Sicilia Futura affida il proprio avvenire a Forza Italia. Il gioco di parole è banale, ma banale è l’ultima vicenda di riposizionamento nel panorama politico siciliano. Quando si tenta di spiegare le ragioni dei cambi di casacca, inevitabilmente si finisce per arrampicarsi sugli specchi, per avvilupparsi in ragionamenti senza capo né coda, per dare giustificazioni non richieste e improbabili. Sarebbe più semplice e diretto dire che non conveniva restare dove si era e si è trovata una collocazione che offre maggiori possibilità di tornare a Sala d’Ercole. Che poi è quello che capiscono tutti, e in larga parte accettano come un normale episodio, convinti che idee, valori, coerenza e dignità sono roba desueta.
D’Agostino, deputato di Sicilia Futura, non riesce a nascondere un residuo di pudore e si ingarbuglia sostenendo che la scelta mira a rafforzare il centro insieme a Micciché che, intanto, si appresta a concordare con Lega e Fratelli d’Italia il candidato sindaco di Palermo come espressione di tutto il centro destra e lo fa anche per conto di D’Agostino. Se si trattasse solo di una vicenda locale non varrebbe la pena di perderci tempo. Ne sono già capitate diverse e altre seguiranno da qui alle prossime elezioni. Una breve riflessione merita invece qualcosa di molto più rilevante entro cui si collocano i recenti passaggi da un campo all’altro, ed è la traiettoria che sta compiendo Renzi che ha scelto la Sicilia come tappa essenziale della stessa.
L’ex presidente del Consiglio vuole costruire, anche lui!, il centro e lo vuole fare con Berlusconi il quale, mettiamolo terra terra, non si spiccica o non può spiccicarsi, ancor più finché c’è questa legge elettorale, da Salvini e da Meloni, soci di maggioranza della destra della quale l’uomo di Arcore è parte integrante.
Per la proprietà transitiva gli amici di Berlusconi sono amici dei suoi amici. Renzi sceglie la Sicilia perché la ritiene una sede di laboratori politici, una sciocchezza questa che si ripete spesso per velare una realtà diversa. La Sicilia non è terra di laboratori ma di trasformismo. Qui, dove ogni novità è spesso una continuità, il trasformismo si è sempre sperimentato con maggiore facilità che altrove. Nella nostra regione, quando sembrava volare sulle ali del successo, Renzi ha avuto moltissime adesioni e le più disparate. Da provenienze diverse a quel tempo entrarono nel Partito democratico, che aprì le sue porte senza alcun filtro, molti abbagliati dal quarantuno per cento ottenuto alle elezioni europee. Il renzismo si gonfiò in modo abnorme e il Partito democratico finì avvitato su se stesso, malgrado gli eserciti che sembrava fosse in grado di schierare. Quando evaporò quella percentuale e con essa le prospettive di potere che lasciava immaginare, tanti capirono che quella dove stavano non era casa loro, che con la sinistra o con quello che tale si proclamava non avevano nulla da spartire. Il renzismo non solo in Sicilia, si ridusse a poca cosa, anche con la sua ultima incarnazione. Il protagonismo di un uomo di grande capacità, pieno di iniziative, lesto ed agile, dotato di eccezionale tattica, ma disancorato da autentici valori, incapace di delineare e tenere una prospettiva di lungo respiro, come è proprio degli uomini di Stato, privo di autentica cultura e di storia, per dispiegarsi, quel protagonismo aspetta il momento della zampata. Che pure spesso riesce a lasciare il segno, a determinare importanti svolte, ma finisce lì. Lì si esaurisce il ruolo del senatore di Rignano.
Un giorno di parecchi anni fa, nel corso di una battaglia per le primarie del Partito democratico, andai ad ascoltarlo. Dopo alcuni minuti uscii. Continuando a sentirlo avrei finito per non votarlo. Forse perché datato o con la memoria a ciò che avevo sentito tante volte dai leader del mio e di altri partiti, quelle di Renzi non mi sembrarono analisi politiche, ma slogan, twitter, frasi ad effetto. Non posso sostenere che “l’avevo detto”, perché anzi mi sono contraddetto. L’ho votato e, per qualche tempo, l’ho seguito con interesse. Ora guardo con dispiacere alle posizioni di un uomo che ha suscitato entusiasmo, ha raccolto moltissimi consensi, ha fatto scelte utili e ha disperso tutto, finendo oggetto di tante avversioni.
Da Obama a Berlusconi, dal Partito popolare europeo, a Forza Italia Renzi compie una traiettoria imprevedibile. Ma a pensarci bene, con Berlusconi condivide sveltezza, fiuto dell’opportunità, occhio vigile e mariuolo, sguardo accattivante, affabulazione, in ultimo, passione per il business, abbondanza di furbizia, e non altrettanto di cultura. La furbizia, è stato detto, è un surrogato anche truffaldino dell’intelligenza. Per tornare alle vicende isolane, se lo scioglimento di Sicilia Futura e di Italia Viva in Forza Italia inducessero Micciché a lasciare la destra per costruire un centro alla stessa alternativo, dovremmo rifare quasi per intero il discorso. Viceversa, per quella proprietà transitiva a cui si è accennato, le nuove adesioni al partito di Berlusconi finiranno per essere tessere invisibili della destra.