La Consulta prima o poi presenta il conto: e anche stavolta, per l’ex assessore all’Economia Gaetano Armao, sono cavoli amari. I giudici hanno depositato le motivazioni di una sentenza dello scorso 4 luglio in cui bocciarono, in maniera sonora, le variazioni di bilancio approvate nel 2020 dall’Ars. Quelle che – in assenza di un definitivo Accordo Stato-Regione sulla spalmatura del disavanzo – sbloccavano la quota accantonata di 421 milioni per produrre nuova spesa. Le legge si portava dietro anche delle prescrizioni relative alla stabilizzazione del personale precario.
Al netto dei tecnicismi, però, impressiona la sfilza di sentenze sfavorevoli che ha colpito Armao. La sua esperienza politica è un flagello di Dio. In cinque anni al fianco di Musumeci non è mai riuscito ad evitare l’esercizio provvisorio. Sia la Corte dei Conti – arrivata a sospendere la parifica dell’ultimo rendiconto esitato dal precedente governo – che la Corte Costituzionale non gli hanno risparmiato bocciature e magre figure. Eppure, quest’uomo, rappresenta l’unico elemento di continuità fra Nello Musumeci, che l’ha sempre coperto, e Renato Schifani, che da qualche mese, nonostante la precedente rivalità elettorale, l’ha nominato esperto in questioni e fondi extraregionali.
Armao è l’unico punto di contatto, e di continuità, fra due contendenti che dopo le scaramucce sugli aeroporti, quasi s’ignorano. A Schifani è costato 60 mila euro per un anno. Il professore, in pratica, fa le veci di Marco Falcone, l’assessore dimezzato (gli è stata sottratta anche la delega alla Programmazione). Anche per Musumeci, però, si rivela ancora utile: il fido Gaetano ha partecipato alla presentazione dell’ultimo libro del Ministro, qualche giorno fa, a Palermo. Sono volati complimenti: oltre che per le doti da governatore (nonostante i droni farlocchi per avvistare gli incendi), per quelle da scrittore. Evviva Armao, panacea di tutti i mali.