“Sbatti La Russa in prima pagina!”, non è solo l’ordine di un direttore. Quale altro presidente del Senato è mai entrato in un film? Il titolo è “Sbatti il mostro in prima pagina”, il regista è Marco Bellocchio, il protagonista è Gian Maria Volonté. L’anno, il 1972. Dopo ventisette secondi appare lui, Ignazio Benito Maria La Russa, allora segretario dell’Msi di Milano, il fumetto della destra italiana, il suo “uomo secolo”, il ceramista del Novecento: “Non getterò mai il busto di Mussolini, è un regalo di mio padre”. Si chiamava Antonino La Russa, ed era un fascista, nato nel 1913. Sono passati centodieci anni. Ma sono passati? Durante la Seconda guerra mondiale venne fatto prigioniero dagli inglesi a El Alamein. Fu internato nel Fascist criminal camp in Egitto. Quando tornò in Italia si rifiutò di collaborare con gli angloamericani, i liberatori. Sarebbe stato un tradimento. Non “tradì”. Era avvocato penalista di Ragalna, comune vicino a Paternò, in provincia di Catania. Pietre nere e cielo nero dell’Etna. Nero su nero. Nel 1942 ricopriva la carica di segretario del Pnf di Paternò, nel 1946 dell’Msi. Si spostò dalla Sicilia a Milano. Senatore dal 1972 al 1992. Tre figli maschi (Vincenzo, Ignazio, Romano), una femmina (Emilia). Questo era suo padre. Continua su ilfoglio.it
Carmelo Caruso per Il Foglio
in Buttanissimi Extra
Fascio e martello. La Russa, cinquanta sfumature di nero
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