Per contribuire a tracciare un percorso oltre la cultura delle libertà negate, della violenza, dell’odio e della morte occorre che il mondo della cultura e dell’arte contribuiscano a ridisegnare la via dei diritti umani. Diritti umani che sono al centro di un impegno sociale e culturale che, oggi deve essere ancora più forte in un momento in cui il mondo è segnato da una profonda regressione democratica e da conflitti sociali e bellici.
La programmazione della Fondazione Federico II sul versante di un’arte che va oltre i temi dell’estetica e della percezione, per includere i temi sociali del mondo contemporaneo. Questione nodale trattata oggi a Palazzo Reale nelle due mostre allestite: For Freedom e .Я∃. La Fondazione Federico II, il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Palermo e Corso di teoria e pratica dei Diritti umani del Dottorato di ricerca internazionale si incontrano, dunque, in un comune obiettivo, con un valore aggiunto.
Il carcere è il tema sul quale verte il Corso di teoria e pratica dei Diritti umani del Dottorato di ricerca internazionale, incardinato nel Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Palermo.
La persona, i diritti e il carcere (a Palermo dal 13 al 17 giugno) è uno dei focus organizzati dall’Università degli Studi di Palermo, Dottorato di ricerca in Diritti umani, Evoluzione, tutela e limiti in collaborazione con l’Ufficio del Garante dei diritti dei detenuti della Regione Sicilia, con il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Palermo e con la Fondazione Federico II.
A Palazzo Reale, giovedì 16 giugno alle 18.30, si terrà uno dei momenti di confronto e riflessione sul tema con la proiezione del film The Stanford Prison Experiment – Effetto Lucifero del regista Kyle Patrick Alvarez.
“Effetto Lucifero” è un film ispirato all’esperimento (poi diventato un libro) del professore Philip Zimbardo nel 1971 a Palo Alto, nell’Università di Stanford. Zimbardo con l’aiuto dei suoi assistenti, allestì nei sotterranei del campus di Stanford una finta prigione, e reclutò una ventina di volontari (giovani studenti universitari, selezionati fra quelli più equilibrati e senza alcuna inclinazione alla violenza o precedenti penali) perché la metà di loro ricoprisse il ruolo per due settimane di detenuto e l’altra metà di guardia dei compagni trattenuti nella improvvisata “prigione” di Stanford.
Alla proiezione del film seguirà un dibattito con (in collegamento video da remoto) Philip Zimbardo, psicologo sociale e professore emerito della Stanford University al quale parteciperanno Giovanni Fiandaca, giurista e professore emerito di diritto penale dell’Università di Palermo e garante dei dititti dei detenuti della Regione Siciliana e i dottorandi del Dottorato di ricerca in diritti umani.
“Un’occasione di preziosa collaborazione – dice Giovanni Fiandaca – nella quale convergono felicemente le rispettive prospettive culturali e funzionali della Fondazione Federico II e l’Ufficio del Garante dei diritti dei detenuti della Regione Sicilia. Al centro dell’attenzione vi è, infatti, la preoccupazione di contribuire a promuovere i presupposti, innanzitutto culturali, per rafforzare la protezione dei diritti fondamentali delle persone più deboli e vulnerabili, tra le quali rientrano non ultime le persone private delle libertà”.
“Si tratta di un convegno – dice Aldo Schiavello, coordinatore del Dottorato di ricerca in Diritti umani, Evoluzione, tutela e limiti – che nasce dall’esigenza di riflettere sui diritti umani e la loro tutela in quei luoghi – come i luoghi di detenzione – dove può capitare che essi vengano violati nell’indifferenza e nell’ignoranza generale. La collaborazione con la Fondazione Federico II e l’Ufficio del Garante dei diritti dei detenuti della Regione Sicilia nasce dalla convinzione che i discorsi sui diritti non possano svolgersi soltanto a un livello teorico e astratto e che il coinvolgimento di prospettive culturali e istituzionali diverse sia per questo imprescindibile”.
Questa volta il tema delle libertà e della dignità dell’uomo viene declinata sotto il profilo della condizione carceraria.
L’arte (in questo caso la cinematografia) e la cultura diventano strumenti necessari nella ricerca di nuovi percorsi di integrazione e solidarietà. In nome di un’umanità sempre più spesso dimenticata.