Forza Italia, la fronda non cede

La difesa di Tajani dal palco della festa nazionale dei giovani di Forza Italia, a Bellaria, ha tamponato ma non ancora archiviato i crescenti malumori di un pezzo del partito siciliano nei confronti di Schifani. Poiché le sudditanze compaiono e scompaiono nel giro di qualche ora, il condizionale è d’obbligo, ma ecco la novità: starebbe già circolando la bozza di un documento documento, elaborato dai dissidenti (tra cui deputati regionali e nazionali, sindaci, amministratori vari), per chiedere un passo di lato al commissario regionale Marcello Caruso, massima espressione del “cerchio magico” presidenziale, che però, negli ultimi mesi, non è riuscito a garantire i sottilissimi equilibri fra le varie anime. Le stesse, guarda caso, che Tajani aborra: “Le beghe interne sono scomparse nel 99% dei casi, per fortuna abbiamo quasi debellato questo sistema”.

E in parte è vero: a forza di mettere le museruole, FI rischia di diventare la tomba della democrazia. Dove ogni critica è interpretata come una sfida all’autorità costituita o, per dirla con Mulè, come un tentativo di detronizzare il re. Da indiscrezioni, la bozza del documento suonerebbe come una richiesta a Tajani di rimuovere Caruso – che nella primavera del 2023 Berlusconi, strattonato per la giacchetta, scelse al posto di Micciché – e nominare al suo posto un coordinatore regionale di alto profilo che abbia un progetto politico, che sia in grado di riaprire un confronto con le altre forze della maggioranza e, soprattutto, che riesca a mediare tra le posizioni di Schifani e quelle del gruppo parlamentare all’Ars, più volte tradito dal governatore.

Il “ventriloquo”, che già rivestiva il ruolo di capo della segreteria particolare di Schifani, non ha mai preso iniziative senza consultare il presidente della Regione, di fatto il padrone assoluto di Forza Italia in Sicilia. E si è avventurato soltanto nell’affare ingarbugliato delle nomine di direttori sanitari e amministrativi delle Asp, provocando l’imbarazzo del governatore: “Un balletto inqualificabile”, l’ha definito Re Renato, fingendosi all’oscuro di tutto. In generale, Caruso non sembra possedere il carisma per dare una linea e un indirizzo politico al partito né per gestire le tensioni di alcuni gruppi, come quello del Mpa, che ha chiesto, all’indomani dello scandalo delle nomine, di convocare un vertice di coalizione improcrastinabile alla presenza del governatore (e non solo del suo maggiordomo).

Ma il peccato originario di cui s’è macchiato Caruso è non aver mosso un dito a difesa delle prerogative dei parlamentari di Forza Italia, che dopo l’addio di Marco Falcone al governo (con destinazione Bruxelles), si aspettavano di essere “ricompensati” con l’assegnazione di un assessorato di peso (dopo il fallimento della Volo alla Sanità). Magari proprio il Bilancio. Invece Schifani si è affidato a un tecnico di fiducia, l’avvocato Alessandro Dagnino, che lo aveva aiutato a superare lo scoglio della mancata parifica al rendiconto 2021 da parte della Corte dei Conti. Un professionista stimabile, esemplare se vogliamo, ma totalmente estraneo alle logiche di partito e alla legittimazione elettorale. Forza Italia è stata tagliata fuori anche dalle scelte del sottogoverno, spesso appannaggio dei riccastri che si ingraziano la stima del presidente a suon di cene e di ventagli: fra le nomine che si fatica a digerire maggiormente, quella di Caterina Marcella Cannariato (moglie di Tommaso Dragotto) nel consiglio d’indirizzo della Fondazione Teatro Massimo. Ma pure la super consulenza per Gaetano Armao – ex forzista e sfidante del centrodestra alle ultime Europee – aveva fatto sobbalzare dalla sedia.

Caruso non avrebbe fatto nulla per ricondurre Schifani a più miti consigli, a riequilibrare le forze in campo, a ripristinare il confronto all’interno del partito. E non vuole praticare accoglienza nei confronti di eventuali risorse (ritenute) di valore, come il sindaco di Palermo Lagalla. Da qui l’ipotesi di una sostituzione al vertice. Siamo fermi, però, alla fase delle indiscrezioni, e non potrebbe essere diversamente dopo le parole di Tajani. I ribelli di Forza Italia si muovono in un clima quasi carbonaro, perché temono le rappresaglie di Palazzo d’Orleans. Il segretario nazionale ha messo al bando le critiche sui giornali, dopo le recenti dichiarazioni di Mulé, vicepresidente della Camera, che chiedeva a Schifani “un bagno d’umiltà”. Ma anche un audio “innocente” inviato ad alcuni fedelissimi, come quello di Tamajo, può diventare uno strumento di rancore e di vendetta. Dai racconti di Repubblica, infatti, pare che a placare la furia di Schifani verso il suo assessore (possibile candidato alla presidenza nel ’27) sia stato Totò Cardinale in persona.

Uscendo per un attimo dal recinto di Forza Italia, è accaduta la stessa cosa con Raffaele Lombardo. Dopo le critiche del leader autonomista, che chiedeva di finirla con la sanità in mano agli “yesman”, e il passaggio di Micciché sotto le insegne della colomba bianca, il Mpa è rimasto fuori da tutte le nomine dei direttori sanitari e amministrativi (il “balletto inqualificabile” orchestrato da Caruso) e persino la vicenda dell’AST, che sta molto a cuore ai lombardiani, è stata clamorosamente accantonata. E’ chiaro, insomma, che il “cerchio magico” non ami le critiche e adotti tutti gli strumenti leciti per stopparle sul nascere, o delegittimarle: persino affidandosi alla difesa d’ufficio di Antonio Tajani, che fino a qualche mese fa aveva mal digerito il tentativo di Schifani di fargli le scarpe e di accreditarsi come vicesegretario nazionale, sulla scorta del partito “inclusivo” (clamorosa la rottura sull’ingresso di Cuffaro).

Oggi, però, lo difende: è stato il presidente della Regione, d’altronde, ad aver convinto Tamajo a cedere il seggio europeo alla Chinnici dopo la bocciatura alle Europee (da capolista); ed è stato sempre lui a blindare il concerto di Natale de Il Volo, ad Agrigento, con un prodigioso contributo da 900 mila euro per mandare l’esibizione in prime time su Mediaset, la notte di Natale. Uno scambio di doni che neppure i Re Magi. Ma quanto a lungo potrà durare questo governo basato sulle punizioni e sui rancori? A chi fa davvero comodo?

Costantino Muscarà :

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