Se ne sono dette e cantate di tutti i colori nel corso dell’ultima campagna elettorale, ma adesso le opposizioni (Pd e Cinque Stelle) non possono più fare a meno di Cateno De Luca. Una decina di giorni fa lo avevamo “reclamato” ai posti di combattimento: non perché si avvertisse l’esigenza dell’eloquio incisivo, a tratti volgare, del leader che s’è fatto da solo. Ma per dare una mossa ai lavori del parlamento, fermo agli inciuci del collegato e un pugno di mosche dopo un anno di legislatura. E in effetti, in questi dieci giorni, qualcosa è successo: Cateno s’è lasciato alle spalle gli impegni da sindaco e da eterno candidato-a-tutto, dedicandosi alle peripezie d’aula. E l’opposizione è tornata a fare l’opposizione, impugnando la Finanziaria di Schifani & Falcone e riscrivendone una buona fetta in seconda commissione. Sono stralciate dal testo le norme-flebo per l’Ast e l’Airgest, due carrozzoni regionali che dissanguano ogni anno il bilancio. Altre cose sono riapparse, come l’emendamento per promettere un futuro stabile agli Asu. Altro ancora succederà a Sala d’Ercole non appena comincerà l’esame della manovra.
Dall’aula, da quei corridoi, De Luca è tornato all’attacco. Ha sverniciato Schifani sul Ponte, evidenziandone le omissioni (come la famosa delibera di giunta in cui prometteva un miliardo a Salvini: in realtà esiste solo una nota inviata al ministro il 18 ottobre); ha creato caos nella maggioranza, inserendosi nelle dinamiche interne già poco chiare; ha rinsaldato il fronte delle opposizioni, come non succedeva dalla scorsa legislatura. Pd e M5s sono tornati a dialogare, e adesso non escludono future alleanze. E addirittura un candidato comune: De Luca, appunto.
Che il sindaco di Taormina rappresenti la punta di diamante di questo schieramento è il segreto di Pulcinella; che possa diventare il “candidato di sintesi” per dare alla sinistra una nuova possibilità di governo, sta diventando ogni ora più probabile. Nel corso di un dibattito a Ragusa, a margine della presentazione del suo libro, è stato l’onorevole Nello Dipasquale, a offrirgli un assist che non capita spesso. “Stiamo portando avanti un lavoro insieme in parlamento dai banchi dell’opposizione – ha detto il deputato regionale del Pd – ma sono convinto che questo progetto di una visione diversa della Sicilia ci vedrà insieme anche alle prossime elezioni e, perché no, con Cateno De Luca candidato alla presidenza”. Il leader di Sud chiama Nord ha incassato l’endorsement, andando addirittura oltre.
La futura collaborazione con Pd e Cinque Stelle potrebbe essere anticipata alle Europee. Fateci caso: da qualche tempo – probabilmente da quando Renzi l’ha tradito soffiandogli una senatrice – Scateno ha smesso di parlare di “matrimonio d’interesse”. Per Bruxelles resta in piedi l’opzione Calenda – i due si sono già visti e continuano a fiutarsi – ma la difficoltà a trovare sistemici punti di contatto e l’asse con i gruppi siciliani d’opposizione, potrebbero cambiare le carte in tavola. A tal punto da consigliare l’ingresso dei candidati di Sud chiama Nord nelle liste di Pd e Cinque Stelle.
Non si tratta di un’ipotesi peregrina ma sostanziale: “Non so se riusciremo a definire un accordo con Azione e altre forze politiche – ha anticipato De Luca – così, nelle nostre riflessioni notturne, ho chiesto a Pd e Cinque Stelle di verificare la possibilità di ospitare dei nostri candidati. Noi rischiamo di diventare dei “donatori di sangue”, ma a loro converrebbe, perché un nostro impegno diretto e concreto sarebbe l’unico modo per farli votare dai nostri iscritti e simpatizzanti. Che altrimenti non li voterebbero”. Ma al netto dei reciproci interessi, è come se questa prova di fiducia contenesse altro: “Pd e M5s devono dimostrare di aver superato gli steccati, che se prima esistevano delle riserve (su De Luca, ndr) adesso non esistono più. E’ il momento di maturare ed evolversi. Se vogliamo rappresentare un fronte credibile che punta ad amministrare, non possiamo presentarci come un’accozzaglia “contro qualcuno”: o gli elettori percepiscono che il progetto regge o continueranno a votare sempre la stessa area”.
Serve una sinergia che vada oltre la Finanziaria, che vada oltre le Europee e anche oltre l’ambizione, di per sé legittima, di mettere i bastoni fra le ruote a Schifani: “Io – chiarisce subito De Luca – non campo per fare opposizione, come qualcuno che in questo modo si sente legittimato a dire stronzate a vita. Io voglio governare. Dobbiamo introdurre un modello di governo che sia più vicino all’amministrazione che non alla politica. E parliamoci chiaro: tutti vorrebbero ospitare i nostri candidati nelle proprie liste, specie i partiti del centrodestra. Ma non sposeremo mai quegli schemi. Vogliamo rappresentare un’alternativa a queste destre”. Parole che non possono non scuotere le coscienze dei due partiti che viaggiano sull’onda progressista, ma che anche alla vigilia delle ultime Regionali trovarono la forza di dividersi e polverizzare un consenso già ai minimi termini. Serve uno scatto culturale, valutando i motivi dello stare insieme (che comprendono anche le diversità). “Credo – ha aggiunto De Luca – che una decisione dovrà arrivare entro fine gennaio. La nostra assemblea nazionale è fissata per il 2 e 3 marzo, a quel punto verrà ufficialmente ratificata la scelta”.
Sud chiama Nord sta “sempre con le lampade accese e la cintura ai fianchi”, ma anche da parte di Pd e Movimento 5 Stelle servirà un segnale incontrovertibile. Di buona volontà, innanzitutto. Le foto e i selfie in pizzeria sono senz’altro fonte di ispirazione giornalistica, ma è evidente che non bastano. A qualcosa in più – ma i due partiti l’avevano fatto anche nel corso della legislatura di Musumeci e poi si sa com’è andata – serve la sinergia sui temi. E la Finanziaria costituisce un’ottima base di partenza per affinare le intese. Con una nota congiunta diramata ieri, ad esempio, le opposizioni hanno chiesto al presidente dell’Ars, Gaetano Galvagno, di rinviare “la discussione generale su Bilancio e Finanziaria finché il presidente Schifani non verrà a riferire in aula sulla consistenza e destinazione delle risorse extra regionali disponibili per fare la manovra, che oggi rappresentano la quasi totalità delle disponibilità regionali da destinare alle spese per investimento e che noi non conosciamo”. Prima bisogna provare a vederci chiaro, poi assumere una posizione decisa, e infine dedicarsi al resto. Anche in politica, come nel calcio, la costruzione parte dal basso.