla moglie Arianna Meloni, o lo deve dirigere Giovanni Donzelli a nome della premier nonostante il pasticcio con Andrea Delmastro e altri guai? Ecco un breve assaggio delle questioni che fanno ribollire il partito del premier, la quale comunque ha l’ultima parola su tutto e, almeno per ora, nessuno la mette in discussione. Ma lei è la prima a sapere, conosce bene quanto sia rissoso e geloso l’universo della destra specie ora che è andato al potere, che tra i suoi non regna l’armonia e ci vorrebbe davvero un Pinuccio Tatarella, soprannominato non a caso, al tempo del governo Berlusconi, il ministro dell’Armonia. Continua su Huffington Post

Gabriella Cerami :

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