Ecco la nostra rivoluzione

Sergio Scalpelli è il direttore relazioni esterne e istituzionali di Fastweb. Giovedì a Palermo per il convegno sull'hi tech

Anche nel mondo delle telecomunicazioni c’è una rivoluzione in corso. Porta la firma di Fastweb, i pionieri della fibra ottica. Che dal 1999, anno della fondazione di una società tutta italiana, ha cablato ogni angolo del Paese per renderlo accessibile alla banda ultra larga. Fastweb rappresenta una corsia preferenziale per connettersi velocemente al mondo, come ci spiega Sergio Scalpelli, che oggi prenderà parte al convegno “Hi tech Sicilia: a che punto è la rivoluzione”, che si svolgerà a Villa Igiea, a Palermo, con l’organizzazione di Università Pegaso e Buttanissima Sicilia. “Siamo la prima società in Italia e in Europa, e una fra le prime al mondo, ad aver puntato sulla creazione di una infrastruttura di rete in fibra ottica per la fornitura di servizi di telefonia, di trasmissione dati fissi e mobili rivolte alle famiglie, quindi alla clientela residenziale, e alle aziende. Abbiamo sviluppato una rete di quasi 50 mila chilometri di fibra ottica e raggiungiamo 21 milioni di abitazioni, che potrebbero diventare 22 entro la fine del 2018”. Negli ultimi ventuno trimestri – trattasi di piccolo record – Fastweb ha sempre fatto segnare un fatturato in crescita.

Cosa ci fa Lei, ex fondatore del quotidiano “Il Foglio” con Giuliano Ferrara ed ex assessore al Comune di Milano, in una società di telecomunicazioni?

“Sono il direttore delle relazioni esterne istituzionali di Fastweb, mi occupo del rapporto tra l’azienda e il sistema istituzionale italiano, centrale e periferico, ma anche delle relazioni coi media. Quando nel 2001 cominciai questa esperienza, non pensavo darebbe durata per 18 anni di seguito. Il filo conduttore della mia carriera è una specie di curiosità intellettuale… Avevo lavorato alla Casa della Cultura di Milano, un centro studi e di divulgazione del vecchio Partito Comunista, ero stato assessore nella giunta Albertini, quella che ha rivoluzionato lo skyline di Milano. In generale, avevo conosciuto le organizzazioni tradizionali della politica, basate su un forte radicamento territoriale e su una accentuata forma di partecipazione ai processi decisionali. Ma sul piano culturale sentivo che mi mancava qualcosa. L’ho trovato in azienda, dove prevale un modello organizzativo snello e veloce, che in seguito è diventato punto di riferimento per riformare la governance amministrativa e il funzionamento stesso della politica. Ecco perché ho scelto Fastweb”.

Quali sono le tappe della crescita di Fastweb?

“Nella prima fase della nostra esistenza ci siamo dedicati prevalentemente a offrire servizi alle famiglie italiane. Ma dalla metà degli anni Duemila siamo cresciuti, fino ad avere quote di mercato a cavallo del 40%, in tutto il sistema delle imprese private (fra cui le banche), ma anche nella pubblica amministrazione. La nostra tecnologia segue un doppio modello di sviluppo: la Fiber to the Home (FTTH), cioè la fibra che arriva direttamente nell’appartamento del cliente; e la Fiber to the Cabinet (FTTC), quella che giunge ai cabinet stradali, che stanno mediamente a 150-200 metri di distanza dal portone di un’abitazione e che garantiscono una connettività ad almeno 100 mega di velocità. Dal 2017 abbiamo sviluppato un servizio mobile di ultima generazione basato su tecnologie 4G e 4G Plus e, tuttora, siamo parte attiva in tutte le sperimentazioni della generazione 5G”.

A che punto è, secondo lei, il processo di digitalizzazione in Italia?

“La partita fondamentale è nel rapporto fra l’infrastrutturazione e l’adozione di internet. A livello d’infrastrutturazione, abbiamo notevolmente accorciato il gap rispetto agli altri paesi europei. Questo è dovuto al fatto che sia Fastweb che Telecom Italia hanno investito tanto in rete e in tecnologia, hanno cablato il paese e, a partire dal 2011, approfondito gli investimenti, facendo un’operazione massiva su quella che abbiamo definito Fiber to the Cabinet. Resta, rispetto ai paesi del centro-nord Europa, ma anche nei confronti di alcuni stati mediterranei come Francia e Spagna, un gap evidente sull’adoption, cioè sull’adozione di internet. Le pubbliche amministrazioni dovrebbero rendere irreversibile il passaggio di tutti i servizi all’utente attraverso il digitale: certificazioni, iscrizioni e scuola ecc… Si sono fatti dei passi avanti, ma partiamo da uno stato di arretratezza molto profonda. Faccio un esempio per spiegarmi meglio: è come se costruissimo un’autostrada a sei corsie, ma rischiamo di vederci passare un’auto ogni quattro minuti. Quindi bisogna incentivare l’uso e il passaggio alla tecnologia digitale, che deve diventare strumento di rapporto fra il cittadino e le imprese con la pubblica amministrazione. E per fare questo bisogna partire dalla formazione”.

L’abc va sempre insegnato a scuola…

“Esatto. La questione digitale deve diventare lo strumento operativo di lavoro per studenti e insegnanti. Abbiamo perso troppo tempo e occasioni”.

Talvolta la tecnologia è vista come il diavolo

“Questo dibattito è sempre aperto. La rete fa paura perché gira di tutto. Tenere sotto controllo l’accesso alle informazioni è pressoché impossibile. Ma ci sono modi e strumenti per fare in modo che un processo di educazione digitale, di attenzione e acculturazione sull’uso degli stessi strumenti digitali, sia fattibilissimo. Noi di Fastweb stiamo sostenendo un progetto col Ministero dell’Istruzione: si chiama Fastweb for School e si basa sul crownfunding. Finanziamo progetti fino a 10mila euro laddove la scuola, l’istituto o le classi aderenti provvedano a metà dell’investimento complessivo. E’ una forma di incentivazione da cui stiamo ottenendo grandi soddisfazioni”.

Il pubblico della rete è molto vasto: si va dai millennials ai pensionati, che con la tecnologia quasi non vorrebbero avere nulla a che fare…

“Oggi ci sono i nativi digitali, che nascono direttamente in rete. E’ vero che va governata una parte delle informazioni che circolano su internet – cosa complicata – ma la sovrastruttura fra scuola, amministrazione, famiglie e studenti va inserita in un circuito virtuoso. Poi, è ovvio, ci sono altre categorie di persone che non vanno escluse: una è composta da coloro che stanno esaurendo il loro ciclo lavorativo, i cinquantenni o i sessantenni per intenderci, che hanno il problema di adottare competenze digitali per ricollocarsi nel ciclo produttivo. A tal proposito, anche a Palermo abbiamo sviluppato assieme a Fondazione Cariplo un progetto che si chiama “Digital Academy”, un corso di alfabetizzazione digitale rivolto a tutti. E infine ci sono delle classi di età centrali che si adattano man mano alla fruizione di contenuti”.

Anche il mondo dell’informazione e dell’intrattenimento è stato rivoluzionato dall’avvento dell’hi tech?

“Io sono convinto, se guardiamo ai grandi numeri, che non siamo ancora alla fine della tv generalista. Anche se l’approccio dell’individuo con la comunicazione audio-video va molto oltre… La capacità di selezione e ricezione di un’offerta così vasta, articolata e permanente cambia culturalmente il modo di approcciare la comunicazione”.

Con la tv fortemente intaccata dal progresso, chissà quale sarà la fine della carta stampata…

“Secondo me la carta stampata è tutt’altro che morta. So di essere in minoranza, ma continuo a pensare che, quando è fatta bene, mantiene la sua autorevolezza di fondo. La formazione delle élite – che oggi non sono considerate granché, ma che per fortuna esistono – avviene ancora attraverso la carta stampata. Ed è pur vero che ai giornali viene richiesta un approfondimento diverso rispetto alla notizia principale. Occorrono nuove chiavi di lettura, interpretazioni, nessi. Non soltanto la notizia, perché quella l’hai consumata durante il giorno e nel momento stesso in cui è stata prodotta”.

Passando alla Sicilia: Fastweb ha investito anche nell’Isola?

“In Sicilia siamo entrati nel 2005, aprendo due sedi a Palermo e Catania. Fino a oggi abbiamo investito circa 500 milioni di euro. Abbiamo posato 4.500 km di cavi in fibra ottica, e stiamo creando una rete Fiber to the Home a Palermo, Catania e Messina tramite la società Flash Fiber. Inoltre, nel 2016 siamo entrati in Open Hub Med, il consorzio di Carini che punta a essere il punto d’approdo principale per i cavi sottomarini del Mediterraneo: il traffico internet e dati che giunge dai paesi orientali e africani, lo portiamo verso il nord Italia e verso i principali hub europei (Francoforte, Londra, Parigi e Amsterdam). Dal 2017 abbiamo esteso la nostra rete autonoma in fibra in altri duecento comuni e quest’anno siamo diventati i primi fornitori della pubblica amministrazione siciliana. Infine, stiamo realizzando una nuova rete in fibra ottica per la Regione e le sue 600 sedi sparse sull’Isola”.

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