Elly Schlein, brava, bravissima: è la speranza. La sua campagna comunicativa? Eccezionale. Il risultato alle europee la incorona. Il Pd “sta arrivando”. Tutto vero. Può bastare? Ora, il dopo sbornia, l’after Schlein. Alla Camera con rissa (pugni e papagni dei leghisti ai grillini) Piero De Luca, il riformista del Pd, dice che le europee sono state un successo, “riformista”. A Firenze, gli amici di Dario Nardella rilanciano: “Un successo, di Nardella”. A Pesaro, i marchigiani: “Un successo, del nostro bravo sindaco Ricci”. A Bologna, i bonacciniani: “E i voti di Stefano dove li mettiamo?”. Dunque, a Bruxelles chi fa il capodelegazione del Pd? Bonaccini? Il bonacciniano: “Ah, ma lui prima o poi deve tornare in Italia”. Sarà Decaro, lo Zelensky di Bari? Il decariano: “Ci serve in Puglia, presto. La resistenza continua”. Giorgio Gori, altro eletto? I milanesi: “Andrà in Europa, e però, se si apre una finestra”. Resta Nicola Zingaretti, che come spiegano al Senato, i romani del Pd, “aspira a fare il vicepresidente del Parlamento europeo, ma non ci riuscirà, anche perché la sua vera aspirazione è fare il sindaco della capitale”. Non sono ancora partiti per Bruxelles ma sognano tutti di tornare a Roma, con l’Ellyjet.
Tocca sempre a qualcuno dire: cari, sono passate trentasei ore, la festa è finita, svuotiamo i bicchieri. Per fortuna, al Senato, giorno di premierato, il capogruppo Francesco Boccia, inesauribile, ha ballato ancora un po’ la milonga, protestato in Aula (alla Camera sono servite le barelle per il papagno sferrato dal leghista Iezzi al deputato 5s, Donno) al grido “Democrazia addio” ed “è subito Pera” (inteso Pera Marcello, l’ex presidente che ha messo le mani sul premierato di Betty Casellati). Il risultato europeo, a sinistra, viene giustamente definito “rotondo”. Il Pd ha eletto 20 eurodeputati che hanno, diciamo, le loro sensibilità. 12 sono ritenuti riformisti, Lucia Annunziata è Annunziata e fa quota da sola. Gli schleiniani purissimi sono Cecilia Strada, Alessandro Zan, Brando Benifei, Camilla Laureti, Marco arquinio e Sandro Ruotolo. Per una volta, dato che il Pd ha vinto, anzi, è andato così bene che ha più socialisti di qualsiasi altro paese, anziché fare l’analisi del voto si passa alla fase “che ce tocca”.
Alla Camera, il parlamentare che se ne intende: “La vicepresidenza del parlamento, poi due presidenze di commissioni, pesanti, mentre è difficile indicare il capogruppo dei socialisti europei perché sarà spagnolo. Va assegnato a Pedro Sanchez”. Dopo le europee va di moda l’aggettivo “pesante”. Meloni vuole un commissario “pesante”, Conte non è classificato perché è leggero (ci sono suoi parlamentari che stanno già trattando per passare con FdI) Tajani, anche lui, vuole qualcosa di “pesante”, stessa cosa il Pd, perché “ci serve qualcosa di “pesante”. Nel Pd i più “pesanti” degli eletti sono Decaro e Bonaccini, che,
sorpresa, non vogliono incarichi in Europa. Continua su ilfoglio.it