Evviva la disoccupazione

Una ragazza espone un cartello che sottolinea la precarietà dei giovani in Italia. Diventerà anche il titolo di un film

Nel mare magnum delle promesse elettorali, tradotte in un contratto di governo che definire pretenzioso non pare affatto pretenzioso, molte riguardano il mondo del lavoro. Sono così varie e pittoresche da provocare l’acquolina in bocca dei fannulloni, che voglia di lavorare “manco pe’ niente”. E i sorrisini, quasi rassegnati, di chi un lavoro lo cerca, lo ha cercato o dovrà farlo a breve. Con sacrificio e chissà quale spirito, dopo anni di porte sbattute in faccia.

Caf e centri d’impiego, dopo le elezioni del 4 marzo, sono tornati a popolarsi che nemmeno una spiaggia a Ferragosto.  Tutta colpa – o merito – del reddito di cittadinanza, lo strumento che centinaia di migliaia di siciliani attendono con impazienza. Partiamo da un presupposto: il reddito di cittadinanza, qualora qualcuno se lo fosse perso, non esiste ancora. Ma i più vigili hanno già inoltrato la domanda di “disponibilità al lavoro”, elemento necessario per poter accedere al sussidio (quando verrà istituito). A chi, d’altronde, non farebbero gola 780 euro al mese? Secondo l’Istat corrisponde alla soglia di povertà. Chi sta sotto potrà attingere alla misura grillina, che anche la Lega si appresta a votare.

Rocco D’Amore

Per capire quanto ci sia di solido e di serio nel reddito di cittadinanza, abbiamo intervistato Rocco D’Amore, un passato da addetto alle Risorse Umane in Renault, da otto anni membro dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro. Esercita a Ragusa: “Il primo dubbio che mi assale pensando alla proposta dei Cinque Stelle è il seguente: perché un ragazzo che sceglie di lavorare 12 ore a settimana – legittimamente – e sta sotto la soglia dei 780 euro, dovrebbe accedere al sussidio e, invece, uno che si sbatte per 20 ore, ma ne guadagna 785, è escluso? Temo che la platea cui si rivolge questa misura sia troppo estesa. E temo anche che possa rivelarsi una misura per incentivare il nero. Se godo del “privilegio” dei 780 euro potrei avere ancora meno interesse a dichiarare, pur di non superare quella soglia”. Si sa, gli italiani sono furbetti.

Attorno all’utopica trovata del reddito di cittadinanza – che comunque necessita, sulla carta, di un comportamento pro-attivo da parte del beneficiario nella ricerca di un posto di lavoro – si stagliano la politica populista del Movimento creato da Beppe Grillo e, con un ruolo che fatica ad autodeterminarsi, anche i centri per l’impiego, la prima casella da riempire per giungere all’agognato reddito: “Chiedete a un giovane quante volte è stato contattato da un centro per l’impiego per un lavoro… Vi risponderà “quasi mai”. D’Amore solleva le spalle. “Temo che i soldi destinati a rivedere questi centri, non siano utili per ottenere l’unico beneficio richiesto al momento: ossia una maggiore occupazione” .

Mettiamo da parte i centri per l’impiego – che in questi giorni registrano code stratosferiche – e passiamo al REI, il Reddito d’Inclusione: “E’ anch’essa una misura assistenziale, ma con dei paletti più stringenti – commenta il nostro consulente del Lavoro – Ci vuole un ISEE molto basso, non più di 6mila euro a famiglia, dato che si incastra con altri indicatori, come il patrimonio immobiliare (sotto i 20 mila euro, ndr). Ha una platea più risicata rispetto al reddito di cittadinanza e necessita di altri requisiti: ad esempio, la presenza nel nucleo familiare di un minore, un disabile o una donna in allattamento. Il reddito di cittadinanza, anche se non esiste ancora una normativa, finirà per inghiottirlo”. E’ una misura più seria e strutturata: fa meno gola, ma può tamponare parzialmente le difficoltà.

Non servirà a risolvere il problema del 54% dei giovani siciliani, i disoccupati di professione. Se volete un consiglio per restare a galla, o diventare indipendenti dai vostri genitori – ma affidatevi a gente seria e specializzata, e non ai venditori di fumo – ecco una tripla chance. La prima risponde a Garanzia Giovani. Inizialmente legato ai tirocini formativi con rimborsi da minimo 300 euro al mese (ma praticamente a costo zero per l’azienda, cosa che ha portato a esaurire i fondi molto presto), nella nuova versione 2.0 intende garantire agevolazioni per il datore di lavoro: chi assume un ragazzo a tempo indeterminato, anche part-time, per dodici mesi beneficia dello sgravio totale dei contributi.

Poi c’è il più succulento apprendistato professionalizzante, “volto a far conseguire al giovane una competenza, esiste dal Medioevo” sorride D’Amore. L’azienda gode di importanti agevolazioni: 1) un apprendista costa meno di un lavoratore; 2) per ogni apprendista, verserà l’1,5% dei contributi al primo anno, il 3% al secondo, il 10% al terzo. Ma c’è un grande vantaggio apparente anche per il giovane: al termine – solitamente dei 36 mesi d’apprendistato – scatta l’assunzione. “Al datore, in questo caso, si chiede di formare il giovane on the job, in azienda”.

A ruota, c’è lo sgravio giovani, rivolto a una fascia d’età che si aggira fra i 18 e i 34 anni: “Il beneficiario, però non deve aver mai lavorato un giorno in vita sua sotto un regime di contratto a tempo indeterminato, altrimenti il beneficio decade. Scoprirlo dopo, per l’azienda, sarebbe un durissimo colpo e l’INPS potrebbe rivalersi”. Quest’ultima fattispecie rischia di mandare in crisi le banche dati: intrecciare i dati italiani, tramite l’inserimento di un semplice codice fiscale, con quelli australiani (per dirne una) risulterebbe assai arduo e non darebbe alcuna prova scientifica del fatto che quel giovane non sia mai stato assunto a tempo indeterminato in nessun altro posto al mondo.

Infine, fenomeno molto “siciliano” e attuale, esiste anche la formazione professionale. Secondo il nostro interlocutore, si tratta quasi di un mondo a sé, che si autogenera e si autocompiace. A cui molti ragazzi, e non solo loro, si affidano per perfezionare una competenza e affacciarsi sul mercato con maggiore consapevolezza. Senza sapere che “le aziende preferiscono di gran lunga selezionare una figura grezza e formarla al suo interno, che non attingere a questi enti” conclude D’Amore nella sua analisi.

Ma oltre all’analisi c’è un consiglio. Che torna buono per la politica e per tutti i disperati che, consapevoli di spot e trucchetti elettorali, di piaghe e tornaconti burocratici, ogni giorno non possono fare a meno di cercare lavoro.

“Bisogna destinare più risorse sull’abbattimento dei costi del lavoro, è questo che può risollevare l’occupazione. Alzarsi e andare a lavorare è quello a cui tutti aspirano. E ai ragazzi – conclude Rocco D’Amore – dico di informarsi, per diventare consapevoli dell’appetibilità che si ha sul mercato. Suggerisco, inoltre, di scrivere un buon curriculum, volando basso; e di non rifiutare i lavoretti più umili e la gavetta. Anche da una fotocopia si può imparare parecchio”.

Paolo Mandarà :Giovane siciliano di ampie speranze

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